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Il Cardellino: Molto Rumore per Nulla?

Creato il 23 gennaio 2015 da Dietrolequinte @DlqMagazine
Il Cardellino: Molto Rumore per Nulla?

Quando un'opera letteraria riceve un riconoscimento importante quasi sempre balza agli onori delle cronache e fa bella mostra di sé nelle prime file degli scaffali, mentre tra i nostri amici che amano i buoni libri serpeggia una sola domanda: "Allora, l'hai letto?".

Una piccola curiosità sull'autrice è la sua scelta di impiegare dieci anni per la scrittura di ogni suo romanzo

L'anno scorso il Premio Pulitzer nella categoria fiction è stato vinto da Donna Tartt con il suo terzo lavoro Il cardellino ( The Goldfinch il titolo originale). Una piccola curiosità sull'autrice è la sua scelta di impiegare dieci anni per la scrittura di ogni suo romanzo, anni necessari per la stesura a mano (avete letto bene, scrive il libro con carta e penna) e per la raccolta dettagliata delle informazioni che le servono per comporre le sue storie.

Anche per Il cardellino è stato così, e alla sua uscita il romanzo ha raggiunto i vertici delle classifiche e, come da previsione, è stato acclamato dalla critica; anche in Italia, dove è stato pubblicato da Rizzoli con la traduzione di Mirko Zilahi de' Gyurgyokai.

Eppure l'entusiasmo per Il cardellino ha cominciato gradualmente a scemare, prima con alcune recensioni tutt'altro che lusinghiere pubblicate da giornali autorevoli come il Washington Post e il Paris Review, ed infine con un colpo di grazia dato da un pezzo del Guardian (ripreso in Italia da Internazionale), secondo cui più della metà di coloro che hanno acquistato il libro in formato digitale non lo hanno terminato. Certo, il campione su cui si basa l'articolo è limitato solo a chi utilizza un eBook Reader ed esclude gli affezionati del cartaceo. Inoltre, può darsi che più che la qualità sia stata la lunghezza de Il cardellino a scoraggiare i lettori. Ottocento pagine sono molte e costituiscono un buon deterrente, considerando che oggi la maggior parte dei libri di narrativa è lunga meno della metà.

Personalmente, ci ho messo un po' a decidere di acquistare il volume di Donna Tartt. Mi sono convinta solo dopo numerose puntate in libreria in cui ne sfogliavo distrattamente qualche pagina e leggevo qualche frase a caso prima di ripiegare su qualche opera dall'aspetto più "leggero" ed invitante. Dopo averlo terminato però mi sento di dire che, nonostante la mole potesse far pensare il contrario, lo stile di scrittura non è affatto pesante. Anzi, direi che superata la soglia delle prime venti pagine, il testo scorre meravigliosamente. In altre parole, è tutto in discesa.

Il romanzo racconta la vita del tredicenne Theo Decker. Theo ha perduto tragicamente la madre a causa di un attentato terroristico avvenuto durante la visita di una mostra di pittura in uno dei principali musei di New York. Il ragazzino, presente all'evento, è miracolosamente sopravvissuto, ma l'esplosione sarà l'episodio che segnerà il Prima ed il Dopo nella sua esistenza: rimasto all'improvviso da solo, si troverà a condurre una vita sbandata tra California, New York ed Europa, in cui l'unica costante sarà un segreto ingombrante da cui non riesce (o non vuole) separarsi. Theo diventa tra le pagine un ragazzo e poi un uomo: cresce, si innamora, si perde e si ritrova. Conosce il mondo della droga, l'abbandono, l'amore, ma soprattutto trova la sua dimensione vitale nell'arte che - come è facilmente comprensibile - impregna il suo segreto.

Mi è piaciuto leggere Il cardellino, ma girata l'ultima pagina non ho potuto fare a meno di provare un filo di delusione. Dopo averne sentito parlare così tanto le mie aspettative erano alte, mentre si è rivelato un testo che si esaurisce relativamente in fretta, senza però lasciare niente al lettore se non un vago ricordo di una lettura piacevole.

Sia chiaro, credo che Il cardellino sia un buon libro: la storia è...

Sia chiaro, credo che Il cardellino sia un buon libro: la storia è ben costruita e coinvolgente, i personaggi sono interessanti e ben costruiti, e i dettagli sono minuziosi soprattutto quelli che riguardano il mondo dell'arte.

Buono abbastanza da guadagnarsi un Pulitzer? Non so se mi spingerei ad affermare tanto. Se dovessi basare il mio giudizio sui più famosi, il livello dei vincitori del premio è da considerarsi solitamente molto alto. Basterebbe ricordare opere ormai diventate dei classici come Il buio oltre la siepe di Harper Lee o Pastorale americana di Philip Roth, entrambe avevano qualcosa di più oltre che una trama ben costruita: un messaggio importante. Ed entrambe sono riuscite a trasmetterlo in meno di ottocento pagine.


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