Magazine Politica Italia
“… l’ingiustizia va in gran parte ricondotta a una concezione maschile della donna come mero contenitore di embrioni, nonché merce di scambio ideologico.”, Giuseppe Civati, pp. 48-49
“… ridurre le disuguaglianze non significa rispolverare senza riflessione critica vecchie ideologie …”, Giuseppe Civati, p. 62
“Attualmente si tratta di meno di 2000 euro [la cosiddetta “tassa per il licenziamento”, NdR], e non è l’indennizzo diretto al lavoratore, dovuto per esempio in Germania: tuttavia è un primo modo, non ideologico, di ricondurre concretamente la responsabilità del mantenimento del posto di lavoro in capo all’impresa.”, Giuseppe Civati, p. 65
“L’ideologia secondo la quale il privato è sempre più efficiente del pubblico e il mercato determina da sé l’allocazione migliore delle risorse ha dilapidato una parte consistente del patrimonio industriale e produttivo del Paese, allargando la forbice tra Nord e Sud, provocando una caduta brusca della competitività e depauperando saperi, civismo, beni pubblici.”, Gianni Cuperlo, p. 4
“[Il PD] Deve riconoscere l’autonomia della scienza e la forza del suo metodo critico, respingendo ogni chiusura ideologica.”, Gianni Cuperlo, p. 16
“Per ragioni ideologiche sono state applicate politiche di austerità miope che, deprimendo le economie, hanno esacerbato il problema del debito pubblico.”, Gianni Pittella, p. 23
“La rinuncia alla costruzione di un partito identitario ed ideologico non può in alcun modo voler dire rassegnarsi a idee e proposte che mancano di chiarezza e definizione pur di salvaguardare la soddisfazione parziale di ciascuna sensibilità interna al partito.”, Gianni Pittella, p. 29
Nel documento di Matteo Renzi non c’è il termine ideologia o i suoi derivati, ça va sans dire!
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Cos’è un’ideologia? Per farla breve è un sistema di idee utile a leggere la complessità della realtà. Oggi è di moda dire di non avere ideologie e non è difficile pensare che sia un’affermazione sincera (sebbene non vera), vista la penuria di idee e ancor più la penuria di visione sistemica. Il termine ideologia è legato alla complessità in maniera duplice. Nella misura in cui un’ideologia tenta di riprodurre la complessità e nella misura in cui l’ideologia tenta di ridurre la complessità per gestirla. Le due dimensioni sono in qualche modo indissolubili. In altre parole, ad essere onesti, un’ideologia è la forma più complessa per semplificare la realtà. Chi dice di non avere ideologie o si inganna o cerca di ingannare oppure è sincero e non dispone di proprie idee organizzate, conseguentemente non ha strumenti per riprodurre/ridurre la complessità e si accoda all’ideologia già consolidata e in solida posizione egemonica. E’ il trionfo del pensiero monodimensionale di cui parlava Marcuse a suo tempo.
Dopo la “fine delle ideologie” in politica resta il linguaggio che semplifica e banalizza la realtà, un linguaggio privo (o ignaro) di cornici sistemiche, fatto di messaggi brevi, in altre parole il metodo più subdolo per appiattire le menti e reprimere il pensiero dialettico. Questo tipo di linguaggio riduce la realtà in pillole, usa schemi linguistici elementari, formule generiche, aggira accuratamente dettagli e circostanze, insomma adopera ogni espediente utile a dire qualsiasi cosa senza vincolarsi alle condizioni che rendono possibile la realizzazione di qualcosa. Questo tipo di linguaggio è usato ormai quotidianamente dai giannizzeri della politica di ogni schieramento ma il suo trionfo si celebra durante le campagne elettorali, quando mostra la sua curiosa familiarità con il linguaggio della propaganda, antico termine usato quando le ideologie erano vive e vegete!
L'esperienza mostra che è premiato il candidato capace di gestire questo tipo di linguaggio elementare, sintetizzato solitamente con “parlare alla pancia”. Il dramma della faccenda sta nel fatto che è proprio durante le campagne elettorali che gran parte del corpo elettorale formula una scelta per un candidato o per un altro, presumibilmente sulla base di due criteri, il primo è la qualità del programma presentato dal candidato (come sia valutato dalla pancia dell'elettore mi rimane un mistero!), il secondo criterio è la capacità del candidato di realizzare quel programma. Io sostengo che troppo spesso né l'uno né l'altro criterio sono incontrati nelle campagne elettorali e dirò perché.
