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Il caso Barilla e la campagna “italiani coglioni”

Creato il 14 ottobre 2013 da Lucalo

barilla gay

Calma, mi dico.

Aspetta, mi dico.

Vorrai mica parlare anche tu del caso Barilla o della campagna #coglioni, mi dico.

Conta fino a dieci.

Su, è facile.

Uno, due, treee… uff, ugh, mmm, no, non ce la faccio.

Tanto sarò rapido. Come sempre.

Barilla: uno dei pochi imprenditori della storia d’Italia che riesce a esportare l’eccellenza italiana nel mondo; la stessa persona che non mi fa vergognare quando dall’estero mi chiedono “cosa abbiamo fatto di rilevante negli ultimi vent’anni”; ecco, uno così me lo tengo tutta la vita.

Anche se è razzista, omofobo, sessista e mette le dita nel naso.

Non perché non siano cose disdicevoli – specialmente l’ultima – ma perché i sui difetti sono i difetti di un popolo, non certo delle stravaganze personali.

Fine.

Il caso Barilla e la campagna “italiani coglioni”

Campagna #coglioni: bella campagna virale di un’agenzia di comunicazione che promuove così le sue capacità comunicative.

E ad ogni like, ad ogni risata compiaciuta, ad ogni condivisione, noi ci diciamo: sono proprio un coglione, ecco perché non posso farci niente.

Senti la sensazione di relax? Non ti viene di stenderti con le mani dietro la testa? Bravo, è così che si fa.

Invece di: davvero sono stato così coglione fino ad ora? È il momento di riscattarmi.

E puoi farlo in mille modi: andando via dall’Italia, non votando Berlusconi, trovando una soluzione alla tua vita, creando opportunità per te e i tuoi amici o, nella peggiore ipotesi, pagando semplicemente le tasse.

Se non lo hai fatto fino ad ora vuol dire che hai accettato questi problemi perché, probabilmente, hai avuto in cambio altri vantaggi.

E dunque: altro che coglione, sei davvero un furbetto.

Ecco, scusate.

Oggi mi girava un po’ così.


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