Che il mio passo non sia visibilmente incerto, la schiena ricurva al mio incedere?O sono gli altri che non se accorgono perché non mi guardano neppure? Cosa pensano le persone quando pensano a me? Possibile che mi pensino separata dal dolore che vive in me? Cosa vedono di me? Io mi vedo così distante da com'ero prima...
E penso che la verità in fondo sia semplice: le esistenze delle persone seguono percorsi differenti, sono segnate da eventi e da sensibilità che producono sentimenti ed emozioni irrimediabilmente differenti da quelli che mi è capitato di vivere.Dove non arriva l'empatia in questi casi non c'è modo di comunicare.
Talvolta realizzo con delusione anche che le vite che scorrono apparentemente parallele alla mia possono avere ritmi sfalsati o seguire rotte addirittura opposte: ognuno procede con i suoi tempi e con i suoi pensieri. È davvero difficile incontrarsi, condividere le direzioni e lo spirito del viaggio.
Oggi ad esempio mi è capitato di leggere con grande dispiacere e commozione di Anna...e quanto mi ha fatto male vedere che ci sono persone che riescono a parlare dando voce ad un sentire superficiale, come se il fatto che la vita non le abbia segnate in maniera pesante loro dia la forza per arrogarsi il diritto di giudicare arrivando a calpestare la sofferenza altrui, dimenticandosi tra l'altro che si tratta di grandissimi dolori, di quelli che spezzano in due l'esistenza.
Però a volte succede anche altro.
Succede che ci s'incontri, che i percorsi s'intreccino, e ci si ritrova a condividere un pezzo di strada.
Quando accade è un piccolo miracolo e come tale va celebrato.
E' un bene prezioso, l'incontro, una merce rara da trovare e da custodire, soprattutto.
L'incontro è come l'amore, bisogna imparare a custodirlo e nutrirlo nelle sue varie forme.
Dovrebbero educarci a riconoscere l'amore per non disperderlo, a non farlo scivolare tra le mani. Perché tante volte ce l'abbiamo, e pare persino scontato...poi invece capita che ci lasci, e restiamo soli a raccogliere quel che resta per non sprecare neanche il più flebile, distratto ricordo.
Allora mi fermo. E penso che qualcosa del dolore che ho dentro si può forse vedere, per lo meno qualcuno lo può immaginare; invece quell’amore altrettanto forte e travolgente come il dolore che vi s'accompagna è ancora più trasparente sul mio volto, non c'è modo di tirarlo fuori.
E mi viene in mente Francis Turner, il malato di cuore de L'antologia di Spoon River, che bacia Mary pur sapendo che quel bacio l'ucciderà, perché il suo povero cuore non potrà reggere.
(Qui trovate l'originale, la traduzione di F. Pivano e il riadattamento di De Andrè).
In cambio di quell'amore, pur durato il tempo d'un solo bacio, Francis dà la vita...
Bisogna riconoscere quell'amore che mi è stato concesso, anche se per così poco tempo rispetto a quello che avevo immaginato fin dal primo istante, accoglierlo per quel che è stato, per quel che è.Per quello che mi ha permesso di diventare.Anche se il ricordo è un pianto rotto nella notte.
Anche se in cambio s'è preso il mondo e la vita intera.
(Anna, ti penso).