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Il cavallo di Chiuminatto: la presentazione

Creato il 21 maggio 2013 da Domenico11
Il cavallo di Chiuminatto: la presentazione
[Il mio intervento alla presentazione del libro - Sala consiliare del palazzo municipale, 18 maggio 2013]
Rivolgo un saluto particolare, innanzitutto, ai ragazzi del nostro liceo scientifico. In questi ultimi anni si è creato tra di noi un rapporto speciale, del quale vado fiero, per due motivi: perché il liceo “Enrico Fermi” a me ha dato molto quando ero studente e quindi credo sia giusto, per quello che posso, restituire qualcosa.
E poi perché ritengo che il futuro del nostro paese passa dalle aule delle sue scuole, da quella primaria al liceo, e non può che farmi piacere dare un piccolo contributo per la sua crescita.
Proprio per questo motivo, prima di iniziare, ci tengo a dire una cosa. Tra i relatori, a questo tavolo, oggi ci sarebbe stato certamente il professore Rosario Monterosso, così come era stato presente alla presentazione dell’altro mio libro su Sant’Eufemia. Purtroppo mancherà la sua relazione; a me mancano i suoi consigli e la sua vicinanza, perché con lui, mio professore di storia e filosofia al liceo, ho avuto un rapporto bellissimo, da studente prima e da amico dopo. Il destino ha deciso diversamente, ma consentitemi di dedicare alla memoria del professore Monterosso questa bella manifestazione.
Ringrazio il sindaco Mimmo Creazzo per l’ospitalità di oggi e per l’impegno e la sensibilità verso i temi culturali che stanno contraddistinguendo l’attività dell’amministrazione comunale. Investire nella cultura è sempre un investimento utile, che produce risultati nel presente ma soprattutto nel futuro.
Ringrazio Cosimo Petrolino, che si sta impegnando molto per la crescita culturale del nostro paese: l’ho definito “la goccia che scava la roccia” e spero che gli abbia fatto piacere. Al di là di tutto, anche della simpatia e della stima reciproche, abbiamo già avuto modo di collaborare in diverse iniziative e mi sembra che qualche risultato l’abbiamo ottenuto.
Ringrazio la casa editrice Nuove Edizioni Barbaro, perché non è frequente trovare professionalità del genere nel mondo dell’editoria locale. Parlare degli altri non è mai carino, pertanto dirò soltanto del mio editore, che si è comportato da editore e non da stampatore. Chi ha avuto a che fare con qualche casa editrice sa a cosa mi riferisco. La pubblicazione di questo libro è un’operazione editoriale, voluta da una casa editrice che ha già dimostrato di essere molto attenta al discorso territoriale, alla scoperta e alla valorizzazione dei patrimoni culturali locali. Un’attività che è editoriale, ma è anche culturale e sociale, ad esempio quando produce la ristampa anastatica di opere introvabili, com’è avvenuto in passato con il saggio storico Aspromonte, di Vittorio Visalli, e più di recente con la raccolta di poesie Poco suono di Lorenzo Calogero.
Ringrazio il professore Giuseppe Pentimalli, del quale due anni fa ho presentato, proprio in questa sala, il Vocabolario del dialetto femijotu. Potremmo dire che ci presentiamo i libri a vicenda, ma la verità è più profonda e nasce da un sentimento di stima reciproca e solida, testimoniato dalla partecipazione con la quale l’uno ha seguito il percorso dell’altro.
Ringrazio infine il professore Francesco Arillotta, che molto prima di me si è cimentato in un’opera del genere: la prima edizione di Reggio e le sue strade. Briciole di storia nella toponomastica cittadina, dedicato alla città di Reggio Calabria, risale infatti al 1967. Lo ringrazio per l’intervento di oggi e per la sua prefazione al libro, che costituisce certamente un valore aggiunto perché scritta da uno tra i più autorevoli storici calabresi.
Ho conosciuto il professore Arillotta in occasione del Convegno organizzato dal Comune per il centocinquantesimo anniversario del ferimento di Garibaldi sull’Aspromonte, l’estate scorsa. Proprio in quella circostanza, gli sottoposi alcuni miei dubbi, ai quali con generosità egli diede immediata risposta. Devo a lui il suggerimento di contattare l’archivio storico della Banca Commerciale Italiana, oggi Banca Intesa SanPaolo, per avere informazioni su Giacomo Chiuminatto, che fino ad allora era per me un oscuro signore al quale era stata dedicata una via nel periodo tra le due guerre mondiali, e del quale sapevo soltanto che aveva ricevuto dei finanziamenti dalla Banca Commerciale. Fu così che scoprì che era originario di Genova (Bolzaneto per l’esattezza, al cui ufficio dello Stato civile mi sono poi rivolto per i dati anagrafici) e che era il titolare della ditta che negli anni Venti costruì il ponte sulla ferrovia e la galleria nel tratto eufemiese delle linee taurensi. Da questi primi indizi sono poi riuscito ad acquisire altre notizie e, infine, a collegare il dato storico con l’aneddoto del modo di dire che ha ispirato il titolo del libro (“poti quantu o cavaddu i Chiuminati”).
