Riceviamo e pubblichiamo: “Tra poco meno di un anno partiranno le ristrutturazioni dell’immobile, che si trasformerà in un “centro polifunzionale”. Ciò che viene spacciato per un atto sensato e giusto, volto a “far uscire i migranti da uno stato di marginalità”, è solo un modo bieco di normalizzare la stupenda esperienza di autorganizzazione che è il Ferrhotel, togliendo a 50 rifugiati Somali ciò che hanno dovuto prendersi a fronte delle evidenti mancanze delle istituzioni locali: una casa”.
“Il progetto del comune di Bari prevede invece “32 posti per un servizio di residenzialità temporanea”, ovvero un dormitorio. Una casa è un luogo tuo. Un luogo dal quale si può uscire ed entrare quando si vuole. Un luogo che regala quella serenità essenziale per progettare la propria vita. Un luogo che si può condividere con chi si ama. Un dormitorio è invece un luogo gestito da altri, nel quale si può permanere solo nelle ore notturne, e per un massimo di due mesi. Il Comune non chiarisce dove finiranno i rifugiati Somali quando partiranno i lavori di ristrutturazione (temiamo di nuovo per strada), né se si procederà ad uno sgombero coatto (violento) degli attuali occupanti”. Vedi articolo http://www.lalternativa.it/ferrhotel-a-bari-l%E2%80%99accoglienza-intermittente/
“Pensiamo che i servizi di ‘informazione e orientamento, intrattenimento ricreativo-culturale, formazione e riqualificazione professionale’ che sempre il progetto prevede, verrano ubicati nel Ferrhotel possano essere tranquillamente fatti partire altrove. Magari in una delle 40 strutture comunali inutilizzate da anni”.
“In ultima istanza, siamo curiosi di sapere chi gestirà (o forse è meglio dire ‘chi prenderà in appalto’) il dormitorio ed i suddetti fantastici servizi. Immaginiamo verranno ‘affidati’ al solito terzo settore che si scopre interessato ai problemi dei migranti solo quando c’è da lucrare attraverso progetti con gli enti locali o la Regione. Perché, purtroppo, per molti l’immigrazione è un vero e proprio business”.
“Non per noi però, che crediamo nell’autorganizzazione dei soggetti oppressi e ci opponiamo a questa idea di ‘razzismo democratico’, che identifica il migrante come un soggetto degno di far parte della società solo se si lascia gestire dagli autoctoni e se non avanza pretese di autonomia”.
Collettivo di supporto Socrate occupato – Ferrhotel occupato – Mercato occupato – via Beltrani occupata