Comincio con il candidato. Spesso la scelta ricade sul candidato che sa presentarsi meglio, che sa vendersi, come si dice. Allora ciò che determina la scelta è il registro retorico, la rapidità della battuta, la prontezza di spirito del candidato. C'è forse qualche equivalenza, qualche corrispondenza tra queste caratteristiche comportamentali e la capacità di realizzare un progetto politico? No, che io sappia non ve ne sono e la storia della politica è piena di personaggi spiritosi e del tutto incompetenti in politica (esempi nostrani: Berlusconi e Grillo) ed è altrettanto piena di personaggi poco spiritosi (poco comunicativi!) eppure capaci di guardare lontano (per rimanere in Italia non mi risulta che Gramsci e Sturzo fossero particolarmente gaudenti, e neanche Berlinguer e Moro). Eppure la comunicazione è essenziale e nell'era delle immagini non è possibile prescindervi. Come è possibile evitare questa trappola? Togliendo spazio al linguaggio fatto di messaggi brevi e fumosi che si usa nelle campagne elettorali. Qui arriva l'altro criterio per scegliere un candidato o un altro: il suo programma, il suo progetto. La scelta del candidato deve basarsi su un progetto chiaro e verificabile.
Se nessuno vuole parlare di ideologie non parliamone. Possiamo parlare almeno di progetto politico? Di disegno per il futuro? Resto convinto che tra pensiero debole e debolezza di pensiero c'è un abisso ma a volte tocca chiudere un occhio per prendere meglio la mira e per quanto progetto, programma e ideologia siano cose ben differenti non resta che puntare a una se l'altra è preclusa. Per semplicità diciamo che il programma descrive il progetto politico. Allora che sia questo l'oggetto di una campagna elettorale: il progetto per la società delle prossime generazioni.
Quindi una volta eliminate le ideologie dal panorama politico entrano in scena termini più maneggevoli ma non per questo gestiti con maggiore perizia. Quando in campagna elettorale si parla di progetto politico spesso si cade in categorie fumose ma quando si fa un progetto per ottenere un finanziamento da un qualsiasi ente o istituto, sia essa la comunità europea o una banca, si devono fornire tutti gli elementi utili per valutare la bontà della proposta, la sua fattibilità, quante persone saranno coinvolte, quali mansioni avranno, quante ore di lavoro sono previste, quali strumenti saranno impegnati. Questo dettaglio è impossibile per un progetto politico ma questo significa relegare il linguaggio delle campagne elettorali ad una sequela di slogan? La fiducia che il corpo elettorale accorda temporaneamente al candidato vale meno del denaro che una banca concede per finanziare un progetto? La fiducia dell'elettore chiede meno garanzie di essere onorata?
Se la risposta alle tre domande è negativa allora il progetto politico deve essere scritto cercando di avvicinarsi il più possibile ai requisiti richiesti ad un qualunque soggetto intento ad ottenere un finanziamento per una borsa di studio o per un progetto di lavoro. Per quale motivo il politico non deve dichiarare chiaramente il suo progetto? E qui, passando attraverso la pur debole consonanza tra progetto e ideologia, faccio una piccola digressione. La democrazia rappresentativa prevede una delega e per quanto il delegato deve essere sempre giudicato dai deleganti si troverà inevitabilmente a dover prendere decisioni senza poterli consultare. Allora come può il delegato decidere cercando di conciliare il principio di libertà di coscienza con il principio di lealtà nei confronti dei propri elettori? Lo può fare solo avendo chiaramente esplicitato l'ideologia nella quale si inscrive il suo progetto politico, altrimenti si muoverebbe come si muovono gli eletti del M5s, trattati da minorati dal loro bicefalo capocomico, trattamento evidentemente consono all’amor proprio di cui ciascuno di loro dispone.
