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IKEA ti amo

Da Peolaborghese @mesosbrodleto
IKEA ti amo

dopo il presidente operaio, il sindaco vangatore

Io senza l’Ikea non so vivere. Porta il lavoro, porta i mobili, porta la vita. A Pisa sono cominciati i lavori per la costruzione del capannone blu, anche se i soliti comunisti hanno al solito scatenato la polemica. Che palle i comunisti, la solita gentaccia che la domenica invece di andare a vedere i mobili, sta a casa a dormire. Ha fatto bene il sindaco di Pisa a minacciare la denuncia a un cittadino che gli ha scritto su facebook. La gente la deve smettere di scrivere ai sindaci su facebook, loro mettono facebook per parlare solo con chi gli dà ragione, mica con tutti. I comunisti dicono che il terreno dove sorgerà l’Ikea era del comune, che l’ha girato a dei privati che poi l’hanno girato a Ikea al quadruplo del prezzo. “Il comune, cioè noi cittadini, ci abbiamo rimesso”, dicono. Ma io sono un cittadino, e non mi sento di averci rimesso. Anzi, ora arriva Ikea e per me è un guadagno. Perché potrò comprare tanti mobili, da mettere dentro la casa che un giorno comprerò. Intanto compro i mobili, ogni domenica.

A Perugia invece, l’Ikea non la faranno. Piangono tutti infatti. Perché l’Ikea, poverina, ha detto: “noi vogliamo metterci lì, o sennò non se ne fa niente”. Ma lì, un terreno a fianco della superstrada E45, non è stato possibile mettercela. Problemi burocratici vari. E allora l’Ikea ha detto che non gli interessa più aprire a Perugia. Poverina, lei crea tanti posti di lavoro e tanti mobili, però se non si fa quello che dice lei, allora niente. E’ un po’ così Ikea, un po’ choosy come diremmo di questi tempi. Non è giusto però. Tutti dovremmo avere un’Ikea di fronte a casa nostra. Perché l’Ikea ci rende felici. L’Ikea ci fa lavorare, tutti. Facciamo mobili svedesi, lampade svedesi, polpette svedesi. E poi le svedesi sono bionde, e noi amiamo le bionde.

Viva l’Ikea, la nostra salvezza. Il modello di sviluppo vincente, quello della multinazionale che fa il comodo suo e dobbiamo pure credere che lo faccia per noi. Noi dobbiamo aiutarla la multinazionale, perché se stiamo dalla parte giusta, ci dà pure da mangiare. E se questo ci porta dritti verso la peggiore crisi economica dal dopoguerra ad oggi, pazienza. Di sicuro senza tavolini svedesi non resteremo, ed è questo quello che conta.



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