E’ immorale utilizzare i social network durante il mese sacro di Ramadan? La questione in questi giorni è più che mai di attualità. Sono sempre più numerosi, infatti, i fedeli musulmani in cui si sta facendo largo la convinzione che “digiunare” anche da Facebook e Twitter, oltre che da cibo e bevande, aiuti a concentrarsi sui precetti religiosi imposti durante il mese sacro e a viverlo con maggiore spiritualità.
(seattleglobalist.com)
Il mese di Ramadan, il nono mese del calendario islamico nel quale i musulmani digiunano dall’alba al tramonto, prenderà il via il prossimo fine settimana, probabilmente il 29 giugno. E’ il versetto 183 della seconda Sura del Corano che prescrive il digiuno per i fedeli in questo periodo. “Credenti, vi è stato prescritto il digiuno come è stato prescritto a coloro che sono venuti prima di voi e può essere che siate timorati per giorni contati (quelli del Ramadan, ndr)”, si legge nel testo sacro, che ricorda anche come sia possibile rimandare le giornate del digiuno per coloro che siano malati o in viaggio.
La sharia ed il digiuno. Per la sharia il digiuno di Ramadan è un atto basilare di culto, obbligatorio per tutti i musulmani tranne che per alcune categorie. Sono esenti dal digiuno i minorenni, gli anziani, i malati di mente, i malati cronici, i viaggiatori, le donne in stato di gravidanza o che allattano, le persone in età avanzata, nel caso che il digiuno possa comportare un rischio per loro. E’ proibito alle donne durante il periodo mestruale e in puerperio.
Sui social network il dibattito è aperto. Da un lato c’è chi li ritiene uno strumento utile per diffondere gli insegnamenti del Corano o chiedere spiegazioni su una questione religiosa, per altri invece è una pratica che danneggia il digiuno. Tra questi ultimi spicca l’opinione del presidente della Lega degli studiosi di sharia del Consiglio di cooperazione del Golfo, Ujayl al-Neshmi, secondo il quale chattare con persone dell’altro sesso su Twitter, Facebook e gli altri luoghi d’incontro virtuali durante il Ramadan “non porta a nulla di buono”. “Se questo scambio avviene poi tra maschi e femmine, allora è proprio vietato, poiché è una via verso l’immoralità”, spiega.
Nessuna regola precisa per l’uso dei social network. Anche se non esistono regole specifiche nell’Islam sull’utilizzo dei social network durante il Ramadan, molti musulmani scelgono di seguire “l’Itikaf (ritiro spirituale, ndr), rimanendo in moschea e astenendosi dal lavoro e dalle pratiche quotidiane”, sottolinea in un’intervista ad “al-Arabiya” Abdul Ghani Hindi, professore di affari religiosi e sociali all’Università Al-Azhar, al Cairo. “Astenersi dalle pratiche quotidiane può anche riguardare l’uso dei social media”, aggiunge Hindi, secondo cui la discriminante dovrebbe riguardare il contenuto dei messaggi pubblicati e non tanto la frequenza di post e ‘cinguettii’. “Io userei i social network a mio beneficio, in qualunque modo ritenga opportuno, a condizione che non mi impediscano di adempiere i miei obblighi religiosi, come leggere il Corano ed eseguire la preghiera Tarawih (preghiera straordinaria, recitata dai musulmani da un’ora e mezzo dopo il tramonto a poco prima dell’alba, nel corso del mese di Ramadan, ndr)”, sottolinea Hindi.
Con l’inizio del digiuno del mese di Ramadan è meglio, inoltre, non fare il bagno al mare. La raccomandazione arriva dal ministero algerino degli Affari religiosi, e non per motivi di salute, bensì per “evitare che il mese sacro della conversione e del perdono si trasformi nel mese della disubbidienza” ai dettami morali dell’Islam. Ne parla il quotidiano algerino Echorouk, secondo il quale il dicastero ha chiesto a tutti gli imam delle moschee di dedicare il primo sermone del venerdì di Ramadan alla “sensibilizzazione” dei fedeli riguardo le regole da seguire durante questo mese, ad esempio evitare di commettere “azioni indecorose, come scoprire il corpo sulle spiagge, che renderebbero nullo il digiuno”. Oltre al pericolo di cadere in tentazione, non è da meno il rischio che “l’acqua del mare penetri nel corpo attraverso il naso o le orecchie”, causando incidentalmente la rottura del digiuno, che prevede l’astensione totale da cibo e bevande dall’alba al tramonto. Inoltre, la prolungata esposizione ai raggi solari e l’aria salmastra che si respira in prossimità del mare aumentano il desiderio di bere, mettendo a rischio il rispetto del precetto. A chi accusa il ministero di voler rovinare le vacanze estive alle famiglie, il ministero risponde che “ogni fedele è responsabile dell’adempimento corretto di questo dovere religioso attraverso la propria coscienza”.
In Iran, invece, alle donne che durante il Ramadan si distingueranno per la “sobrietà” dell’abbigliamento sarà donata una rosa. E’ il “premio” promesso dalla polizia religiosa iraniana che ha lanciato un’operazione per rafforzare i costumi islamici e spingere le donne a vestire in modo sobrio e morigerato durante il mese sacro. Le ‘squadre della modestia’, come sono state ribattezzate le pattuglie della polizia religiosa impegnate in questa ‘operazione moralità, girano per le strade delle città e premiano con un fiore le donne vestite con un abito rispettosa della sharia. Ogni anno la polizia iraniana attua per il Ramadan un giro di vite contro l’abbigliamento all’occidentale, minacciando sanzioni per le donne che non rispettano le disposizioni, che riguardano in particolare l’utilizzo del velo. Le iraniane che indossano l’hijab in modo inappropriato rischiano da una multa al fermo per alcune ore nelle stazioni di polizia.
(adnkronos.com)