Magazine Diario personale

Ikea zoo

Da Michelepinassi @michele_pinassi

 

Ieri, complice una gara podistica a Sesto Fiorentino, mia moglie ha chiesto di fare un giro al vicino Ikea.

Credo che poche cose incarnino l’idea di marchio come Ikea, perlomeno per quanto riguarda le donne con cui ho avuto modo di parlare, a cui brillano gli occhi solo a sentirne parlare. Andare all’Ikea rappresenta una sorta di “sogno”, di “obiettivo”, come se essere all’Ikea in sé potesse soddisfare un bisogno atavico di soddisfare l’emozione di  sperdersi tra centinaia di idee e proposte (quasi tutte simili) incentrate su uno dei fattori chiave di Ikea: arredamento funzionale a basso costo.

Proprio stamani, mentre consultavo le pagine web di Repubblica, mi casca l’occhio sull’articolo “Così il piacere del consumo rimane una consolazione” e nella parte finale riassume quasi perfettamente l’Ikea zoo:

Detto questo, il calo del potere d’acquisto non significa una regressione dei desideri consumistici. Nelle nostre società edonistiche e ipercommercia-li, anche i più poveri sono degli iperconsumatori “nella testa e nei desideri”, e questo nonostante debbano fare sempre più economie e modificare i loro comportamenti d’acquisto. Da un lato probabilmente le difficili condizioni economiche imporranno una certa moderazione, condannando diverse categorie di popolazione a imporsi delle privazioni, ma dall’altro, la cultura dei piaceri e delle novità connaturata alla civiltà consumistica è più viva e vegeta che mai.

Ma vediamo, cos’è che contribuisce al formarsi del’immaginario “Ikea zoo” ?

Accompagno mia moglie all’Ikea più o meno ogni 3-4 mesi ed ogni volta la disposizione del negozio è diversa: cambia sempre, ed ogni volta da l’idea di trovarsi in un negozio diverso. Se provate, come ieri ho fatto, a saltare letteralmente i reparti -attraverso quelle scorciatoie disponibili sul percorso proposto- proverete la sensazione di trovarvi dentro un labirinto fatto a zone. Il disorientamento che si prova a passeggiare tra i reparti serve ad abbassare il livello di “inibizione” del consumatore, che si trova circondato di centinaia e centinaia di proposte da “toccare con mano”, “provare”, “sperimentare” ed anche “giocare”, se volete, come ho visto fare con i tanti peluches che invadono più o meno ogni ambiente. La gioia e la tranquillità del consumatore sono uno dei fattori chiave del successo di Ikea, come rivela una ricerca di Kerry Capell:

Intenzionalmente, Ikea punta a prolungare le visite attuando una “coercizione gentile”, che comincia all’entrata, con il centro giochi dove “parcheggiare” i bambini e avere maggiore tranquillità per dedicarsi allo shopping. E poi, con la disposizione circolare dell’esposizione all’interno, le persone possono vedere tutto continuando a camminare sempre nella stessa direzione, fermandosi dovunque senza bloccare il flusso, grazie agli ampi corridoi. Lungo il percorso, è un susseguirsi di ambientazioni e facilitazioni che spingono le persone a rimuovere o abbassare le resistenze all’acquisto, anche proponendo tanti oggetti a prezzi molto bassi, che inducono a ritenere che niente sia costoso, salvo poi riempirsi di tante cose che messe insieme fanno spesa/fatturato.

E’ praticamente impossibile uscire dall’Ikea senza aver comprato nulla, anche solo un pacco di batterie o una lampadina. E nell’Ikea zoo si soddisfano, a basso prezzo, tutta una serie di esigenze che vanno dal contenitore ermetico per il frigo al coltello per il pane al pelapatate, con un design minimale ma funzionale e robusto (ammetto di avere molti utensili Ikea, che uso con soddisfazione).

Due note anche sull’immagine etica del brand Ikea: cercare di instaurare con i consumatori un rapporto anche di responsabilità sociale ed ambientale, il cosiddetto “greenwashing“, per limitare il senso di colpa dovuto al consumismo più sfrenato. Già in passato Ikea aveva avuto qualche problema dovuto allo sfruttamento del lavoro minorile nei paesi dell’est asiatico, che ha portato l’azienda ad attenersi ad un codice etico, come cita Arrigo in “Responsabilità aziendale e ipercompetizione. Il caso IKEA“ (fonte):

Assumendosi responsabilità sociali, IKEA intraprende attività sociali ed ambientali che sono affini ai valori aziendali: presta attenzione alle foreste e al legno, materia prima essenziale per l’attività di produzione e vendita di articoli di arredo, e parimenti al rispetto dei bambini del Terzo Mondo,  nfatizzato anche dal lancio di una linea di prodotti dedicata a loro, il cui diniego in passato fu causa di notevoli danni all’immagine aziendale.

Insomma, l’Ikea zoo è un luogo perverso, concepito per massimizzare la spesa del consumatore, offrendo servizi e strategie per aumentare il più possibile il suo tempo di permanenza all’interno del negozio, offrendo un immagine accogliente e familiare, un luogo dove le famiglie non vanno “per comprare” ma per “passare del tempo insieme“.

La prossima volta che andate all’Ikea provate a rifletterci su.

 

 


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