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Il Brigante è il podestà

Creato il 19 giugno 2013 da Trame In Divenire @trameindivenire

byon19 GIUGNO 2013

Manifesti in onore di Crocco su muri di Potenza

Manifesti in onore di Crocco su muri di Potenza

L’anima che arde e’ il faro degli uomini che combattono.

Il brigante è come la serpe, se non la stuzzichi non ti morde.

[Carmine Crocco 1830 - 1905]

Carmine Crocco, il brigante liberatore della Lucania, morì il 18 giugno del 1905, dopo essere stato tradito da Papa Pio IX.  In occasione dell’anniversario della morte, sui muri della città di Potenza, sono apparsi questi manifesti che ne celebrano le gesta.  La storia del brigante Donatelli (com’era comunemente chiamato), è emblematica per aver consacrato tutta la sua esistenza alla nobile causa della liberazione della sua terra dagli occupatori: francesi, piemontesi, papalini, non ultimo il regno di Napoli. Per i tipi di Lacaita (Manduria), nel 1995 è stato ristampato un libricino di appena 173 pagine, leggero, avvincente, con alcune foto d’epoca. Vale la pena di leggerlo. Si può serenamente portare in spiaggia. il titolo “Come divenni brigante”, Autobiografia a cura di Mario Proto (docente di Storia delle dottrine politiche all’Università di Lecce), e l’introduzione di Tommaso Pedio (1917- 2000 storico, saggista, avvocato, studioso del brigantaggio). Qui il PDF dell’Autobiografia, per chi non riuscisse a reperire il libro.

A Fasano, 15, 16 e 17 giugno, con la Scamiciata (qui) si è celebrata la vittoria sui turchi del 1678, congiuntamente con i festeggiamenti dei santi partoni, Giovanni il Battista e la Madonna del Pozzo a cui è attribuita la miracolosa sconfitta degli invasori. A quasi 15 anni dall’Operazione Primavera, che mise fine a un fenomeno per darne vita a un altro, quello del continuo assedio al territorio da parte di ogni sorta di speculatori, a Fasano si celebrano quotidianamente ben altri briganti: podestà che al territorio hanno usurpato la patria potestà.

Da una parte boss della malavita e del contrabbando , che si distinsero non certo per essere dei liberatori (oggi risorti imprenditori), ma che ciò nonostante hanno conquistato l’ossequio devoto di buona parte della città. Dall’altra, predatori del territorio, scampati ad arte alla manette di tangentopoli, i quali continuano indisturbatamente a far saccheggio di proprietà, storia, identità (beni comuni compresi), con il menzognero mantra dello sviluppo del territorio e dell’economia locale e il sostegno servile delle istituzioni democratiche. Nel mentre, la città assiste indifferente alla razzia: continuo consumo di suolo a colpi di cemento armato e posti di lavoro a basso costo (da mendicare), per quei pochi [s]fortunati che hanno la [s]ventura di finire tra le grinfie di neo [im]prenditori, affatto illuminati, più simili a vampiri assetati, in preda all’illusione di sopravvivere al tempo.

Il tutto rientra nel discorso della “servitù volontaria” (qui). A quando i manifesti affissi per le vie della città, per onorare i nuovi santi patroni? Pardon, padroni.


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