Da sinistra: il buono, il cattivo e il matto
Il regista coreano attinge a piene mani dall'immaginario (spaghetti) western e ne riassembla gli elementi con la padronanza sufficiente a creare un prodotto non privo di originalità. Tra inseguimenti adrenalinici sotto il sole accecante del deserto manciuriano, assalti ai treni in piena regola e le immancabili questioni irrisolte tra i personaggi, l'attenzione dello spettatore è sempre stimolata al punto giusto, anche grazie a una regia a tratti nervosa e perfettamente in linea coi ritmi della vicenda.
La forza delle immagini, ricche di colori saturi e abbaglianti, ripaga delle piccole pecche nella sceneggiatura, molto legata - forse un po' troppo - alle opere di Leone, esplicitamente prese a modello anche nell'inevitabile scontro finale fra i tre protagonisti. Un pregio da riconoscere a questo lavoro è lo spostamento dell'attenzione dal personaggio più scontato a quello più improbabile: il buono, ben lontano dal carisma di Eastwood, è un cacciatore di taglie lucido e micidiale col fucile in mano, ma trattenuto e poco espressivo; il matto invece conquista con le sue buffonate, senza mostrare fino alla fine le sue vere potenzialità. Il cattivo e parecchio figo, vagamente emo Lee Byung-heon aggiunge al terzetto l'elemento instabile e spietato che contribuisce a tenere alta la tensione.
Due ore abbondanti di sparatorie all'ultimo sangue e cavalcate tra la sabbia color ocra scorrono bene, decretando il successo di questo divertissement coreano che ammicca all'America senza però inchinarsi al suo cospetto.
Voto: 7+