Nel comune di Bologna è stata la capogruppo di Sel, Cathy Latorre, ad avanzare un ordine del giorno per chiedere di eliminare ogni riferimento a «padre» e «madre» nei moduli per l’iscrizione dei figli ai nidi e alle materne, pensando così di fare un piacere al suo leader nazionale Nichi Vendola, omosessuale in cerca di maternità e alle uniche quattro coppie gay con figli di Bologna.
L’assessore alla Scuola, Marilena Pillati (PD), ha prontamente accettato: l’amministrazione toglierà dai moduli ogni riferimento a «madre» e «padre», l’importante è obbedire piegarsi ai venti del più risibile egalitarismo e dell’incalzante secolarismo perbenista del nord Europa, come commentato su “Il Foglio”.
Tanti hanno fatto notare che per evitare una presunta discriminazione verso gli omosessuali, sostituire “padre” e “madre” con “genitore 1″ e “genitore 2″ è altrettanto discriminatorio per colui che verrà etichettato come “genitore 2″, dunque secondario. L’efficientissima esponente del PD non si è però fatta fregare, rispondendo: «Non abbiamo mai pensato di inserire “genitore 1″ e “genitore 2″ o altri termini che possano stabilire una gerarchia tra i genitori. Ciò che il Comune farà sarà uniformare la modulistica dei servizi per l’infanzia alle diciture “genitore richiedente” e “altro genitore”».
Qualcuno le faccia presente che parlare solo di “genitore”, al maschile, è egualmente discriminatorio verso le donne, è una formulazione che le femministe chiamano sessista, il termine da usare sarebbe casomai “genitrice”. Ma in questo caso si ritornerebbe ad identificare un maschile e un femminile e, secondo i teorici LBGT, si discriminerebbero le coppie gay. Probabilmente in Comune hanno pensato che la discriminazione contro le donne è meno grave di quella verso gli omosessuali anche se, alla fine probabilmente, come ha spiegato Antonio Socci, qualcuno capirà che i soli termini che non discriminano nessuno sarebbero “padre” e “madre”.
Secondo notizie più recenti tutto si sarebbe invece bloccato e “madre” e “padre” rimarranno dove sono. E’ la forza delle numerose polemiche, arrivate anche da parte dell’Associazione italiana genitori (Age) e del Sindacato medici pediatri di famiglia (Simpef). Ivo Colozzi, sociologo e professore all’Università di Bologna ha spiegato: «Bologna ha una tradizione laicista molto forte e radicata. Sui temi legati all’omosessualità il nodo è noto: il presidente storico di Arcigay è bolognese e qui da noi è partita l’ondata di battaglie per i diritti legati alla sessualità. La mia impressione è che da parte di Palazzo D’Accursio ci sia stato un tentativo di controbilanciare la spinta leggermente a destra che si era presa per il referendum sui finanziamenti alle scuole paritarie». Il fenomeno «è la cultura che si trova nelle cosiddette “elite neoilluministe” europee che si caratterizzano per il recupero di un laicismo radicale che sembra fare a pugni con il senso comune delle persone. Eliminare la differenza ricorrendo alla neutralità non serve».
Aveva ragione il grande G.K. Chesterton quando spiegava che in futuro sarebbe diventata una tesi da bigotti sostenere l’evidenza, come che tutti nasciamo da un padre e una padre, un dogmatismo da condannare e sanzionare. Sosteneva che ci dovevamo preparare alla grande battaglia in difesa del buon senso: «La grande marcia della distruzione culturale proseguirà. Tutto verrà negato. Tutto diventerà un credo. Accenderemo fuochi per testimoniare che due più due fa quattro. Sguaineremo spade per dimostrare che le foglie sono verdi in estate. Non ci resterà quindi che difendere non solo le incredibili virtù e saggezze della vita umana, ma qualcosa di ancora più incredibile: questo immenso, impossibile universo che ci guarda dritto negli occhi. Combatteremo per i prodigi visibili come se fossero invisibili. Guarderemo l’erba e i cieli impossibili con uno strano coraggio. Saremo tra coloro che hanno visto eppure hanno creduto».
La redazione