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Il Bello delle Città

Creato il 21 aprile 2012 da Theartship

L’arte e il benessere cittadino nel contesto italiano

Elisa Daniela Montanari. Uno dei mali più gravi che, da tempo, colpisce le città di tutto il mondo, è il “male di crescita”. Le immigrazioni di massa, le ricostruzioni post-guerra, l’incremento demografico causano un’espansione selvaggia degli agglomerati urbani. Le città crescono implacabilmente senza un piano urbanistico che controlli le nuove trasformazioni e si faccia carico di salvaguardare il benessere degli abitanti. Le conseguenze si traducono nella snaturazione dei centri storici, nella costruzione di periferie povere di servizi, nella perdita delle comunità e conseguentemente nell’emarginazione culturale. Il modello di espansione è basato sul principio per il quale a una crescita quantitativa della popolazione corrisponderebbero maggiori consumi, che porterebbero a una migliore qualità della vita. La popolazione è però lasciata a se stessa, vige l’assenza di uno stato sociale che si prenda cura dei bisogni dei cittadini, perdura il sacrificio del benessere e dell’armonia tra ambiente e individuo, per inseguire questo concetto falsato di sviluppo. Tale modello di espansione con il tempo ha mostrato i suoi limiti. Un aumento del reddito e dello sviluppo economico non ha corrisposto, infatti, a una migliore esistenza nell’ambiente in cui si vive.

Le comunità urbane diventano inesistenti e sono sostituite da una popolazione multietnica che non condivide le stesse radici e tradizioni e talvolta nemmeno la stessa lingua. Le barriere culturali si rendono invalicabili e la comunicazione tra i cittadini diventa impossibile, portando a condizioni di emarginazione sociale. La città è sorda alle esigenze della sua popolazione: è rara la creazione di un ambiente che abbia l’intento di favorire la condivisione degli spazi e l’aggregazione sociale.

Negli ultimi anni, però, è avvenuta una svolta. Qualcosa è cambiato nella pianificazione delle città ed è  cresciuta l’attenzione verso il benessere degli abitanti. In questo contesto s’inseriscono le pratiche più aggiornate di Arte Pubblica che, attraverso la partecipazione dei cittadini e un accrescimento del valore culturale dei luoghi, si concentrano sullo scopo finale dell’innalzamento della qualità della vita della popolazione. Gli obiettivi che le pratiche artistiche si prepongono sono il miglioramento estetico e armonico dell’ambiente abitato, la riqualificazione urbana di luoghi degradati attraverso un loro riutilizzo culturale, il farsi portatrici di valori e simboli condivisi. Forti di un passato in cui arte e città erano concetti indivisibili e lo stile identificava epoche e culture, si ricerca oggi un’unione ideale, utopicamente capace di curare i mali della società e ristabilire un’affezione degli abitanti verso il luogo. Affezione che porterebbe anche a un maggiore rispetto e senso civico verso i territori.

Questi obiettivi così complessi e impegnativi non possono essere raggiunti solo attraverso pratiche artistiche o culturali. Serve un impegno globale delle forze in gioco indirizzate verso un unico scopo. Le operazioni devono coinvolgere il mondo dell’urbanistica, dell’architettura, della sociologia, dell’antropologia, delle politiche culturali ed economiche. Lo Stato, o la pubblica amministrazione che si prefigge questi intenti deve programmare un intervento unitario e a lungo termine, pena la dispersione di energia e fondi e l’instabilità dei risultati ottenuti.

Una manovra di questa portata dovrebbe poggiarsi su un apparato legislativo solido e capace di garantire una coerenza di soluzioni in tutto il territorio.

In Italia questo è del tutto assente, a differenza di molti paesi esteri avanzati.

L’unica legge che tratta in maniera trasversale il tema dell’Arte Pubblica è la cosiddetta legge del 2% (L. 29 luglio 1949, n.717). Essa prevede la destinazione del 2% del valore della costruzione o ristrutturazione di un edificio pubblico alla realizzazione di un’opera d’arte annessa. Tale norma, emessa con l’intento di favorire l’unione tra arte, architettura e città, perseguendo l’armonia di stili e contenuti, fallisce fin’ora nel suo obiettivo. Più volte disattesa, durante i suoi sessantatre anni di esistenza, si rivela inadeguata e isolata nel favorire la realizzazione degli scopi dell’Arte Pubblica.

L’apparato legislativo italiano risulta essere insufficiente e settoriale, trattando solo il caso dell’integrazione tra opere d’arte ed edifici. Esistono tuttavia casi positivi in cui l’arte è usata con successo in operazioni che trasformano qualitativamente e stabilmente un territorio. Queste operazioni sono comunque dovute all’iniziativa di pubbliche amministrazioni “illuminate” che investono energia e fondi in questo fenomeno. Sono però vittime di una condizione frammentaria e irripetibile nel territorio, a causa della mancanza di una programmazione unificata.

Esempi positivi in cui la pratica artistica agisce congiuntamente ad altri settori e attiva cambiamenti reali si possono ritrovare in Italia, nella metropolitana di Napoli o a New York, nella High Line. A Napoli, gli ambienti angusti di passaggio delle stazioni metropolitane sono state trasformati da architetti e artisti in percorsi museali. A New York il percorso sopraelevato di una ferrovia dismessa è stato convertito in un parco pubblico con una programmazione artistica annuale.

Questi esempi, come molti altri presenti nel nostro paese e nel mondo, dimostrano l’efficacia dei risultati quando è adottata un’integrazione tra le diverse discipline in campo.

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