Aprite quella porta di B. Jascques
Intanto è edito da una casa editrice meravigliosa: orecchio acerbo.
E orecchio acerbo deriva da questa:
Un giorno sul diretto Capranica-Viterbo
vidi salire un uomo con un orecchio acerbo.
Non era tanto giovane, anzi era maturato,
tutto, tranne l'orecchio, che acerbo era restato.
Cambiai subito posto per essergli vicino
e poter osservare il fenomeno per benino.
"Signore, - gli dissi - dunque lei ha una certa età:
di quell'orecchio verde che cosa se ne fa?"
Rispose gentilmente: "Dica pure che son vecchio.
Di giovane mi è rimasto soltanto quest'orecchio.
E' un orecchio bambino, mi serve per capire
le cose che i grandi non stanno mai a sentire:
ascolto quel che dicono gli alberi, gli uccelli,
le nuvole che passano, i sassi, i ruscelli,
capisco anche i bambini quando dicono cose
che a un orecchio maturo sembrano misteriose."
Così disse il signore con un orecchio acerbo
quel giorno sul diretto Capranica - Viterbo.
Naturalmente dell'incommensurabile Gianni Rodari.
Ora, Aprite quella porta narra, in una versione un po' particolare, di Cappuccetto Rosso, ma solo della parte in cui il lupo bussa alla nonna. Ecco, la nonna, quella simpatica vecchietta, è completamente sorda... potete immaginare il lupo come se la prende. Finale a sorpresa! Spassosissimo, ottimo per il venerdì sera.
Ops, dimenticavo una cosa importantissima: è tutto in rima (ma quanto amo i libri in rima!!).
Bimbo ad alto tasso d'umorismo...
Questo libro mi ha anche fatto pensare a un aspetto pedagogico a cui tengo molto. L'umorismo. Penso che sia una delle poche, se non l'unica, arma da possedere. Se ci penso, molto spesso nelle situazioni tragiche mi viene da ridere, un po' per smorzare la tensione e un po' perché c'è sempre del ridicolo nel tragico. E mi piacerebbe che i miei figli avessero del buon senso dell'umorismo. Ridere fa bene non solo alla chimica del corpo. E poi non è necessario arrivare alla risata, basta il buon umore che è quello stato pacifico che si avvicina così tanto alla felicità.Ho capito a mie spese che per l'ironia bisogna aspettare verso i sei anni per coltivarla; quello è un passaggio veramente ostico. Un tempo quando mi arrabbiavo dicevo ai bambini: "Ma bravi!! Veramente bravi!!" e loro mi guardavano con tanto d'occhi, come a dire: ma bravi o non bravi?
Per l'auto-ironia, ecco, notando quanto sia deficitaria nella stragrande maggioranza della popolazione mondiale, penso che dovrò applicarmi verso i dodici anni.