Il cattivo uso della vittoria ovvero come perdere Roma.

Creato il 04 dicembre 2012 da Cristiana

Dunque ricostruiamo.

Dopo poco di un’ora dalla chiusura delle urne Matteo Renzi ha detto “Ho perso.” Prima volta nella storia della Repubblica che accade. Di solito, in Italia vincono sempre tutti.

Aggiunge anche: “Torno a fare il sindaco e appoggerò Bersani da militante.”

Cosa avrei fatto se fossi stata Bersani? Avrei preso un treno e sarei andata di corsa da Renzi a farmi quel famoso pranzo e a dare l’idea di un partito compatto che non ha subito colpi dopo la violenza con cui si è svolta la battaglia almeno a partire dalle seconde file in poi. Avrei archiviato quei toni, quella separazione, facendola apparire come qualcosa che aveva a che fare con la competizione e non con l’antropologia (tanto per dirla come Camusso e Vendola).

Invece succedono alcune cose che mi hanno indotto al silenzio fino a stasera perché volevo aspettare per capire se erano film della mia stanchezza o trailer del film che andrà in tutte le sale dei prossimi mesi.

Accade che la sera della vittoria di Bersani i bersaniani si riuniscano al teatro Capranica per festeggiare. Ho anche ricevuto l’sms, segno che il comitato usava la banca dati degli sms del partito. Ho pensato, dentro di me: avranno invitato anche noi, di sicuro, ora – esco dal dibattito con Raciti al Fatto Quotidiano – e saranno tutti lì. E’ sicuro. Invece no. Ok, ho pensato ancora, è normale. In fondo ce le siamo date fino a 24 ore fa: smaltiamo, va.

Ma poi oggi è successa una cosa gravissima.

Vedete a Roma non abbiamo una candidatura a sindaco autorevole. Non più. L’avevamo, ma il partito l’ha sfilata e ha mandato Zingaretti a vincere nel Lazio perché ci si aspettava che si votasse subito e bisognava vincere per fare da volano.

Ora pare che si voterà tutti insieme. E a questo punto lo dico pubblicamente: sono per l’election day che in questi tempi di crisi non ci sono soldi da spendere se l’emergenza è solo di un mese. Insomma a pochi mesi dal voto ci siamo ritrovati senza quello che da anni stavamo allevando a fare il sindaco e su cui alla fine eravamo tutti d’accordo, ma proprio tutti.

E si dà il caso che ci siano diciottomila candidature a sindaco e che ogni giorno dei mesi scorsi qualcuno si è alzato, uno per corrente, e si è candidato. Questo per me è un problema del PD ed anche del centro sinistra.

Roma non è Milano. Non è Cagliari. Non è Firenze. Porca miseria, non è nemmeno Napoli. E manco Palermo.

Fa storia a parte.

A Roma comanda Bettini, basta guardare le foto del suo compleanno (trova chi manca è il gioco).

Bettini è lo stesso che ha voluto Ignazio Marino candidato per arginare Franceschini e far vincere Bersani. Ci sono cascata anche io. E’ ora di dirlo.

Bettini è lo stesso che ha partorito Rutelli e poi Veltroni e poi di nuovo Veltroni. E poi Zingaretti segretario del PD Lazio, e poi Zingaretti presidente della Provincia di Roma e poi Gasbarra segretario del PD Lazio (ex vicesindaco del secondo Rutelli, quello in cui il suddetto si è rovinato) ed ora Zingaretti alla Regione Lazio (priva di Roma Capitale, quindi boh) e Gasbarra (così pare) a fare il sindaco con primarie di incoronazione.

Eh, sì, perché a quanto pare oggi sia Miccoli (segretario PD Roma) che Fassina (responsabile Economia e Lavoro del PD) hanno chiesto che i bersaniani del ballottaggio (leggi: PD per Bersani, Sel e PSI, ehm) si uniscano per un’unica candidatura. Ad oggi si conta quella di Sassoli (area Franceschini) e quella di Marroni (area Bersani di fede più o meno dalemiana). Ovviamente si sottindende che entrambi si ritirino a favore del salvatore della Patria: Gasbarra.

Ovviamente le regole per partecipare alle primarie romane di comune e municipi sono un’altra supercazzola per apparati ambulanti come se non avessimo capito che oltre all’apparato di partito organizzato esiste anche quel fantastico momento che è l’uso dell’urna elettorale e che se non usi bene le primarie (vedi Napoli e Palermo) finisce in modo diverso.

Ora due riflessioni:

1) perché chiamare a raccolta i bersaniani e basta? Si parte dal presupposto di scontrarsi anche a Roma contro i renziani?  E’ noto che hanno votato Renzi i candidati a sindaco: Adinolfi, Gentiloni, Prestipino.  Non si può chiamare tutta la coalizione a raccolta e definire un profilo di competenza prima che di appartenenza? A Roma c’è per caso aria di epurazione di quelli che hanno votato Renzi? E’ normale questo in un partito democratico che ha fatto primarie passare dalle primarie ai lunghi coltelli invece che ai forti abbracci? Dite a Dori Ghezzi che l’amore non è ancora scoppiato dappertutto.

2) qualcuno ha capito che oltre alle primarie tra Renzi e Bersani dobbiamo vincere le elezioni? Qualcuno ha capito che a Roma alle primarie ha votato poca gente e tra chi non ha votato c’è chi avrebbe votato Renzi e invece voterà Grillo? Davvero vogliamo ignorare l’istanza di rinnovamento che quel 40% nazionale sta gridando in modo disperato ed è molto meno di quello che in realtà è nel Paese anche per “merito” di regole respingenti invece che includenti?

Per conto mio non mi resta che seguire a ruota due bersaniani DOC che spero scombinino il piano bettiniano (a questo punto della questione tocca parlare chiaro ai romani e mi prendo questa responsabilità). Perciò seguo a ruota Giovanni Bachelet e (udite, udite) Matteo Orfini che insieme a me (e in modo più autorevole) stanno facendo la corte al ministro Barca, persona di grande competenza, il migliore del governo Monti.

Ovviamente dovrebbe essere il candidato della città e non dell’apparato. E, di certo, dovrebbe andare a primarie e dialogare con la città con questo meraviglioso strumento che, quando è usato bene, ha sempre ragione.

Tanto vi dovevo.


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