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Il ciuchino canterino

Da Fiaba


Lunedì 11 Febbraio 2013 20:52 Scritto da Martilla

ciuchino-canterino
Aldo Ciuchino era proprio un asinello tranquillo: era così pacifico, così beato. Mangiava tanto e si faceva lunghe trottate solitarie in giro per la campagna, a godersi i tiepidi raggi del sole osservando nel cielo il volo degli uccelli e le scie degli aerei.

Aldo Ciuchino amava masticare margherite e assopirsi nei campi di papaveri, cullato dal ronzio di un’ape lontana.

Ma non ragliava.

Da che era nato non aveva ragliato nemmeno una volta, nemmeno un raglio timido.

Aldo Ciuchino non emetteva alcun suono. Muto.

Gli altri asinelli della fattoria, perplessi, avevano finito per escluderlo dalla loro combriccola, perché con lui non si poteva far conversazione.

Aldo Ciuchino ne fu molto dispiaciuto, all’inizio: che noia ruminare da solo, che noia passeggiare da solo!

Poi, però, fece buon viso a cattivo gioco e cominciò ad apprezzare la molle dolcezza della solitudine. Ciuchino divenne un brillante pensatore, non faceva che meditare e meditare, fare lunghi monologhi dentro di sé, compiacendosi del suo acume.

Ma non ragliava.

Ora, non che il raglio sia un verso piacevole a sentirsi, anzi, però ciò era strano, molto strano.

Bruno il contadino non vide mai il mutismo di Aldo Ciuchino come un problema. Tutt’altro: i versi degli animali, soprattutto degli asini, gli provocavano dei terribili mal di testa, e Fosco era costretto a coricarsi sul letto nella penombra, con una pezzuola fresca sulla fronte, e silenzio assoluto.

La di lui sorella Brunilde, donna tutta d’un pezzo, aveva invece preso molto a cuore il caso di Ciuchino. Un asino che non ragliava non era un asino normale, e anche se il raglio degli asini era fastidioso, chi se ne importa: Aldo doveva ragliare.

Così Brunilde aveva escogitato tutti i modi possibili per strappare a Ciuchino almeno un raglietto.

Gli aveva fatto prendere degli spaventi incredibili, punto il sedere con uno spillone, fatto il solletico con una piuma sotto le narici, gridando in mezzo all’aia come un ossessa, accendendo fuochi tra le balle di fieno, ma niente. Ciuchino proprio non ragliava. Se si spaventava, il massimo che faceva era sobbalzare e strabuzzare gli occhioni pacifici, per poi riaccoccolarsi nel suo silenzio sognante.

Allora Brunilde era giunta a una conclusione: se Aldo Ciuchino non ragliava, significava che aveva subito un trauma quando era piccolo.

Si ricordava infatti, vagamente, di certi asinelli buttati in vasche d’acqua gelata per farli ragliare. Un po’ come quando i neonati non piangono, che bisogna dar loro dei buffetti sul sederino.

Con Ciuchino non aveva funzionato: invece di ragliare, per lo spavento si era azzittito.

“Chissà perché a Brunilde interessa tanto quell’asino” si chiedeva il fratello Fosco “ in fondo non è che un asino, e se non raglia tanto meglio!”.

Ma la sorella aveva avuto un’idea, una grande idea.

Una volta a settimana, Brunilde toglieva grembiule e stivali di gomma, e andava in paese col tram a farsi bella dal parrucchiere. Era il suo vezzo: levava i panni della contadina per indossare quelli da signora.

Si faceva fare i ricci, fissati da una generosa quantità di lacca; si faceva fare la manicure e la pedicure. Il suo smalto preferito era quello rosa pesca, la sua estetista di fiducia glielo applicava sulle unghie dei piedi, ammorbiditi dalla crema al balsamo d’eucalipto.

-Aah, questa pomata è portentosa- gongolava sempre Brunilde.

