Il Cinema di Henri George Clouzot
A Cura di Stefano Giorgi
Edizioni: Il Foglio Letterario
Pagine: 135
La raccolta di saggi, Il Cinema di Henri George Clouzot, edizioni Il Foglio Letterario, curata da Stefano Giorgi con saggi di Nicolas Condemi, Mariangela Sansone, Diego Baratto, Marco Giacinti, Riccardo Ventrella, Emanuele Rauco, Laura Molinari, Gianluca Pulsoni, Giordano Giannini, Matteo Berardini, Fabio Zanello e, ahivoi, anche del sottoscritto, ci permette di completare un discorso iniziato il mese scorso con il primo volume di Visioni Proibite del dinamico duo Curti/Di Rocco.
Come osserva Giorgi nell’introduzione, Clouzot, per quanto considerato maestro incontrastato nel noir d’Oltralpe e abbia portato al Mondo almeno un capolavoro indimenticato, o almeno impostosi come tale, è effettivamente scomparso tra le cronache, quasi come avviene agli autori sopravvalutati. Perché Truffaut (che ha fatto tante grandi cose come autore e come critico, tra cui scoprire Hitchcock per il genio che era, ma ha fatto anche tanti, tanti danni a causa della sua lingua) lo accusava? Perché i Cahiers du Cinema lo detestarono? Non certo per il suo caratteraccio. La causa fu la sua poetica, o per meglio dire, la sua visione. Clouzot fece peggio dei cosiddetti registi fascisti che mandavano in bestia i critici francesi che non trombavano mai, e i loro colleghi italiani che li imitavano sia nelle manifestazioni di dissenso che nella vita sessuale. Clouzot si espose volontariamente alle accuse di misoginia, e lo fece in una maniera talmente estrema che nessuna libidine repressa hitchcockiana prima, e nessun delirio carnale argentiano dopo, avrebbero raggiunto questi livelli di ambiguità. Henri George tuttavia amava le donne, le amava talmente tanto da dover raccontarne il calvario emotivo al quale la società le esponeva, trasformandole in mostri, loro malgrado.
Per capire di cosa parliamo ci viene in aiuto l’esempio di una giovane attrice porno italiana: Valentina Nappi. La giovine intraprendente, oltre a accogliere svariati atti di libido verso il proprio corpo come è in uso nel suo mestiere, ha creato un manifesto, forse per pubblicità, predicando il sesso libero. Niente di nuovo sotto il sole, anzi abbastanza banale, non fosse altro che la Nappi supera certi limiti e parla con veemenza di psicopatologia dello stupro, secondo la quale la violenza sessuale è un atto traumatico solamente per il ruolo che ricopre la donna all’interno della società, un ruolo sottomesso talmente radicato da renderla vulnerabile. Tanto è vero che lo stupro maschile da parte di una donna non è contemplato. Un messaggio forte, magari gettato lì, ma dopotutto veritiero. Certe affermazioni destabilizzano, anche chi scrive, il che è tutto dire, e se è una donna a dirle fa un certo effetto. Perché ci sono degli argomenti, delle immagini, delle scene che non è permesso mostrare, nominare, toccare, pena l’ammissione di vivere in una società maschilista che per sadismo ha oppresso la donna per millenni, l’ha resa schiava, l’ha resa ribelle e alla fine l’ha costretta, per reazione, a usare un potere subdolo per sopravvivere e per punire l’uomo: la seduzione. Questo è Clouzot. Un cinefilo affascinato dalla morte, interessato alle dinamiche di coppia che spingono verso i paradossi, alla ricerca del centro del vortice delle proprie ossessioni.
Come tutti i grandi autori amava il conflitto morale, e forse lo viveva egli stesso, e lo esprimeva con il cinismo di un autore che sa di essere contro tutti. La donna di Clouzot è il prototipo di centinaia di anni di abusi sociali, di ipocrisie universalmente accettate e di una colpa atavica che risponde al nome di sesso. Da qui le accuse di misoginia, una parola con la quale bisogna stare attenti, perché il disprezzo, la frustrazione verso la donna, l’odio per la figura muliebre è ovunque, dietro l’angolo come la frustrazione più diffusa nell’individuo moderno, sia esso un predatore sessuale che una vittima sentimentale. Una debolezza che Clouzot forza verso il passato, cercando la risposta per tanti cuori infranti, e la risposta è in altrettanti cuori infranti e in una forma di Guerra Fredda tra i due sessi che, ancora oggi, miete vittime. Nessuno è stato capace di vederlo, e Clouzot morì solo. Il saggio di cui sopra può essere una buona occasione per aprire questo vaso di Pandora, o semplicemente per godere di un altro autore visionario che sapeva raccontare con la camera i segreti che non si possono rivelare neanche a se stessi.
Gianluigi Perrone