Un ruolo fondamentale nel comportamentismo lo ha occupato Skinner. L’autore si oppone alle teorie che introducono concetti “mentalistici” (all’interno del quadro teorico comportamentista, definirementalista una ipotesi, un metodo, una teoria, equivale a negarle il ruolo di scientificità e a “cacciarla” nel mondo della speculazione filosofica) che rischiano di ipostatizzare processi ed eventi puramente ipotetici. Burrhus Skinner è interessato all’osservazione del comportamento e alla sua relazione con le contingenze di rinforzo, cioè delle occasioni in cui ad una determinata risposta ha fatto seguito una ricompensa. La sua idea è che questo tipo di analisi possa essere sufficiente a spiegare ogni forma di apprendimento, incluso quello linguistico. Skinner studia il comportamento di ratti e piccioni immessi in una gabbietta (quest’ultime prenderanno il nome di “skinner-box”). Fra le varie risposte che l’animale può dare ne è scelta una (ad esempio, la pressione di una leva) di maniera che ad essa faccia seguito uno stimolo rinforzante (ad esempio un granello di cibo). Si osserverà che la risposta seguita da rinforzo tenderà a presentarsi con sempre maggiore frequenza.
Questo paradigma (un insieme coerente e articolato di teorie, metodi e procedimenti che contraddistinguono in modo predominante una fase dell’evoluzione di una determinata scienza), è detto condizionamento operante (o strumentale o skinneriano). E si differenzia da quello di Pavlov (condizionamento classico o rispondente) per il fatto che la risposta precede piuttosto che seguire lo stimolo critico (Skinner autodefiniva: il condizionamento di Pavlov come “condizionamento tipo S“, ed il proprio come “condizionamento tipo R“). Nel caso del ratto di Skinner l’organismo emette sempre più spesso quella risposta cui ha fatto seguito un rinforzo.
Tra i principali limiti del comportamentismo possiamo individuare:
- L’apprendimento non avviene sempre ed unicamente come conseguenza del rinforzo, neppure negli animali.
- I meccanismi fondamentali dell’apprendimento e della memoria non funzionano nello stesso modo indipendentemente dal contesto e dallanatura del materiale al quale vengono applicati.La memoria non è un magazzino di associazioni indipendenti l’una dall’altra la cui capienza si espande con il procedere dell’età, ma è un processo di costruzione, ossia è strettamente legata alla conoscenza preesistente, sulla base della quale il soggetto attribuisce un significato al materiale nuovo.
- L’apprendimento e la memoria non funzionano nello stesso modo indipendentemente dall’età del soggetto, perché non possono essere separati dal più generale funzionamento del sistema cognitivo. Il livello di comprensione che un soggetto ha del materiale influenza il modo e la precisione con cui lo ricorda. Il livello di sviluppo del soggetto influenza i processi della memorizzazione, ossia le strategie che egli utilizza per memorizzare e ricordare il materiale.
Il Neocomportamentismo
L’opera di Tolman, costituisce uno dei tanti casi anomali all’interno della scuola comportamentista. Venne via via differenziandosi dal comportamentismo watsoniano per accogliere idee cognitiviste o anche psicoanalitiche.
La posizione “molecolaristica” di Watson rischiava di identificare il comportamento con le contrazioni muscolari e di rimandarne lo studio alla fisiologia. Per Tolman il comportamento deve essere molare e non molecolare, non deve limitarsi alle singole risposte muscolari o ghiandolari. Tiene conto dello scopo e alcuni processi intervenienti tra stimolo e risposta. Tolman è considerato un precursore del cognitivismo. Tolman riteneva esistesse uno “specifico psicologico” caratterizzato per la sua “molarità” (cioè non scomponibile). Questo “specifico” non era tuttavia di natura psichica, ma di natura comportamentale, solo che si caratterizzava per il fatto di possedere proprietà emergenti.
Per Tolman, se caratterizzassimo il comportamento ad esempio di un topo che tira una cordicella per avvicinarsi del cibo, nelle sole componenti motorie (ad esempio, contrae e distende la zampa destra, alza il capo, rizza i peli del collo) avremmo dato una descrizione fisiologica. Per pervenire ad una descrizione psicologica dovremmo tenere conto dei predicati emergenti del comportamento di quel topo e cioè del fatto che esso rivela “cognizioni” e “intenzionalità” (è cioè orientato verso scopi).
Come ha osservato Fraisse (1967) lo stimolo “S” può provocare risposte diverse R1 R2 R3 RN, checonseguentemente non possono più essere considerate puramente funzione di S, secondo lo schema S-R dunque: la (R) risposta comportamentale è in (f) funzione dello (S) stimolo che l’ambiente esercita sull’individuo. (Secondo il modello del comportamentismo ortodosso; vedi Watson, ma anche Burrhus Skinner) ma devono essere riferite pure ad una variabile che interviene fra S e R:S-I-R dunque. In particolare il superamento della semplice connessione S-R sarebbe avvenuto in un primo tempo in riferimento all’importanza di variabili intervenienti dell’organismo, in un secondo tempo con riferimento all’intera personalità.
Hull accolse da Watson il comportamentismo molecolare, da Thorndike l’idea che la ricompensa costituisce un requisito fondamentale dell’apprendimento e da Tolman il riferimento metodologico alle variabile intervenienti. Hull costruì una teoria ipotetico-deduttiva che tentava per la psicologia la stessa sistematizzazione logica e matematica presente nelle scienze fisiche. Il sistema di Hull consta infatti di definizioni, postulati e permette di fare previsioni non solo sulla direzione, ma anche sugli aspetti quantitativi del comportamento. Se si pensa che la psicologia incontra spesso difficoltà nel predire se una cosa succederà (si deciderà Pierino ad andare al telefono?), appare oltremodo affascinante il tentativo di Hull di pervenire attraverso sofisticate equazioni anche quantitativamente il comportamento (quanto tempo ci metterà Pierino per arrivare fino al telefono?). La teoria generale di Hull apparve nel 1943 in un libro dal titolo Principi del comportamento.