Magazine Società

Icelandic Tale#16 - Dimminburg

Creato il 31 luglio 2013 da Mapo
Da giorni, quando la pioggia e il freddo si fanno sentire e siamo troppo cotti per montare la tenda, dormiamo stravaccati un po' ovunque, in rifugi con i materassi azzurri appiccicati uno all'altro, bungalow di dubbio gusto in cui la puzza di piedi viene sovrastata solo da quella di zolfo che esce da rubinetti aperti, ostelli dove lo sport nazionale sembra essere un mix di apnee notturne e porte sbattute.
Icelandic Tale#16 - Dimminburg
Ecco perché ci è parso un miracolo, ieri sera, arrivare in questa magica guesthouse in riva alle nebbie del lago Myvatn. Il preambolo è una cena pantagruelica (ad orario aperitivo) a base di carne di agnello e formaggio fatto in casa in un magnifico ristorante ricavato nel retro di una stalla bovina, con le mucche a chiazze che vengono munte da donne in bandana e tuta blu di fianco ai tavoli, fortunatanente separate da una spessa vetrata panoramica. Cuoco (e caffè) italiano, ma tocco decisamente islandese (si, anche il caffè!).
Icelandic Tale#16 - Dimminburg
Bagagli pesanti, sonno da pancia piena e una coppia di Barcellona che ci dà un passaggio fino a Dimminburg, dove abbiamo prenotato una stanza. Sulla carta si tratta di una grossa colata lavica che arriva quasi a lambire le acque un po' paludose del lago, infestata da miliardi di moscerini bianchi e neri, più simili a una sorta di nebbia indistinta che a entità autonome. Sono così tanti che fanno rumore.
Alla reception, strano ma vero, la solita biondissima universitaria che torna al paesello per il lavoro estivo. La tempestiamo di domande finché ci accompagna in un caldo e accogliente chalet, interamente foderato di legno con piumoni bianchi, stufetta Delonghi accesa a potenza 3 su 5 e vista panoramica. Mi sembra strano, ma non dico niente al mio compagno di viaggio.Ed ecco che mentre sono a godermi la mia calda doccia all'aroma di uova bollite mi tocca l'amara verità "hanno sbagliato camera, la nostra è quella dei ritardatari, di fianco alla reception. Ho già spostato gli zaini".Più di metà degli ospiti mi vede in mutande dalla finestra, gli zaini qui dentro ci stanno solo in piedi e questa notte i gestori, senza motivo apparente, si sono messi a sbattere stoviglie a destra e a manca fino alle due, rovinando il mio sonno già interrotto da sogni frastagliati. Ma non è sufficiente a rovinare l'atmosfera un po' magica che si respira in questo terrazzo affacciato sull'acqua d'argento, con davanti un vulcano avvolto dalle nubi come una sposa con il velo bianco. È uno specchio perfetto dove ogni minuto decollano papere e uccelli colorati, quasi si trattasse di un grosso hub internazionale.Il figlio del padrone esce da una porta sul retro e scende gli scalini per salire su una piccola barca all'orizzonte, diretta al centro del lago. Va a mettere giù le reti, mi spiega, per la pesca notturna di trote, ma si porta dietro una canna da pesca per ingannare il tempo.Parte del pescato andrà fresco nei piatti di qualche ristorante della zona, ma perlopiù verrà affumicato.
Qui hanno un vecchio capanno, dietro l'edificio principale. Ci infilo dentro il naso e vengo invaso da una puzza di fumo che mi ricorda gli irish pub vicino a casa, quando ancora non esisteva la legge antifumo nei locali pubblici.Dentro c'è un signore di una certa età, con gli occhiali da vista dalla montatura larga e una pancia talmente gonfia da aprire un buco nella maglia tesa, sporca e grigia. Ha lo stesso colore dei capelli, e del fumo. La sigaretta in bocca, i denti gialli e l'aria invecchiata e fiera di chi fino a due anni fa portava 1200 pecore a pascolare ogni estate sulle verdi colline di questa zona così a nord del mondo.Sulla sinistra, appena entrato, un lungo bancone pieno di pesci luccicanti, ancora chiazzati di sangue. Chiedo se li ha pescati qui, si mette a ridere e in un inglese stentato mi racconta che sono salmoni, si trovano solo sui fiumi che scendono dalle montagne qui intorno. Dall'altra parte della stanza cosce di pecora pendono da ganci di alluminio, in attesa di essere affumicati. Saranno il cenone di Natale, secondo una tradizione vecchia almeno 1000 anni.Apre una portellone, sul lato a ovest della camera e, invece di una cella frigorifera, appare una specie di sgabuzzino più grigio di ogni cosa grigia che abbia mai visto in vita mia. Dal soffitto pendono arancioni e fosforescenti, dozzine di filetti di salmone, alcuni lunghi mezzo metro. Ne afferra uno tra le mani e con un sapiente colpo del coltellino che tiene sempre in tasca ne taglia un boccone. Si scioglie in bocca, dolce come il miele.
Icelandic Tale#16 - Dimminburg
Questa mattina, sfidando l'aria pungente, sono salito fino alla colata lavica alle nostre spalle, dove i pinnacoli neri eredità dell'ultima eruzione, fanno capolino tra la nebbia.Sulla strada del ritorno il cane bianco e nero a cui ieri lanciavo un bastone nei prati a bordo del lago mi viene incontro, un po' diffidente.Mi tolgo il cappello per farmi riconoscere. Scodinzola e mi salta intorno per farsi accarezzare.Icelandic Tale#16 - Dimminburg
Tra qualche metro mi aspetta la colazione migliore del viaggio, a base di marmellata al rabarbaro e yogurt fatti in casa, pane, burro, salmone affumicato e succo d'arancia.
Icelandic Tale#16 - Dimminburg
Fa già più caldo, faccio in tempo a sentirmi a casa per un attimo, appena prima di ripartire con lo zaino in spalla.

Potrebbero interessarti anche :

Ritornare alla prima pagina di Logo Paperblog

Possono interessarti anche questi articoli :

Dossier Paperblog

Magazine