 
Ma veniamo ai motivi che mi hanno spinto a scrivere un libro sulla storia e sulle storie delle strade di Sant’Eufemia. L’idea mi è venuta dopo il convegno organizzato dal Terzo Millennio e dal liceo scientifico per il 150° anniversario dell’Unità d’Italia (marzo del 2011). Mi ero reso conto che, per la maggior parte degli eufemiesi, i protagonisti della storia locale non sono nient’altro che un nome stampato agli incroci delle strade. Pensai che poteva essere interessante approfondire l’argomento e cercare di realizzare qualcosa di utile per tutti.
Nello stesso tempo, il libro è anche un pretesto per parlare d’altro, non soltanto dei profili biografici dei personaggi illustri di Sant’Eufemia.
A volte si tratta di avvenimenti storici: penso, ad esempio, a via Milano, che rievoca il dramma del terremoto del 1908 e la ricostruzione che ne seguì, per la quale fu fondamentale il contributo del Comitato di aiuti milanese.
Altre volte si tratta invece di aneddoti particolari o semplici curiosità che aiutano a ricostruire il costume di un tempo e che fanno “rivedere” il paese così com’era cinquanta, cento, centocinquant’anni fa: con il suo mercato, i suoi artigiani (penso alla suggestività di via Ferrai), i suoi cinema, il suo sviluppo economico, culturale e sociale.
Altre ancora si tratta di una semplice scusa per riscoprire pagine semisconosciute di letteratura eufemiese: i discorsi di Bruno Gioffrè, i racconti di Nino Zucco, le poesie di Domenico Cutrì, le ricostruzioni storiche di Luigi e Vittorio Visalli, di Pietro Pentimalli, Michele Fimmanò, Vincenzo Tripodi.
Ho impiegato un anno per effettuare la ricerca e per procedere poi alla sistemazione del materiale documentario e bibliografico, all’elaborazione e alla stesura definitiva del libro, che è composto da 106 voci, il totale cioè delle vie presenti sullo stradario attuale e sui fogli di mappa recuperati e risalenti al 1880, 1903, 1955 e 1959.
Devo ammettere che mi sono molto divertito. Recuperare alcune notizie è stata una vera e propria caccia la tesoro: ad esempio, la data di nascita di Ferdinando De Angelis, che ho trovato dopo avere spulciato per qualche ora un registro in latino dei battezzati di fine ’700 custodito presso l’Archivio parrocchiale della Chiesa di Santa Maria delle Grazie; oppure le informazioni su Giacomo Chiuminatto; o, ancora, l’individuazione del luogo e della data di morte di Giovanni Lupini, ai quali sono arrivato soltanto dopo avere visitato il cimitero di Palmi per trovare la tomba che sospettavo lì si trovasse, visto che né l’ufficio dello Stato civile di Sant’Eufemia, né quello di Palmi avevano saputo rispondere al mio quesito.
Dal 1861 ad oggi i nomi di alcune strade sono cambiati, nuove vie sono state aggiunte, di altre addirittura non si ha più notizia. Scomparsi i nomi, cancellate – fisicamente – anche le vie: vico Spersi, via Giardini, vico Orso, vico Innocenti, via dell’Annunziata, vico Miceli, via Cairoli, via Oddone. Vie inghiottite da un’urbanizzazione selvaggia, oppure semplicemente diventate – per “comodità” – vichi o traverse di qualche strada più grande.
Come in tutte le città d’Italia, la toponomastica fascista è stata invece cancellata dopo l’avvento della democrazia, nel secondo dopoguerra: via XXI aprile (il Natale di Roma), via XXIII marzo (giorno di fondazione dei fasci di combattimento), via XXVIII ottobre (marcia su Roma).
Altre volte è stato il caso e la generosità degli uomini a farmi scoprire elementi inediti della storia locale. L’ostacolo maggiore per chi conduce una ricerca è spesso l’inaccessibilità degli archivi comunali. Sant’Eufemia, purtroppo, non fa eccezione. Molte informazioni le ho recuperate all’Archivio di Stato di Reggio Calabria, che conserva le copie dei registri dell’anagrafe. La stessa cosa mi era capitata, anni fa, con i verbali dei consigli e delle giunte comunali tra il 1861 e il 1922. Eppure quelle stesse fonti sono qua dentro, negli scantinati, ma non sono fruibili dalla collettività e corrono il rischio di andare perdute definitivamente.