Tornando al progetto politico, se è vero che non può essere dettagliato come un progetto per un finanziamento è anche vero che non può essere solo una sequela di dichiarazioni generiche e vuote senza alcun elemento concreto su come si intende realizzarlo. Lo Stato ha una contabilità, delle voci di spesa e chi si accinge a guidare un paese ha il dovere di conoscere quei conti e ha il dovere di dire chiaramente dove e come intende intervenire, cosa e quanto intende tagliare o incentivare, dando possibilmente cifre e valutazioni di impatto delle politiche che propone. Non sa o non può farlo? Ebbene, significa che deve fare un altro mestiere. Guidare il paese è più complicato che guidare un'auto eppure per guidare un'auto sono richieste specifiche capacità, se non si è idonei alla guida vorrà dire che non sarà consentito guidare, tutto qui. Qui io sto parlando dei candidati per la segreteria del PD, partito che potrebbe esprimere il prossimo presidente del consiglio. Questi candidati devono avere una conoscenza pressoché totale del paese ed una visione sistemica della politica. Non si candidano alla guida di un partito per esprimere interessi particolari ma per esprimere e realizzare una visione generale del paese e della società.
Io pretendo, e tutti dovrebbero pretendere, che il candidato alla guida di un partito che si accinge a reggere le sorti del paese dica chiaramente cosa intende fare su problemi concreti e come intende farlo. Politica industriale, quali e quante risorse intende muovere? Come intende intervenire sulla stretta creditizia e sui debiti dello Stato nei confronti delle aziende private? Quali azioni intende mettere in campo nei confronti delle banche? Politica del lavoro, quali progetti ha in mente per ridurre la disoccupazione? Quali le proposte nel settore privato e in quello pubblico? Come pensa di risolvere il lavoro precario? Politica delle pensioni, come intende equilibrare le evidenti disparità del sistema pensionistico? Politica fiscale, se ritiene inaccettabile la distanza tra ricchi e poveri come intende ridurla? Attraverso una tassazione dei redditi o attraverso una soglia ai tributi? Come intende ridistribuire la ricchezza? Attraverso contributi o attraverso servizi sociali? Come si intendere eradicare l’evasione fiscale e portarla ai livelli degli altri paesi europei? Quali misure intende mettere in campo per fermare la corruzione che fa decuplicare i costi delle opere pubbliche rispetto ad ogni altro paese civile? Politica ambientale, quali risorse mobilitare per il dissesto idrogeologico? Come intende fermare l’erosione del suolo e l’abusivismo edilizio? Ha un’idea delle conseguenze del riscaldamento globale? Come intende affrontarle? Con quali strumenti? Diritti civili, enunci chiaramente il candidato la propria visione, senza giri di parole e formule “non divisive”. Per l’istruzione e la ricerca, sia essa pubblica o privata, il candidato intende attenersi al dettato costituzionale che non prevede oneri per lo Stato per le scuole private o intende trasgredirlo come hanno fatto tutti finora? Se ritiene necessario l’intervento dello Stato, dica in che misura, con quali priorità. Semplificazione istituzionale, tutti parlano di abolizione delle provincie, ma quante risorse si liberano? Dei lavoratori delle provincie soppresse che ne facciamo? E via e via e via, le domande non si fermano qui, potrebbero continuare ma credo di aver reso l’idea. Un progetto di un candidato alla segreteria di partito deve rispondere a queste e molte altre domande e lo deve fare nella maniera più circostanziata possibile. Non puoi dire solo che sarà ridotta la disoccupazione, che saranno ridotte le disuguaglianze, devi dire anche come intendi farlo, sia pure a grandi linee. Mi si dirà che questo approccio serve per stilare un programma di governo, vero, ma intanto non mi pare di aver mai letto un programma di governo che rispondesse a queste domande e per quanto le due circostanze siano differenti la distanza tra un programma di governo e un programma per la segreteria di un partito maggioritario non dovrebbe essere quella che c’è tra un preventivo dettagliato (quando mai!) e una sfilza di buone dichiarazioni di intenti che se venissero lette troverebbero d'accordo tutti, pure quelli che voterebbero per altri partiti. (Forse molti candidati puntano sul fatto che a leggere i programmi sono in pochi e in Italia è una scommessa facile da vincere!)