-È fatta con l’eucalipto, ne sono tanto ghiotti i koala!- rispondeva sempre Licia, l’estetista.

e un tiepido giorno di aprile Brunilde si trovava proprio dal parrucchiere, sotto al casco, in attesa di completare la messa in piega. Sulle spalle aveva la sua solita mantellina a fiorellini, alla sua destra una pila di riviste di moda e pettegolezzo. Brunilde si stava per assopire, quando l’occhio le cadde su un trafiletto in fondo alla pagina.

Una veterinaria svedese, Torvi Torvaldsen, sorrideva occhieggiando dalla pagina. Era stata fotografata accanto a uno splendido asinello molto simile ad Aldo Ciuchino. Sulla groppa del ciuco troneggiava un bimbetto di pochi anni, tutto allegro, e i genitori lo guardavano estasiati.

“…La scoperta di Götilda è stata risolutiva” spiegava la dottoressa “grazie a lei molti bambini sono tornati a sorridere, e con molto impegno e qualche sacrificio stiamo ultimando la realizzazione di un centro specializzato nell’assistenza di bimbi con problemi. E tutto con la pet therapy!”.

Brunilde non aveva idea di cosa fosse questa pet therapy, ma era merito di Götilda, un’asina da latte svedese, se alcuni bambini con problemi di timidezza erano riusciti a guarire. Pare che l’asinella fosse molto morbida e docile e i bambini, accarezzandola e dandole da mangiare, erano diventati più allegri e chiacchierini.

Un turbinio di idee e pensieri attraversavano la mente di Brunilde, durante il ritorno a casa.

La sera, davanti a un piatto di pasta e lenticchie, quasi non toccò cibo.

-Certo che sei strana- aveva commentato il fratello Bruno.

L’indomani prestissimo, Brunilde era corsa in paese, chiedendo insistentemente di essere ricevuta dal sindaco pur senza appuntamento.

Dopo aver preso la segretaria per sfinimento, Brunilde si era fiondata nelle stanze del sindaco Pelloni, sventolandogli sotto al naso la pagina strappata del giornale con l’articolo sulla ciuchina svedese.

-E lei vorrebbe fare una cosa del genere qui? Con Aldo Ciuchino? Ma lei è pazza! Ha idea di quanto ci verrebbe a costare? Non se ne parla assolutamente!-

Ma a forza di dai e dai, Brunilde la spuntò, e le fu concesso di organizzare la sua fattoria per accogliere l’intervento di un veterinario e una serie di suoi assistenti per la cura di bimbi con, parole del medico, “problemi di socialità”.

Ebbene, Aldo Ciuchino si mostrò subito all’altezza della situazione. Amava stare con i bimbi: chi lo accarezzava, chi gli faceva i grattini dietro le orecchie, chi lo abbracciava a cavalcioni, chi gli offriva fieno e carote.

Ben presto fu creato un bel percorso guidato per i campi, con Ciuchino e il veterinario che portavano i bimbi a fare lunghe lunghe passeggiate tra i papaveri, e facevano merenda. I genitori dei piccoli erano entusiasti, e ben presto le attività con Ciuchino rientrarono in un programma scolastico di educazione e rieducazioni dei bambini delle elementari.

Brunilde e la sua fattoria divennero famosi, e anche il sindaco Pelloni dovette ricredersi.

Aldo Ciuchino stava benissimo, e continuava a non ragliare, ed era un bene, per non spaventare i bambini. Però rideva: faceva certe risatine soffocate, un vero spasso.

Ma le sorprese dovevano ancora arrivare.

Era un pomeriggio di maggio.

L’aria era tiepida e profumata, il sole scendeva dolcemente, tingendo il cielo di rosa.

Un venticello leggero piegava le margherite.

Aldo Ciuchino incedeva lentamente, portandosi a cavalcioni un bimbetto che avrà avuto sì e no sei anni. In mezzo alle margherite Ciuchino si era fermato, aveva fatto scendere il bimbo, e si era seduto sull’erba.

