Si può toglierlo dalla zona transiti di Šeremet'evo, ma non dalle relazioni russo-americane
02.08.2013
L'agente della CIA che ha rivelato i segreti del suo ufficio ha ottenuto la possibilità di vivere e forse lavorare, ma non in Ecuador, bensì in Russia. Anche le relazioni degli USA sono uscite dalla zona transiti – il caso Snowden significa che l'epoca del reset è finita. L'inizio della fine del reset fu determinato dalla frase detta da Dmitrij Medvedev a Barack Obama e "sfuggita": "Lo trasmetterò a Vladimir". La trasmissione di mano in mano del tasto "reset " di principio ha immobilizzato le relazioni russo-americane.
E' chiaro che Vladimir, come tutti i "sovietici", ha il proprio orgoglio. Ma il congelamento del dialogo politico esclude la Russia dal club degli stati che prendono decisioni fondamentali. USA e Cina, la "Chimeriсa" [2], restano i paesi che di fatto governano il mondo. La Federazione Russa, nel caso che l'incontro tra Obama e Putin fissato per settembre e avente un significato piuttosto simbolico non avesse luogo, andrebbe nella lontana periferia della politica estera di quella che è ancora la più importante potenza del mondo. Non ci sarebbe oggetto di dialogo, gli accordi su qualche argomento concreto, per esempio la stessa difesa antimissile, finirebbero in un vicolo cieco – cioè, l'attenzione degli Usa si sintonizzerebbe su altri problemi.
Tra l'altro il taglio artistico del ramo su cui si è seduti è uno sport praticato da tempo delle amministrazioni politiche russe. Andrebbe ancora bene se Snowden fosse, secondo una nota formula, "un figlio di puttana, ma un figlio di puttana nostro" [3]. Ma non è un nostro compatriota. Non si può neanche usare nel sistema di operazioni di scambio "abbiamo scambiato un teppista con Luis Corvalán" [4]. E le esitazioni riguardo a cosa fare con questa valigia senza manico ritrovatasi a Šeremet'evo erano visibili a occhio nudo. Secondo l'antica usanza russa, è stata scelta la variante peggiore, offensiva per i partner americani.
Il reset è saltato in aria su una mina meschina, ma le schegge voleranno in varie direzioni nel modo più serio. Si potrebbe ricordare come finì la distensione quasi 40 anni fa. E il paragone non sarebbe in favore del reset – la distensione si ruppe per motivi concreti e seri.Gli americani non hanno mai amato i colloqui con un ordine del giorno non chiaro, nel semplice regime di "shaking hands", la simbolica stretta di mano. Tuttavia a Leonid Brežnev e Richard Nixon, per molti versi grazie al canale Henry Kissinger-Anatolij Dobrynin [5], riuscì portare le relazioni nell'alveo della distensione sulla base di accordi concreti. La distensione fallì per motivi chiari – le trattative per la limitazione delle armi strategiche (SALT-2) furono bloccate, nonostante gli sforzi di Gerald Ford. Anche il regime commerciale di grandissimo favore fu annullato a causa delle rimostranze degli USA verso gli immigrati ebrei provenienti dall'URSS. L'emendamento Jackson-Vanik [6] diventò il simbolo della fine della distensione.
Henry Jackson, Charles Vanik e Edward Snowden sono entrati nella storia per motivi diversi. Ma il risultato si è rivelato all'incirca lo stesso – il raffreddamento delle relazioni tra Russia e USA. Anche se si fossero consigliati con Henry Kissinger, quant'è vero Dio: come se questi, secondo alcune voci, consultasse Vladimir Putin. O almeno con Strauss-Kahn – visto che era a portata di mano, si trovava a Piter [7]. Ma sono rimasti una potenza di periferia problematica che fa il broncio.
Andrej Kolesnikov, "Novaja gazeta", http://www.novayagazeta.ru/columns/59350.html (traduzione e note di Matteo Mazzoni)
[1] Sic. [2] "Chi(na) + (A)merica", termine inventato dallo storico britannico Niall Ferguson e dall'economista tedesco Moritz Schularick per esprimere la "chimera" della simbiosi cino-americana. [3] Così Roosevelt avrebbe definito il dittatore nicaraguense Somoza. [4] In realtà il segretario del partito comunista cileno Luis Nicolás Corvalán Lepe (imprigionato dopo il golpe di Pinochet) fu scambiato con lo scrittore dissidente Vladimir Konstantinovič Bukovskij. [5] Anatolij Fëdorovič Dobrynin, all'epoca ambasciatore sovietico negli USA. [6] Emendamento proposto dai senatori democratici Henry M. Jackson e Charles Vanik che limitava il commercio con i paesi comunisti che violavano i diritti umani. [7] Nome colloquiale di San Pietroburgo.