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Il 31 dicembre, dopo 20 anni, chiude Liberazione

Da Kobayashi @K0bayashi

Dopo 20 anni di pubblicazione – a meno che non sopraggiungano salvataggi dell’ultima ora, che al momento appaiono assai improbabili – il 31 dicembre chiuderà Liberazione, l’organo di stampa ufficiale di Rifondazione Comunista. Quel giorno, infatti, uscirà in edicola l’ultimo numero del quotidiano nato nel 1991 e attualmente diretto da Dino Greco, che dal primo gennaio del 2012 scomparirà dal panorama giornalistico italiano. La decisione della Mrc, la società editrice di Liberazione (società per azioni il cui socio unico proprietario è Rifondazione Comunista), è legata soprattutto ai tagli dei finanziamenti pubblici all’editoria già introdotti dal governo Berlusconi e poi riconfermati dal nuovo premier Mario Monti: -511mila euro nel 2010, circa il quadruplo nel 2011, cifre che avevano costretto l’amministratore unico della società a portare l’organico della testata da 30 a 7 giornalisti e da 20 a 6 poligrafici pur di mantenerla in vita ancora qualche mese.

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Da gennaio, dunque, oltre allo stop delle pubblicazioni si prevede sotto il profilo occupazionale la cassa integrazione a zero ore per tutti e 50 i lavoratori. Per il futuro, al momento, c’è soltanto l’ipotesi di portare avanti il progetto del sito Internet ma con due soli giornalisti, il direttore e un poligrafico. Le rappresentanze sindacali, tuttavia, hanno denunciato il fatto di non essere state ascoltate pur essendosi presentate al tavolo della trattativa (presso la Fieg, la federazione italiana degli editori) con una proposta di riduzione dei costi e di possibile aumento dei ricavi per garantire la continuità dell’edizione cartacea, mentre hanno rimarcato con forza la mancata attuazione della promessa di rilancio dello sviluppo dell’edizione online, previsto per lo scorso settembre.

Gli stessi lavoratori hanno mostrato di non credere pienamente alla versione della proprietà:

“I problemi economici ci sono, nessuno lo mette in dubbio – si legge infatti nella nota congiunta dell’assemblea permanente di Liberazione, del comitato di redazione e della rappresentanza sindacale unitaria – ma addossare tutta la responsabilità dell’uccisione della testata al governo Monti, specie in presenza di proposte concrete e praticabili da parte dei lavoratori, è un’interpretazione dei fatti che l’assemblea unitaria permanente di Liberazione non si sente più di avallare. Qualcuno ha deciso a priori di chiudere Liberazione (e/o di ridurla a un sito ai minimi termini, tale da perdere la fisionomia di prodotto giornalistico degno di questo nome) [...] Un suicidio preventivo inspiegabile, a cui giornalisti e poligrafici non hanno nessuna intenzione di allinearsi. [...] Resisteremo un minuto di più di coloro che vogliono dilapidare un patrimonio collettivo che non è loro proprietà privata: lettori e professionalità non si buttano dalla finestra. Nessuno, neanche Rifondazione Comunista, può permetterselo”.

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