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“Il bacio di Giuda” di Sveva Casati Modignani

Da Vivianap @vpicchiarelli

indexMilano, 1945. La guerra è finita, la città liberata, ma la vita quotidiana è segnata dalle ferite dei bombardamenti, la penuria di tutto, gli strascichi di odi e regolamenti di conti. È lo scenario che circonda la vita di Sveva ragazzina, protagonista di questo nuovo racconto autobiografico, dove piccoli fatti quotidiani assumono ai suoi occhi infantili grande importanza. Curiosa e anche un po’ ribelle, osserva le dinamiche del mondo adulto e ne percepisce tutte le contraddizioni: convenzioni sociali, falsità, ipocrisie dai risvolti talvolta dolorosi. Al centro di un racconto molto personale e senza pudori è il rapporto sofferto con una madre severa e intransigente, che non esita a trattarla ingiustamente pur di salvaguardare la sua idea di perbenismo. Ma vi è anche l’affetto sconfinato per il padre, un uomo dolce e attento che non esita a proteggerla dalle piccole crudeltà della vita quotidiana. Dopo le prime pagine segnate dalle conseguenze della guerra appena finita, il racconto assume un registro ironico e leggero, che rispecchia la ritrovata serenità e la prospettiva di un benessere possibile. Il libro si chiude con un’appendice firmata dal fratello Lucio, nato dieci anni dopo di lei, che descrive dal suo punto di vista la vita di famiglia e in particolare la sorella, definita “la mia paladina”.

C’è tanta poesia in questo libro della Casati Modignani, è quella poesia che scaturisce dai ricordi riportati per quello che sono, nudi e crudi, senza fare sconti alla memoria di chi non c’è più. Questo è solo il secondo romanzo che leggo di questa penna di prestigio del panorama culturale ed editoriale italiano, il primo – Disperatamente Giulia – lo lessi negli anni ’80 e devo dire di non essere rimasta delusa. Non c’è quel manierismo di stile tipicamente italiano di chi sa di essere al top e che per questo si permette il lusso di ricordare a tutti la propria posizione privilegiata. Anzi, direi piuttosto che qui siamo all’estremo: l’autrice non ha bisogno di ostentare. Piuttosto, ha l’urgenza di tornare all’essenziale.


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