Edouard Vuillard, Woman Trying on a Hat
Se qualcuno mi avesse detto che avrei fatto un post sui cappelli.....anche se cappelli estivi.....
Mai immaginato.
I cappelli erano quelle maledizioni che le mamme ti inseguivano lungo la spiaggia per metterti e tu scappavi, ti nascondevi, ti vergognavi come chissà che. Erano un attentato al tuo essere grande, voler crescere a tutti i costi.
C'erano le foto di te piccola, al mare, con quei bianchi cappellini di piquet, non proprio alla marinaretta, che quelli lasciamoli alle infanzie dorate degli Agnelli, ma qualcosa di simile.
E poi c'erano quelle estati in cui "tutto ma non i cappelli". Estati di lunghi capelli al vento, nemmeno appuntati e tirati su per evitare abbronzature non uniformi. Capelli che facevano scudo e ombra.
Come sarà che ad un certo punto il sole é diventato troppo, più caldo, più insistente, più difficile a sopportarsi? Estati di spiagge libere, senza ombrelloni, estati di altre latitudini, estati arroventate.
Ed il cappello è cominciato ad apparire anche nel mio guardaroba. Saranno gli anni? Sicuramente; ma è diventato anche divertente trovare una maniera carina e spiritosa per farsi accompagnare da un piccolo pezzo di ombra a rimorchio.
E comincia il gioco. Perché poi, alla fine, uno, di cappelli, non basta mica. Uno te lo scordi, uno te lo bagni, uno lo ricompri strada facendo.
Sarà meglio un falsissimo panama a buon mercato?
o un cappello giapponese comprato a Londra (da Uniqlo)
Che se poi se invece scegliamo un cappello a tesa troppo larga (ma cucito in filo di cotone), per il vento di un'isola, si può sempre improvvisare un rimedio dell'ultimo momento, vagamente ottocentesco, con un pareo (rigorosamente in tinta), occhiali da sole greci,costume francese, crema solare americana..... sorriso italiano —