C'è chi appena può va a fare shopping, chi ha la mania delle scarpe, chi spende lo stipendio in borse griffate, chi non può fare a meno dei ristoranti stellati, chi non rinuncia al parrucchiere una volta a settimana, chi ambisce al macchinone.
Io viaggio.
Intendiamoci, non sto giudicando e non voglio farlo. Ognuno deve (o dovrebbe) essere libero di dedicarsi alle proprie passioni e spendere i propri soldini come meglio crede, senza preoccuparsi di quello che pensano gli altri o dei loro commenti, il più delle volte sarcastici, acidi e un tantino invidiosi.
È un discorso di priorità, che possono essere anche molto diverse da persona a persona. È la propria soggettività, il proprio modo di essere, il fare le cose che ci piacciono di più. Io non aspiro al macchinone, non mi interessa la borsa firmata, il parrucchiere mi vede due volte l'anno e al ristorante ci vado ma non tutte le sere.
Io appena posso parto.
Può essere un volo intercontinentale (possibilmente verso est) o un volo low cost, un treno su e giù per l'Italia o un giro a piedi dietro casa, ma il mio modo di essere mi porta ad andare. Non c'è niente da fare. Ferma non so stare.
Una cosa che le persone spesso sembrano non comprendere è che per viaggiare non serve essere Briatore. Basta andare al ristorante un po' di meno o il numero di borse per potersi permettere un volo low-cost e un weekend in una capitale europea. Si può imparare a viaggiare in modo indipendente, organizzarsi da soli il proprio viaggio, fare qualche ricerca online per scoprire che si può viaggiare senza spendere una fortuna (e con una soddisfazione finale altissima).
A chi mi dice "Ma sei sempre in giro!" rispondo con una frase fatta ma che in fondo è vera: chi si ferma è perduto.
Baudelaire la chiama "la grande maladie: l'horreur du domicile". Chatwin spiega che "l'uomo, umanizzandosi, ha acquisito, insieme alle gambe dritte e al passo aitante, un istinto migratorio, l'impulso a varcare lunghe distanze nel corso delle stagioni".
Ora ci sono persino degli studi scientifici che sembrano supportare queste teorie: secondo una ricerca pubblicata sulla rivista scientifica Evolution and Human Behaviour la voglia di viaggiare sarebbe scritta in un gene. C'è chi non ha voglia di viaggiare e chi invece non riesce a stare fermo e ha sempre una nuova meta in testa: il responsabile sarebbe un gene, il recettore della dopamina D4 (DRD4 7r), che regolerebbe la curiosità e la nostra sensibilità nei confronti degli stimoli esterni. Secondo David Dobbs, un ricercatore del National Geographic, "il DRD4 risulta in persone che sono più propense a prendere rischi, ad esplorare posti nuovi, a provare nuovi cibi, nuove relazioni, nuove avventure sessuali".
Non tutti però avrebbero in dotazione il DRD4 nel loro patrimonio genetico: secondo gli studi sarebbe presente solo nel 20% delle persone (ma secondo me siamo molti di più).
In fondo questo è quello che afferma sempre Bruce Chatwin in Anatomia dell'irrequietezza quando dice che girovagare è una caratteristica umana ereditata geneticamente dai primati vegetariani, che si spostavano alla ricerca di cibo. L'evoluzione ci ha voluti viaggiatori. L'uomo è naturalmente curioso. Nel questo suo brillante "trattato" sul nomadismo emerge un'altra riflessione interessante: i nomadi sono da sempre considerati incivili, barbari, selvaggi, instabili e considerati portatori di un'influenza disgregatrice (forse perché affascinano?).
In parte è ancora così. Il fatto di non aspirare alla stabilità geografica, la non voglia di mettere radici e stare fermi ma al contrario avere un'insaziabile voglia di andare vengono a volte letti come segnali di irresponsabilità o esagerata spensieratezza, quasi che noi malati di viaggi fossimo troppo leggeri e degli eterni bambini e che quasi ci dovessimo sentire in colpa (?) per il nostro vagare.
Poi ci sono quelli che interpretano il continuo stimolo a viaggiare come irrequietezza, come se noi viaggiatori fossimo delle anime in pena. Non è così, o quanto meno non è "irrequietezza" in senso negativo ma se possibile positivo.
Siamo irrequieti perché non riusciamo a stare fermi troppo a lungo.
Siamo irrequieti perché siamo curiosi e la curiosità ci spinge inesorabilmente a partire.
Siamo irrequieti perché non ci accontentiamo di un solo pezzo di mondo ma lo vogliamo vedere tutto.
Siamo irrequieti perché sentiamo il richiamo di un mondo che è la fuori e ci aspetta e noi non possiamo dire di no.
Siamo irrequieti perché siamo anime in movimento (non in pena!) e crediamo che il dinamismo è il sale della vita.
Siamo irrequieti perché siamo dei sognatori e degli entusiasti e vogliamo lasciarci travolgere da tutte le emozioni del mondo.
Siamo irrequieti perché siamo vivi e viaggiare è il mondo migliore per sentirsi vivi.
Diversivo. Distrazione. Fantasia. Cambiamento di moda, cibo, amore, paesaggio. Ne abbiamo bisogno come dell'aria che respiriamo . Senza cambiamento corpo e cervello marciscono.
(Bruce Chatwin)