La notizia ,che circola in questi giorni in rete, è che le concessioni governative sulle miniere di carbone ,date alla cieca a società straniere operanti in Mozambico(cinesi, indiane e australiane), dovrebbero incidere positivamente sul PIL mozambicano tanto da portarlo, per il settore in questione, da 3 a 7 punti di aumento nel giro di soli tre anni.
Ebbene, se questo potrebbe politicamente essere accettabile quale strategia per risollevare le sorti di un Paese uscito disastrato, da pochi anni, da un colonialismo selvaggio (quello portoghese) e da una guerra civile successiva (Renamo eFrelimo), non è così invece come può sembrare per quel che riguarda le condizioni di vita delle popolazioni locali.
E mi riferisco in particolare alla zona nord-occidentale del Mozambico.
Scrive p.Benedetto Bellesi sull'ultimo numero di "Missioni Consolata"(agosto-settembre 2011) che la situazione di quelle aree minerarie (carbone e anche altro forse, di cui spesso lo stesso governo mozambicano è ignaro) è caratterizzata da una specie di corsa all'oro da parte delle multinazionali, perchè il carbone è necessario e indispensabile, ad esempio, alle economie dei Paesi emergenti come Brasile,Cina,India,Australia..
Il risultato è che in territori come quello della provincia di Tete -racconta p.Bellesi- la gente è disorientata, non capisce.
Vede all'improvviso sfilare sotto i propri occhi enormi quantità di auto di lusso, macchinari e automezzi che intasano le strade, ma non riceve da tutto ciò beneficio alcuno.
Semmai c'è un aumento per essa della povertà.
Senza dire che queste industrie non producono lavoro per i locali se non quando si tratta di compiti per bassissima manovalanza ,che non necessitano competenze particolari.
E subito dopo, a lavoro ultimato, segue il licenziamento.
Proprio come è accaduto a chi era stato assunto, a Tete ,dalle ditte subappaltatrici della Vale Do Rio Doce, società mineraria brasiliana.
Cioè circa cinquecento famiglie operaie condannate alla miseria e alla fame.
E poi, per fare spazio alle attività minerarie, non mancano le delocalizzazioni di interi gruppi familiari, spostati dal proprio ambiente in altri,quasi sempre pessimi per condizioni ambientali(clima insalubre) e abitative (case malfatte e precarie).
E sia ben chiaro che la provincia di Tete e anche molte altre ,nel nord del Mozambico, presentano diversi inconvenienti logistici e , come già detto, climatici. E sopratutto mancanza d'infrastrutture le difficoltà di comunicazioni sono notevolissime .
Ora lo sviluppo è sacrosanto. Deve esserci. Quello che non deve esserci però è continuare a depredare l'Africa, in questo caso il Mozambico, peggiorando una situazione già altamente complessa.
Si vorrebbe ricordare ai governanti mozambicani di non svendere a cuor leggero il futuro della propria gente, pur di fare cassa.
E magari anche di incassare in proprio.
Semmai di sforzarsi di trovare invece altre modalità di crescita.Utilizzando la propria gente, facendola crescere a poco a poco e incentivandone tutte le abilità.Nessuna esclusa.
Compresa quella che potrebbe essere strutturata intorno all'economia di villaggio.Un'economia rurale insomma.
Ovviamente ,quando si parla di Africa, non c'è niente di facile e agevole ma il Mozambico è un Paese anagraficamente giovane.
E ai giovani non manca mai una buona dose di coraggio.
Anche quando c'è da sconfiggere quel male terribile che si chiama corruzione.
(nella foto in basso p.Benedetto Bellesi,giornalista e missionarioIMC, a lavoro ,nella redazione di "Missioni Consolata" di Torino)
A cura di Marianna Micheluzzi (Ukundimana)