Io sono l’uomo il cui corpo è tortura, la cui anima è tortura.La testimonianza della mia vita passa attraverso la parola scritta.La mia sofferenza ha le forme di un diavolo cornuto, o di una fanciulla danzante.Ho cercato l’amore e ho trovato la morte.Tu sei fuoco, le tue vesti sono fuoco; come posso proteggermi da te?Il mio spirito dimora in monasteri sorti sul nulla.La mia melodia è un canto che viene dalle viscere della terra, dalle viscere degli uomini.La mia morte è arrivata bruscamente, come quella dell’agnello sacrificale.I.L’opera
la ricostruzione della vita di Sayat Nova, ashug armeno, per simboli, evocazioni, suoni e colori. il regista- lo chiarisce nel prologo scritto- usa come strumento l’universo di segni e metafore che hanno reso immortale il nome del poeta. le inquadrature sono dei tableau vivents che intrecciano- in un connubio armonico di eversiva potenza- la tradizione locale, la musica, le rime, gli episodi. è come vedere all’opera un circo di freaks toccati dal divino: si mescolano musiche folkloristiche, oggetti d’uso comune, arte povera, surrealismo estremo, spiritualità orientale in una narrazione dai tratti magici.

II.Le suggestioni
l’infanzia, la scoperta del femminile, l’entrata in monastero, la morte. una vita apparentemente semplice restituita in un linguaggio ricchissimo e coinvolgente, che raggiunge il risultato cinematograficamente (quasi) impossibile di riprodurre la varietà di sensazioni e pensieri di un singolo essere umano. un universo romantico, profondamente struggente, malinconico: la consapevolezza della caducità dei viventi, della loro intrinseca debolezza, la sicurezza di un qualcosa di grande e magnifico; eppure questo non mina in alcun modo la volontà di conoscere e gioire del presente, della vita, della bellezza. il Sublime per immagine.
titolo originale: Sayat-Novaun film di Sergej Parajanov1968 