Se i programmi per la segreteria di partito sono esclusivamente mirati all’organizzazione o riorganizzazione del partito senza affrontare i problemi del paese in maniera concreta allora il partito resta lontano dalla gente. Solo i militanti, sempre di meno, saranno interessati a quei documenti ma il partito verrà votato dagli elettori e se il partito li vuole appassionare non riuscirà a farlo nei pochi mesi dedicati alla campagna elettorale per le elezioni politiche. Il partito dovrà parlare alla gente anche quando si riorganizza al suo interno, altrimenti resta un discorso per pochi aficionados e alla fine l'unica partecipazione sarà quella intercettata da incompetenti che farebbero politica a suon di “tutti a casa”.
Gli elettori devono avere risposte precise alle domande di cui sopra, hanno il diritto e il dovere di averle e il candidato ha il dovere di fornirle in maniera circostanziata, producendo numeri laddove sono richiesti e necessari, sia pure con stime di massima ma comunque numeri, perché se è vero che non tutta la politica si fa con i numeri è altrettanto vero che nessuna politica si può fare senza neanche un numero e i programmi politici non hanno quasi mai un solo numero. Io non penso affatto che tutta la politica possa essere ridotta ai numeri, sarebbe il trionfo della visione economicista che di fatto imperversa. La gran parte della politica si sostanzia di qualia, di principi che nulla hanno a che fare con i quanta, ma è credibile una politica che prescinda del tutto dalla dimensione quantitativa delle proposte? La dittatura dei numeri non è forse il disastroso risultato di una incapacità di usare i numeri con la dovuta cautela e competenza? Non è il risultato di campagne elettorali condotte esclusivamente a colpi di parole per piacere a tutti senza dire niente, dove gli stessi principi sono solo una parodia?
Se sono ben scritti i programmi sono imparentati con i manifesti culturali (ad essere buoni), ma chi si candida alla guida del paese deve sì dichiarare il proprio manifesto ma deve aggiungere un progetto concreto su come realizzare quel manifesto. Il politico non ha il compito di risvegliare le coscienze, questo è il compito degli intellettuali attraverso i manifesti, il politico deve conoscere quei manifesti, farli suoi e mettere in moto tutte le energie e risorse necessarie perché le coscienze non si addormentino. Ben vengano gli intellettuali in politica, ad avercene, ma che abbiano chiara la distinzione dei ruoli.
Se i progetti devono fare i conti con le risorse economiche allora devono essere espressi anche in questi termini, almeno a grandi linee. Invece si riempiono pagine con frasi ad effetto buone per ogni stagione del tipo “dobbiamo semplificare le regole del gioco” ed eludendo puntualmente la domanda “come?”. Senza il come ogni proposta è fumo, aria fritta. Non me ne frega un accidente se tra 20 anni un candidato farà ancora politica oppure no, a me interessa come sarà questo paese tra 10 anni se sarà guidato da quel candidato. Non basta voler muovere questo paese, devi dire dove lo vuoi portare e come ce lo vuoi portare, devi dire che società hai in mente, in due parole devi dire che ideologia hai, se puoi permettertene una. Non c'è più un cane a riconoscere statuto alle ideologie ma l'ideologia di oggi è quella empirica, operativa, tecnica, quella che chiede “come?”. Oggi la domanda “come fare?” precede la domanda “che fare?” e la politica ha ancora il compito di stabilire la priorità del cosa fare ma non può più eludere il come fare.
Si dice che la gente ha bisogno di sogni, vero, ma il disincanto è tale che immediatamente dopo chiede cosa ritroverà al risveglio.
Queste annotazioni, più o meno disordinate, per dire che dei quattro programmi presentati dai quattro candidati alla segreteria del PD l'unico programma degno di attenzione è quello di Civati. Gli altri tre programmi, di Cuperlo, di Pittella e di Renzi sono infarciti di dichiarazioni di intenti, di buone intenzioni, senza alcun riferimento alle modalità di realizzazione, neppure a grandi linee, nessun elemento è fornito sul piano d'azione. Senza dubbio ognuno dei tre esprime, più o meno consapevolmente, una propria ideologia e non sto qui a fare la graduatoria di chi è più di sinistra, dico soltanto che se fossero dei progetti per una semplice borsa di studio verrebbero bocciati come generici e fumosi. Gli elettori del PD dovrebbero prestare attenzione a questo ma sono sicuro che la gran parte di loro voterà senza leggere i documenti congressuali, si affideranno a quello che passa la televisione e tutti pagheremo il tributo al post berlusconismo.
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