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Ideologie

Creato il 14 agosto 2013 da Spaceoddity
Solitamente, non intervengo in fatti di cronaca: sono sì giornalista iscritto all'albo, ma certi fatti non rientrano nella sfera delle competenze acquisite. Anche qui intendo rimanere fuori dal suicidio del giovane quattordicenne suicida che ha spiegato il gesto riferendosi alla propria omosessualità.
Ciò su cui mi soffermo qui è un articolo di Luisella Saro su «Tempi», di cui colgo e condivido in pieno le argomentazioni ma rifiuto l'intenzione che mi sembra di cogliere.
A me pare che in quell'articolo, che pure giustamente e doverosamente sottolinea l'importanza di riferirsi a una persona prescindendo da attributi che la possano limitare, ci siano due errori gravi di fondo. Uno è quello di accorpare tutte le voci a favore in una legge antiomofobia in un fascio ideologico: è una perversione culturale dei nostri tempi quella di plastificare opinioni a noi estranee in ideologie e di attribuire al termine stesso "ideologia" una valenza negativa (specie quando è in gioco l'aggettivo: una risposta "ideologica" è in automatico una voce che non vale la pena di ascoltare, che è insincera o comunque non autentica).
Di contro la propria risposta, come se fosse unica a verità rivelata, appare immune da ogni influenza culturale: ogni risposta è inserita in un circuito dialettico e, che ci piaccia o no, è ugualmente ideologica e personale, un'idea esiste nel circuito in cui viene riconosciuta. Ora, di opinioni come quella ne abbiamo sentite a mai finire e mi pare che non aggiungano nulla di nuovo o, se anche chiariscono qualcosa che finora mi è oscuro, io proprio non l'ho colto.
Il secondo punto è ancora più semplice: l'unica cosa che giustifica una legge antiomofobia, provvedimento debole e improprio, è l'esistenza di un atteggiamento generale definitorio e definitivo nei confronti degli omosessuali come se l'essere pro o contro fosse una questione da stadio e come se ciò potesse influenzare davvero la vita di molte persone. Non è accettabile che la non condivisione di uno stile di vita venga stigmatizzato al punto da porre in essere l'esigenza di una legge simile, dunque il problema è l'ostilità che sta dietro, non la legge. Io pure sarei contro, se l'essere contro non volesse dire, in Italia, cancellare il problema dalla faccia della terra, giacché in Italia le cose vengono legiferate - e programmaticamente disattese - o non esistono.
A coloro che in buona fede sono contro una legge antiomofobia dico soltanto che si devono chiedere quali strumenti culturali la società di oggi può adoperare per scongiurare l'esclusione sociale tout-court. Chi non accetta l'universo esistenziale degli omosessuali deve essere libero di farlo - e trovo micidiale che si voglia uccidere la libertà di pensiero e perfino l'insofferenza di chiunque - ma ciò non può passare attraverso un diritto di veto nei confronti delle richieste altrui. Non si capisce, infatti, per quale ragione chi "dice no" possa, diciamo così, mettersi solo "di traverso", e sia libero di sollevarsi dall'incarico di ascoltare il malessere di una parte della società che viene criminalizzata perché chiede aiuto... e che lo chiede con le armi che le sono proprie, la legge, una legge nella quale riporre la speranza di un'autotutela.
Discorso diverso va fatto per i politici che cercano consenso attraverso le bandiere e, stavolta sì, le ideologie a buon mercato: è più cool essere gay friendly che omofobi (anche se in questo campo si sfodera la medaglia dell'indignazione, che fa sempre comodo), chissà che non porti anche qualche voto. Ma non siamo ridicoli, si tratta di persone e di diritti di dignità e di uguaglianza sociale di fronte alla comunità. Nessuno che abbia a che fare con i ragazzi vuol cavalcare la morte di un quattordicenne, a meno di non essere un automa. Ma riconoscere la ricchezza dell'essere umano, come qualunque adulto responsabile fa, solo per obliterare p anche solo sfumare un aspetto specifico e ben riconoscibile della violenza sociale mi sembra crudele e del tutto inaccettabile. Non si tratta affatto di criminalizzare ideologicamente altri adolescenti perché più sfacciati e incapaci di cogliere la ricchezza umana di una povera vittima forse omosessuale, semmai di stringerci intorno a loro e discutere di ciò che succede - e dunque anche che è successo - e sulle falle emotive, esistenziali e culturali che albergano in ciascuno di noi. Almeno per conoscerle e perdonarsi un po'.
Niente prediche, niente colpevolizzazioni, niente plagio. Prendersi questi ragazzi vicini e discuterci un po'. Sempre, non adesso che un loro compagno si è ucciso. Discutere perché si parla con i ragazzi, e dunque intanto li si ascolta, non perché si abbia per forza qualcosa da insegnare loro. Discutere anche quando si è impreparati, insomma, di fronte a una verità.

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