Autore: Elena Spadiliero Dom, 07/07/2013 - 14:30

La notizia è di qualche giorno fa, pubblicata su La Repubblica, a cura di Massimo Vincenzi: il monumento sorge in uno spazio erboso, tra palazzoni di mattoni rossi, in un luogo denominato Forest Houses. Una ventina d'anni fa si trattava di una zona pericolosa, dove la polizia giungeva spesso per contrastare le lotte fra bande di spacciatori di crack; oggi, l'ambiente è più tranquillo, anche se «la violenza c'è ancora e Manhattan è lontana come un altro pianeta». Il sogno del Gramsci Park comincia un paio d'anni fa, quando Hirschhorn incontra Eric Farmer, a capo dell'associazione residenti di Forest Houses: Farmer non ha mai letto Gramsci e il proposito dell'artista è la buona occasione per farlo. Dopo la lettura, Farmer non solo accetta il progetto, ma addirittura vengono coinvolti i residenti, quindici per l'esattezza, assunti a dodici dollari all'ora, per due mesi.
Appeso alla finestra di una palazzina oggi c'è un lenzuolo bianco, con riportata la massima «Sono un pessimista a causa dell'intelligenza, ma un ottimista per diritto»: Gramsci Park sarà il posto dove le persone potranno incontrarsi e stare insieme, fra concerti e spettacoli. Come affermato da Hirschhorn, «Gramsci credeva nel valore della cultura e dell'insegnamento per liberare gli oppressi. Ecco, se riesco a far riflettere sulla potenza dell'arte e della letteratura, io sono felice. Ho ottenuto quel che volevo». Gramsci Park si configura come un esperimento artistico con un conseguente impatto anche a livello sociale, un luogo di scambio ideologico che allontana, anche solo per un momento, dalle insidie della strada.