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Trama: il capo della compagnia Hudsucker si suicida gettandosi dall'ultimo piano di un grattacielo e i dirigenti dell'azienda cercano un sostituto idiota che possa convincere gli azionisti a far crollare il titolo. La scelta cade sul neo-assunto Norville Barnes che, tuttavia, ha più di un asso nella manica...
Mr. Hula Hoop era uno dei pochi film dei Coen che non avevo ancora visto e, neanche a dirlo, l'ho adorato. Surreale ed esilarante, mi è sembrato uno strano e bellissimo incrocio tra il miglior Fantozzi e Il canto di Natale (o forse è meglio dire di Capodanno) di Dickens, incentrato ovviamente su quel tipico esemplare di perdente tanto caro ai due fratellini. A differenza dei suoi esimi colleghi, però, Norville si distingue per essere un Candido, un'anima pura coinvolto involontariamente in un gioco di potere più grande di lui; il protagonista di Mr. Hula Hoop non cerca il successo facile, non è frustrato né schiacciato da una vita che non ama perché, come viene chiarito all'inizio, è senza esperienza. Senza esperienza lavorativa e, soprattutto, senza esperienza di vita, Norville è un animo semplice che ambirebbe sì ad una posizione alta all'interno della Hudsucker Company ma non si fa problemi a partire dal gradino più basso in quanto dotato di un'idea rivoluzionaria che, ne è consapevole, lo porterà lontano. Saranno poi le esperienze, la cattiveria o la furbizia di chi lo circonda, soprattutto i soldi guadagnati troppo facilmente a perderlo, privarlo del desiderio di inventare cose meravigliose per rendere felici i bambini in primis e trasformarlo in una brutta persona; tuttavia, siccome Norville non si è scavato volontariamente la fossa della rovina per avidità o cattiveria (come invece succede ai protagonisti di Fargo o L'uomo che non c'era, giusto per fare due fulgidi esempi), i Coen decidono di dargli una seconda chance e la possibilità di imparare dai suoi errori, per crescere e diventare un uomo degno di tenere tra le mani il tanto bramato successo, per rimanere SU senza buttarsi GIU', letteralmente e metaforicamente.
Questo delicato racconto di formazione viene gestito dai Coen (coadiuvati nella sceneggiatura da Sam Raimi) in modo bizzarro e particolare anche per i loro canoni, sebbene non manchi una fantastica scena onirica sulle note della Habanera della Carmen che ricorda tanto il sogno del Drugo ne Il grande Lebowski. La regia e il montaggio sono frenetici, soprattutto all'inizio, dove immagini, dialoghi e musiche si susseguono senza soluzione di continuità come se il protagonista si trovasse in un vortice: l'interno dell'azienda, dal caotico ufficio postale fino ai piani alti, sembra uscito dritto da un film di Terry Gilliam e riesce a provocare sensazioni di sconcerto, ilarità ed inquietudine. Proseguendo, la pellicola diventa più un divertito omaggio alle commedie anni '50, non solo per i costumi ma anche per la colonna sonora e le inquadrature (emblematica quella del bacio tra Norville ed Amy), amalgamandosi completamente allo straniante inizio senza che si venga a creare un fastidioso senso di rottura, per poi concludersi con un finale che, nonostante l'assurdità e il palese impianto teatrale del deus ex machina, risulta invece convincente e indispensabile. Ovviamente, anche gli attori sono favolosi. Con quella faccia un po' così, l'allampanato Tim Robbins è un perfetto esemplare di loser Coeniano mentre Paul Newman, il cui carisma con l'età si è accentuato anziché diminuire, è un elegante e spietato squalo della finanza. Chapeau anche a tutti gli interpreti di "secondo piano", tra i quali spiccano caratteristi d'eccellenza come Bruce Campbell, Bill Cobbs e Steve Buscemi, capaci di entrare nel cuore con soli 10 minuti di presenza sullo schermo e, soprattutto, alla bella Jennifer Jason Leigh, convincente dark lady per imposizione, dal cuore tenero come burro. Se, come me, non avete mai visto Mister Hula Hoop, cercate di recuperarlo appena possibile perché è davvero un gioiellino!!!
Dei registi Joel Coen ed Ethan Coen (non accreditato come regista ma come sceneggiatore) ho già parlato qui. Tim Robbins (Norville Barnes), Jennifer Jason Leigh (Amy Archer), Bill Cobbs (Moses), Bruce Campbell (Smitty), Steve Buscemi (Beatnik Barman) e Sam Raimi (che, oltre ad essere co-sceneggiatore, offre anche la silhouette ad uno dei "cervelloni" della Hudsucker che cercano il nome per l'hula hoop) li trovate invece ai rispettivi link.
Paul Newman (vero nome Paul Leonard Newman) interpreta Sidney J. Mussburger. Americano, lo ricordo, oltre che per la sua linea di sughi pronti, soprattutto per film come Lassù qualcuno mi ama, La lunga estate calda, La gatta sul tetto che scotta, Lo spaccone, Hud il selvaggio, Nick mano fredda, Butch Cassidy, La stangata, L'inferno di cristallo, Il verdetto, Il colore dei soldi (per il quale ha vinto l'Oscar come miglior attore protagonista) ed Era mio padre, inoltre ha prestato la voce per il film Cars - Motori ruggenti. Anche produttore, regista e sceneggiatore, è morto nel 2008, all'età di 83 anni.
Il produttore Joel Silver, a capo della Silver Pictures, avrebbe voluto Tom Cruise al posto di Tim Robbins ma, per fortuna, i Coen hanno insistito e vinto la battaglia; il ruolo di Sydney Mussburger, invece, era stato offerto a Clint Eastwood mentre Jennifer Jason Leigh è riuscita a spuntarla su nomi del calibro di Nicole Kidman, Winona Ryder e Bridget Fonda. Per concludere, se il film vi fosse piaciuto recuperate anche Le avventure acquatiche di Steve Zissou, Essere John Malkovich o Ricomincio da capo. ENJOY!
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