Veterinario e compagnia avevano steso una bella tovaglia quadrettata per la merenda pomeridiana, a base di frutta e ciambella.

Aldo Ciuchino, dentro di sé ammirava quel principio di tramonto con cuore traboccante di gioia. Mai aveva assistito a uno spettacolo di tale bellezza. Inspirò ed espirò l’aria colma di promesse, e si sentì più leggero.

Bastò una carota particolarmente dolce, del fieno particolarmente croccante.

E Ciuchino cantò.

Un canto limpido e melodioso riempì ogni angolo della campagna, echeggiando oltre le colline e le montagne, invadendo i paesi limitrofi come un fiume in piena.

Uno stormo di usignoli si levò, rispondendo al gorgheggio.

Poco lontano, Fosco era nel bel mezzo del pisolino pomeridiano.

Fu svegliato di soprassalto da quella voce argentina e cascò dal letto.

Brunilde stava spalando letame nella stalla e, avvolta dal tepore di quel canto superbo, abbandonò il badile e si lanciò fuori, verso il recinto dei ciuchini.

-Avete sentito anche voi, vero?- chiese agli animali.

“ Abbiamo sentito eccome” pensò la ciuchina Susanna, che stava per essere munta.

-Credo di sapere chi è- continuò Brunilde, con aria sognante. Individuando la direzione da cui proveniva quella splendida voce, indovinò subito che si trattava di Aldo Ciuchino. In cuor suo, Brunilde aveva sempre saputo che quell’asino era speciale, e che non ragliava perché non ne era capace. Ma aveva una voce da tenore!

Nei giorni successivi un gran trambusto si seminò per la campagna e il paese.

Brunilde e i sostenitori di Aldo Ciuchino erano molto preoccupati: come tenere nascosta la formidabile dote di Ciuchino evitando che sciacalli assetati di guadagno ne facessero un fenomeno?

Brunilde ebbe un cupo presentimento, e un pomeriggio abbandonò in fretta e furia il consiglio che si stava tenendo in una saletta dello studio di veterinaria, e corse alla fattoria, cercando il fratello Fosco.

Non lo trovò.

In effetti era periodo di fiera, e Fosco era ghiotto di dolci: di sicuro era andato a fare incetta di mieli, marmellate, dolci caserecci.

“Uffa, che egoista, mai una volta che mi aspetti per andare assieme”, pensò Brunilde “a me che farebbe tanto comodo dare un’occhiatina ai pizzi e ai merletti, e agli splendidi lavori a tombolo! Per non parlare delle lenzuola e delle tovaglie ricamate a mano che fanno le suorine di Sant’Agricola!...”.

Qualcosa di insolito però nell’aria c’era. Che cosa?

Uno strano ordine regnava in casa.

Una strana atmosfera aleggiava nell’aia.

“Vado a dare un po’ di becchime alle galline” decise Brunilde.

-Co co coooo, cochì cochì!-  le galline arrivarono a frotte, pigolando e svolazzando, a beccare avide.

-Un momento, però…- mormorò Brunilde, avvicinandosi alla stalla.

Il posto di Aldo Ciuchino era quello sulla sinistra, appena all’ingresso.

Ed era vuoto.

Dov’era Ciuchino?

“Oggi non era prevista nessuna attività coi bambini…” pensò Brunilde, smarrita.

Rincasò e prese il telefono. Compose il numero dello studio del veterinario Spinaci.

Al terzo squillo rispose la voce stentorea del medico. Non era giorno di appuntamenti. Nessuno dei suoi collaboratori era impegnato con Ciuchino.

Brunilde balbettò un saluto e riattaccò.

Corse fuori, fino al recinto dove abitualmente iniziava il percorso di Aldo Ciuchino con i bambini. Non c’era nessuno.

-Dov’è finito Ciuchino?- si chiese da sola Brunilde, in mezzo ai campi.

Ritornò il tetro presentimento di poco prima.

