“L'aria è guasta”. Florio siede, sono le tre del mattino sul bordo del letto, ha in mano un bicchiere colmo a metà, addosso la divisa gialla della serata e dev'essere il whisky che parla al posto del sonno: “Quella donna può aspettarti una sera e quando sei lì non dire nulla. Assolutamente nulla”. Florio ingoia la pelle degli occhi e della bocca si aggrinzisce e tocca con l'indice un lembo della mia coperta, in relazione con la coscia.
Così è stato: come d'abitudine a fine serata i camerieri hanno portato alla Padrona un piatto bianco sulla cui porcellana stavano i gusci di vongola arsella o altra bestia marezzati nero e crema, forse nel mezzo un letto di rucola e d'erbe.
La Padrona ha succhiato le bestie le ha masticate o uccise, dipende se erano ancora vive o già avvelenate a morte dall'aria dal limone dall'olio e il rumore, e poi Florio è entrato poi lei ha deposto i soldi sul tavolo. Florio ha allungato una mano lei ha stretto i gusci nel pugno. Florio ha fermato la mano lei ha guardato le dita nodose ha serrato il pugno. Florio che immagina cosa stia succedendo si lascia guardare e muove nell'aria l'indice della mano come si trattasse di una donna, la Padrona respira con affanno ha le labbra leggermente aperte su una punta di lingua così rossa, ha le dita il dorso così chiuso così chiuso: la bestiolina è poltiglia corrotta il guscio è una lisca il resto è conficcato nel palmo nelle dita. La Padrona infila i polpastrelli nello scollo prende altri soldi. Ora i soldi sono sul tavolo e Florio deve ghermirli e scappare.
Quando cantava, quando prendeva le prime lezioni - prima che chitarrista e jazzista Florio è stato tenore, ma in forse - ancora non sapeva cosa gli piacesse e cincischiava sul Cinquecento senza crederci, con lo spirito di uno che si scaccola con l'unghia del mignolo. E accadeva che prendesse i primi acuti buoni, ossia fosse attraversato dal momento in cui la pancia è un'unica sacca le cui pareti sono appoggiate all'aria, e dentro il diaframma assume la posizione per la quale si apre un canale magico e faticoso dalle reni al dentro delle ossa del naso e il cranio è una cassa e finalmente - il corpo un tuono. Le prime volte, disavvezzi a tanta abbondanza, alcuni soccombono all'eruzione di anidride carbonica di aria e di vuoto trattenuto e alla nebbiolina che cresce dietro la fronte: le gambe all'improvviso sono molli e la stanza colma di un'unica nota, immensa, aggrappata come un uncino al labbro di sopra di un uomo miracolato.
Una volta Florio non è scappato. La Padrona irrigidiva la schiena Florio restava. La Padrona aveva il fiato grosso stendeva le palme sul tavolo come stracci, il gluteo destro si contraeva ritmicamente i soldi erano sul tavolo Florio restava. La Padrona tremava chiedeva pietà e castighi e grugniva Florio restava restava. Finché non ha sussultato e Florio ha scoperto in seguito, dopo una scenata di rabbia e il deliquio che ne è seguito, ch'essa si dà piacere con certe sfere minuscole che tiene celate tutto il giorno nelle sue parti più intime.
D'estate Florio lavora tre sere la settimana e suona musica spagnola: i bagnanti si ritrovano davanti al portone e quando entrano l'aria sa di fumo e crema solare. Le donne sono sempre molto curate e dipinte in faccia, gli uomini in tenuta coloniale. La Padrona assume camerieri giovani e belli e li tiene a passeggio sul viale a mare, ma in realtà essi sono a caccia: in livrea e con in mano la carta invito per l'aperitivo. Uno di loro si chiama Giacomo. Sembra abbia quindici anni, tanto è snello e di reni elastiche, ma in realtà è maggiorenne e trascina alla balera uomini e donne di tutte le età. È un invertito così delizioso che anche la Padrona non si permette di toccarlo: lo guarda muoversi svelto per la sala, spostare con grazia i tavoli di metallo considerevolmente pesanti in mezzo all'ammirazione di ragazzine, casalinghe e uomini maturi di professione; e se si passa la mano fra i ricci o dalla gola sfugge una risata o una parola detta con voce più profonda le basta accompagnare gli addominali bassi a premere dall'alto al sotto sul clitoride come una lingua e tenere le braccia incrociate sul petto o trovare, mentre è seduta un ostacolo, ad esempio uno spigolo, che ferisca dolcemente i capezzoli da sotto il tailleur: al resto, invisibili, pensano le palline.
Florio ha appoggiato il bicchiere per terra, accanto alle mie ciabatte e le pillole. La serata è calda, e anche se passa la mano sulla coperta all'altezza della spalla, Florio sa che sotto il cotone c'è solo pelle, che di notte d'estate dormo con le mutandine. “L'aria è guasta, Fosca, domani pioverà e tu non dovrai andare a lavorare”. Florio sente che non rispondo perché dormo, si alza dal mio letto e raggiunge il suo, che ho montato poche ore prima in tinello, dopo aver cenato. Dalla finestra aperta viene rumore di cani e bidoni d'immondizia.
leggi: il primo episodio; il secondo episodio
uno dei quadri di schiele che mi piacciono di più
fonte: http://artodyssey1.blogspot.com/2009/10/egon-schiele-egon-schiele-12-june-1890.html