Identità, riconoscibilità e privacy
Creato il 17 maggio 2015 da Funicelli
E' il mondo globalizzato bellezza, e tu
non puoi farci niente .. Parafrasando Bogart, potremmo cavarcela
così: se andando in giro per le strade incrociamo persone col velo
di cui non riusciamo a riconoscere il volto. Se incrociamo sulle
strade del centro di Londra Lamborghini e Ferrari con la targa araba.
Se la criminalità organizzata nelle
intercettazioni parla cinese o arabo.
Se nel mondo dei social media dove
sembra che sappiamo tutto di tutti, che tutta la nostra vita sia
spiata, esista un web nascosto (o deep web) in cui celare la nostra
identità.
Qual è il confine tra il diritto alla
privacy e la necessità di poter riconoscere una persona per strada,
che potrebbe indossare il velo per celare la sua vera identità?
Possiamo obbligare un paese a lingua
araba a fare targhe per le auto che in alfabeto occidentale per
permettere alla polizia di identificarla?
Fino a quanto possiamo spingerci
nell'intercettare, nel cercare di decifrare i messaggi in rete, pur
di garantire la sicurezza delle nazioni?
Possiamo ancora accettare che la nostra
polizia non sia in grado (o non abbia strumenti) per tradurre
dall'arabo o dal cinese, visto che nel nostro paese in quanto a
criminalità organizzata non ci facciamo mancare nulla?
L'inchiesta di Report di questa
sera affronta il tema della riconoscibilità in un mondo
globalizzato, argomento vasto e cruciale che pone i governi
europei di fronte a interrogativi etici e politici che oggi non
possiamo più rimandare.
Ad oggi, infatti, sul tema del velo
integrale, non esiste una direzione unica nei paesi dell'Unione:
dall'anteprima su Reportime
La chiameremo Naima,
perché il suo vero nome ci ha chiesto di mantenerlo riservato.
L'abbiamo incontrata in un appartamento nel centro di Bruxelles, dove
l'abbiamo dovuta aspettare per 3 ore abbondanti. Il problema è che
Naima porta il velo integrale, che comunemente noi chiamiamo burqa,
ma che sarebbe più corretto chiamare Niqab. E in Belgio, dal 2011,
portarlo è reato, punito da una multa che si aggira attorno ai 100
euro. E così per Naima uscire di casa è diventata una vera corsa ad
ostacoli.Secondo l'imprenditore
franco-algerino Rachid Nekkaz, sarebbe una grave violazione dei
diritti umani. Lo sa bene lui, visto che la stessa legge è in vigore
anche in Francia, e visto che dalla sua entrata in vigore s'è
impegnato a pagare di tasca sua tutte le multe, comprese quelle fatte
in Belgio. Nekkaz sostiene di essere contrario al velo integrale,
perché impedisce alle persone di integrarsi. Sostiene anche di
essere favorevole a divieti circoscritti ad alcune situazioni
particolari: dalle scuole agli uffici pubblici. Ma estendere il
divieto alle piazze e alle strade significherebbe tradire i pilastri
su cui è costruita la repubblica francese.Di tutt'altro avviso
Assita Kanko, politica liberale belga arrivata poco più di 15 anni
dal Burkina Faso e diventata simbolo di emancipazione femminile e
integrazione. Integrazione che a suo avviso può avvenire solo se ci
si adegua ai costumi occidentali. Una diatriba complessa, che vede
contrapposte posizioni radicali. La discussione è aperta.
La scheda della puntata: Sotto
il velo di Claudia di Pasquale
Il tema della puntata
di Report è la "riconoscibilità", intesa come possibilità
di riconoscere l'altro, di identificarlo, andando a indagare su quali
sistemi si mettono in atto per mascherare la propria identità a fini
illeciti. In un mondo che deve fare i conti con la sempre più
crescente globalizzazione, la “riconoscibilità” è un tema
cruciale, perché si interseca con altri temi fondamentali come la
sicurezza, lo svolgimento della giustizia, o più semplicemente
l’integrazione. Come si fa per esempio a perseguire un pirata della
strada che commette infrazioni sfrecciando su un auto con targa
araba, se i vigili non conoscono la lingua? E come si fa ad
incastrare i criminali cinesi provenienti dalla provincia del Fujian
se non c’è nessun interprete in Italia in grado di tradurre
correttamente le intercettazioni? In alcuni paesi per motivi di
sicurezza, portare il Velo è vietato, e qualcuno sta pensando di
farlo anche in Italia. Dalle diverse normative degli Stati europei
sul velo integrale islamico alle procedure di identificazione dei
migranti che sbarcano in Italia, dai trucchi usati dalla 'ndrangheta
per camuffare le sue comunicazioni fino alle più sofisticate
tecnologie che ci consentono di essere anonimi nel profondo del web,
l’inchiesta di Report, attraverso il racconto di casi italiani e di
altri raccolti nel resto d’Europa, ha l’ambizione di fare il
punto su un argomento delicato che i Governi, spesso per motivi
politici e ideologici, evitano di approfondire, favorendo così il
sorgere di contraddizioni e ipocrisie, in un Occidente che dopo gli
attacchi terroristici si sente minacciato.
Per la serie “Nutrire il pianeta”,
I peccati
della carne” di Emilio Casalini
Quanto è italiano il prosciutto che ci
mangiamo tutti i giorni?
Cosa significa "made
in Italy" nel mondo dei prosciutti? Oggi è sufficiente che un
maiale straniero venga lavorato in Italia per prendere la nostra
"cittadinanza". Un'italianità solo apparente nei prodotti
lavorati mentre l'origine della carne è spesso straniera.
Nell’inchiesta firmata da Emilio Casalini emerge che la
tracciabilità per le carni di maiale lavorate oggi non è prevista e
il vero prodotto italiano rischia sempre più di scomparire sotto i
colpi della concorrenza straniera e i trucchi degli allevatori
nostrani.
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