Ripensandoci, quella mattina il fratello Fosco le aveva chiesto se quel giorno Aldo Ciuchino fosse impegnato con i piccoli pazienti.

Brunilde aveva notato che da parte del fratello era una richiesta strana, dato che non si era mai interessato a quell’asino.

Ma ora che Ciuchino non si trovava, Brunilde collegò la sua sparizione a quell’insolito interessamento di Fosco.

Fece velocemente quattro o cinque telefonate, e in poco tempo riunì alcuni vicini di casale e il veterinario Spinaci, e tutti assieme si avviarono verso la fiera, con la stessa sensazione di urgenza che incombeva su di loro.

Il peggio doveva ancora arrivare.

Nessuno sapeva, ma adesso Brunilde sospettava, che Fosco, zitto zitto e quatto quatto, aveva organizzato il peggiore inganno che un contadino ordire.

In silenzio, in solitudine, aveva avuto un lampo di genio che gli avrebbe riempito le tasche in fretta e senza sforzo.

Il canto melodioso di Aldo Ciuchino era stato per Fosco una rivelazione.

“Quello stupido somaro è un pozzo di quattrini” aveva pensato tra sé e sé, fregandosi le mani.

E non ci aveva pensato due volte: si era presentato presso la sede del Comune, per proporre al sindaco Pelloni un affare imperdibile, che avrebbe portato al paese fama e prestigio, perciò turisti, e quindi denaro.

Il sindaco non se lo era fatto ripetere due volte e aveva sguinzagliato certi suoi scagnozzi che, approfittando dell’assenza di Brunilde e dei vicini, impegnati col lavoro nei campi, avevano prelevato Ciuchino contando sul fatto che il poverino non avrebbe mai potuto ragliare, e quindi avvertire del rapimento.

Impossibile, del resto, che si mettesse a cantare: chi avrebbe cantato al proprio sequestro?

Il povero Aldo Ciuchino, avvertendo il pericolo, si era messo a fare dei mugolii strozzati, tremante e spaventato, ma non aveva potuto sottrarsi all’effetto del sonnifero che, con un siringone conficcato sul sedere, aveva agito in fretta.

Il povero Ciuchino si era trovato in bella mostra su una piattaforma al centro della fiera.

Fosco, accalorato, attirava la folla annunciando a squarciagola la prodigiosa esibizione canora di un asino che emetteva un canto superbo, attirando curiosi a frotte, e facendo furbescamente pagare il biglietto per sedersi.

Il sindaco e gli organizzatori della fiera, compiacenti, collaboravano solerti.

Ma Ciuchino non cantava. Intimidito, si guardava la punta delle zampe e taceva, ancora un po’ spaesato per via dell’effetto del sonnifero, non del tutto svanito.

-Allora?- sibilò Fosco, senza farsi notare- che aspetti? Canta, stupido asino!- e gli sferrò un calcio negli stinchi.

Il povero asinello mugolava singhiozzi afoni e strozzati, tremando e piangendo.

“Questa non ci voleva, proprio non ci voleva” disse a denti stretti Fosco, paonazzo in volto, accigliato.

-Lei e le sue idee geniali- commentò il sindaco Pelloni, velenoso e stizzoso- ben mi sta, così imparo a dar retta ai cialtroni!-

Tra il pubblico di spettatori perplessi si levò un flebile brusio, che poi divenne un animato vociare, e poi un coro di fischi e di “buu”. Alcuni contadini si alzarono, indignati, gettando a terra con rabbia il cappello.

Altri stracciarono il biglietto e si diressero di gran carriera dal sindaco reclamando il rimborso dei soldi.

In quel mentre, nel caos generale, arrivarono trafelati Brunilde e compagnia bella, a bordo del camioncino del giardiniere.

-Eccolo!- gridò Brunilde, indicando Aldo Ciuchino, quanto mai confuso.

Come una furia Brunilde, seguita dal veterinario Spinaci, si avventò sul sindaco Pelloni.

Schiumava di rabbia.