Veri e propri tesori nascosti. Penso all’atto di matrimonio tra Francesco Cilea, nonno del celebre compositore di Palmi: un medico originario di Pentidattilo, che a Sant’Eufemia sposò una donna eufemiese (Rachele Parisi), il 2 giugno 1822. Un documento che rivela l’origine eufemiese di uno dei più grandi musicisti del Novecento, del quale io mai sarei potuto venire a conoscenza senza la generosità di Totò Orlando, che ringrazio.
Ovviamente, per personaggi come Dante o Cavour c’era poco da aggiungere a quanto già non sia noto. In questi casi mi sono quindi limitato a una sintesi di quanto è possibile trovare altrove, in maniera certamente più approfondita. A meno che la via in questione non avesse qualche “storia” particolare da raccontare, come ad esempio via Roma, con la vicenda della costruzione del monumento del Calvario; o via Maurizio Maraviglia, il gerarca fascista che fu ospite d’onore all’inaugurazione del nuovo palazzo municipale e alla cerimonia d’apertura del nuovo acquedotto comunale, nel 1926.
L’interesse maggiore è rivolto invece agli eufemiesi illustri: Carlo Muscari (uno dei quindici calabresi giustiziati a piazza Mercato (a Napoli) dopo il fallimento della rivoluzione napoletana del 1799 e la caduta della Repubblica Partenopea; Ferdinando De Angelis Grimaldi, graduato dell’esercito borbonico, napoleonico e nuovamente borbonico ai primi dell’Ottocento, guardia urbana e sindaco di Sant’Eufemia negli anni Quaranta, comandante dell’esercito della Terza Divisione calabro-siculo durante i moti del 1848 e in quanto tale condannato a morte in contumacia; Michele Fimmanò, protagonista assoluto della storia politica e amministrativa del comune di Sant’Eufemia per sessant’anni; Luigi Cutrì, maggiore dell’esercito ed eroe della prima guerra mondiale; Bruno Gioffrè, medico condotto, poeta e testimone diretto del terremoto del 1908; Vittorio Visalli, lo storico più autorevole del Risorgimento in Calabria.
La riflessione sul passato richiede però qualche considerazione sul presente. Non possiamo infatti nascondere che la toponomastica attuale è molto datata e che andrebbe aggiornata. Non per cancellare nomi e storie che ci appartengono, come è stato incautamente fatto nel passato. Siamo fermi al secondo dopoguerra, ma nel frattempo il mondo, l’Italia, la Calabria e anche Sant’Eufemia hanno prodotto personalità che meriterebbero di essere ricordate, in tutti i settori della società.
Non è mai simpatico fare il giochino dei nomi e non lo farò; dico soltanto, però, che è inconcepibile che a Sant’Eufemia vi sia una sola strada dedicata a una donna, via regina Margherita: e c’è perché si trattava della regina d’Italia e perché il mito della moglie del sovrano Umberto I è stato fortissimo tra Ottocento e Novecento.
Allo stesso tempo, non posso fare a meno di evidenziare alcuni errori imperdonabili, che non sono solo quelli di confondere il cognome Settimo (via Ruggiero Settimo) con l’ordine di una improbabile successione dinastica.
Trovo infatti discutibili alcune decisione prese nel passato. Ad esempio, la cancellazione di piazza Aid Committee e con essa quella di un pezzo importante della nostra storia: quella dell’emigrazione eufemiese. Una storia che la crisi economica attuale ripropone in maniera drammatica e che noi eufemiesi sentiamo sulla nostra pelle, perché sono tantissime le famiglie smembrate dall’emigrazione.
Chi fa ricerca storica sa bene che la storia non è mai scritta per sempre, una volta per tutte. Basta un’informazione inedita, un dato storico, una semplice curiosità per vedersi spalancare nuovi scenari. Ecco perché nessuno può affermare di avere scritto la Storia con la S maiuscola.
Ognuno di noi scrive la “propria” storia, sulla base delle proprie conoscenze e della propria sensibilità. Solo i presuntuosi pensano il contrario, perché non hanno la consapevolezza di essere soltanto gli artefici della ricostruzione di un pezzo di una storia molto più vasta delle nostre piccole vite e di ciò che la stessa ricerca storica riesce a portare alla luce.
È questo il senso ultimo di questo libro, che poi è uguale al senso del libro sulla storia amministrativa e politica di Sant’Eufemia, al senso dei libri scritti da chi mi ha preceduto e da quelli che scriveranno coloro che verranno dopo di me.
Il libro è la tessera di un mosaico più grande, che è la storia di Sant’Eufemia. Dare il mio contributo per ricostruirla e restituirla agli eufemiesi (uso volutamente il verbo “restituire”, perché la storia è di tutti, non di chi la scrive) è per me motivo di grande orgoglio.

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