-Lei! Vile, fetido, lurido impostore! Lei, traditore e ladro!- Brunilde diede fiato a tutta la voce che aveva in gola.

Il veterinario Spinaci afferrò il sindaco per la camicia, pronto anche lui a rovesciare la sua buona dose di rimproveri.

Il sindaco Pelloni era viola di vergogna, come una melanzana. Balbettava frasi sconnesse e sudava a catinelle.

Brunilde andò alla ricerca del fratello Fosco che, approfittando del trambusto, aveva cercato si squagliarsela.

Brunilde corse a perdifiato per tutta la fiera, ma non era facile individuarlo in messo a quella folla.

-Aha- disse a un certo punto Brunilde- vecchio acido e goloso……-

Si diresse verso una lunga tavolata sulla quale erano esposte le migliori prelibatezze dolciarie del mondo. Un enorme budino di cioccolato si stava sciogliendo sotto il sole del pomeriggio. Del gelato al pistacchio sgocciolava sopra la punta di uno stivale che sbucava da sotto un’ampia tovaglia azzurrina.

-Vieni fuori se ne hai il coraggio, fratello codardo! Codardo e goloso!-

Uno strascicare e poi l’emergere di una testa liscia e tonda.

Poi un’aria contrita.

Fosco gattonò allo scoperto. Si aggrappò alla gonnellona di Brunilde e implorò pietà, singhiozzando come un bambino.

-Pietà, sorella mia, pietà- blaterò tra i singulti.

-Pietà un corno!-

-Per favore!-

-Lacrime di coccodrillo, le tue? Cosa credevi di fare? Arricchirti alle mie spalle con un povero animale innocente? Vergognati, scimunito d’un fratello!-

-ma no, ma no, cosa vai dicendo, cosa vai a pensare! Sono sempre stato in buona fede, io…-

“Buona fede? Te la do io la buona fede…”, pensò Brunilde.

Fu con immensa gioia di tutto il paese che Aldo Ciuchino poté riprendere la sua terapeutica attività. I percorsi con i bambini ripresero a tutto spiano, e Ciuchino continuava a non ragliare. Da quando Fosco era stato costretto a provvedere all’igiene e alla pulizia dell’asinello, poi (con certe occhiatacce eloquenti e implacabili di Brunilde..), il manto di Aldo Ciuchino era più lucido e più liscio che mai.

La sua vera consacrazione, però giunse inaspettata col tepore dei primi raggi di un sole di giugno, quando don Florino, il parroco, si presentò accaldato e rubizzo al casale di Brunilde.

-Stiamo organizzando, con i bambini del catechismo, un concertino d’estate, un piccolo saggio, insomma un pomeriggio di canzoni e merende con le famiglie e chiunque del paese voglia partecipare. Visto che è giugno e fa calduccio, pensavamo di allestire un palco all’aperto, magari nei campi qui intorno..-

-Oh, ma che bella iniziativa, don Florino!- esclamò entusiasta Brunilde e, vedendo che il prete indugiava, come se avesse una richiesta da farle ma se ne vergognasse, lo incoraggiò:- Potrei esserle utile in qualche modo? Mi rendo disponibile a preparare merenda e panini e quant’altro per il rinfresco!-

-La ringrazio di cuore, donna Brunilde, ci sarebbe in realtà un’altra cosa…-

-E sarebbe? Coraggio!-

-Mi chiedevo, ecco, dato che è in preparazione un repertorio di canzoni e i bambini si stanno preparando con così tanto entusiasmo, con così tanta diligenza… Mi chiedevo…. Se l’amico Aldo Ciuchino fosse interessato a entrare a far parte del coro… ne saremmo tutti entusiasti…-

-Oh, ma è favoloso, favoloso!- Brunilde batteva le mani dalla contentezza- sono sicura che Ciuchino ne sarà entusiasta!-

Già l’indomani, Brunilde con un pio di veterinari portò Aldo Ciuchino alle prove con il coro dei bambini del catechismo. Data l’impossibilità di far entrare Ciuchino nella saletta dell’oratorio, si spostarono tutti all’aperto, nel cortile retrostante e, su brillante proposta di Amelio, che stava terminando il noviziato ed era giovane e traboccante di entusiasmo, si invitarono tutti i paesani ad assistere alle prove, e fu improvvisata una merenda con pane e marmellata, pene e olio, pane e salame, e una partita di calcetto tra chierichetti e contadini.

Ciuchino cantava melodiosamente il “Salve Regina”, ma anche “Svegliati Sion”.

Venne il giorno del saggio di canto.

I parrocchiani erano in fermento, così come i bimbi del catechismo, affiancati dai ragazzi più grandi e dagli organizzatori del campo estivo.

Erano state disposte le sedie e le panche della chiesa sul prato, in colonne ordinate, e su un lato troneggiavano due enormi tavoli di legno con ogni vettovaglie e bevande, e salumi freschissimi provenienti dalla Sagra del Culatello, che non aveva voluto mancare di omaggiare con del salame profumato l’esordio di Ciuchino.

Don Florino era emozionatissimo, non aveva mai presieduto a un saggio così sentito, e la presenza dell’asinello canterino lo colmava di un sentimento di pienezza e carità cristiana molto vicino all’estasi mistica.

Proprio una confraternita di francescani, quelli della chiesa di San Giuseppe, presenziò con gioia e pane fresco alla rappresentazione. Che buffi, tutti coi sandali, la barba lunga e il saio marrone.

Calò il silenzio.

Un celestiale coro di voci bianche si levò come brezza e si colorì in un meraviglioso afflato, intonando il Te deum mentre una voce melodiosa e riconoscibile tra tutte faceva il controcanto.

Le signore delle prime file, già commosse, cominciarono a inzuppare i fazzoletti, e tutti i contadini levarono il cappello.

L’atmosfera era perfetta, un che di angelico e azzurro aleggiava sul pubblico di paesani, fino a conclusione dei primi quattro pezzi di repertorio.

A coronare il trionfo finale una sarabanda di canzoni moderne, imparate di straforo dai bambini su fogli allungati di nascosto da Amelio, inguaribile amante del puro rock, con accompagnamento del basso di un noto chitarrista del paese.

Florino, ignaro di tutto, se sulle prime stentò a trattenere un certo disappunto, si ritrovò con suo immenso stupore a tenere il ritmo con mani e piedi.

Ma l’acuto di Ciuchino, il gorgheggio finale, il virtuosismo vocale che da molto tempo covava nella sua ugola oro, proruppe come un fuoco d’artificio e levò in piedi la folla di spettatori in visibilio.

L’applauso non finiva più.

Amelio fece un balzo sul palco di legno, che scricchiolò sotto la sua stazza. Brunilde, in prima fila, sventolava un fazzoletto rosso e acclamava a gran voce l’asinello. Don Florino fu trascinato al centro, tra i bambini e accanto ad Aldo Ciuchino, per godersi l’ovazione del pubblico. Un enorme mazzo di fiori e un enorme sacco di biada premiarono tanto lavoro.

Ora di pappa. Il paese si assiepò attorno ai tavoli del buffet, mentre i bambini si sparpagliavano sul prato, tra palloncini e aquiloni, gridando e schiamazzando allegri.

La festa durò fino a ora di cena quando Florino, stanco e con i piedi gonfi, ma ancora carico di felicità, propose una pizza sotto le stelle, con lanterne e zampironi.

Le pizze sfornate da Gennarino, il migliore del paese e più bicchieri di Lambrusco placarono gli animi e diffusero la giusta sonnolenza.

Aldo Ciuchino già da tempo dormiva, esausto, nella sua stalla, piacevolmente rinfrancato dalla biada fresca dopo un pomeriggio di esibizioni.

E accadde l’imprevedibile.

Nel sonno, denso e innocente come un bambino, Ciuchino ragliò.



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