L’art. 659 cod. pen. , relativo a “Disturbo delle occupazioni e del riposo delle persone” stabilisce che “Chiunque, mediante schiamazzi o rumori, ovvero abusando di strumenti sonori o di segnalazioni acustiche, ovvero suscitando o non impedendo strepiti di animali, disturba le occupazioni o il riposo delle persone, ovvero gli spettacoli, i ritrovi o i trattenimenti pubblici, è punito con l’arresto fino a tre mesi o con l’ammenda fino a lire seicentomila.
Si applica l’ammenda da lire duecentomila a un milione a chi esercita una professione o un mestiere rumoroso contro le disposizioni della legge o le prescrizioni dell’Autorità”.
Si tratta di un reato di pericolo, nel quale l’elemento psicologico è costituito sia dal dolo generico che dalla colpa; pertanto, non è necessaria l’intenzione dell’agente di arrecare disturbo, ma è sufficiente anche una condotta omissiva (non averlo impedito).
E proprio quest’ultimo caso è alla base della fattispecie esaminata dalla Corte di Cassazione, Sez. I Penale, con la sentenza n. 4706 del 09.02.2011.
I cani di proprietà di Tizio, Caio, Sempronio e Mevio, infatti, abbaiavano insieme di notte, arrecando notevole disturbo al riposo degli altri condomini. Il Tribunale penale di Nicosia, adito in primo grado, li condannava alla pena di due mesi di arresto e al pagamento delle spese processuali. La pena veniva confermata dalla Corte di Appello di Caltanissetta.
Gli imputati, pertanto, hanno proposto ricorso in Cassazione, che ha confermato la sentenza emessa in secondo grado. I Giudici di legittimità, infatti, hanno precisato che il giudice di merito ha correttamente messo in evidenza che gli strepiti dei cani potevano essere facilmente attenuati dai rispettivi proprietari; inoltre, il reato di cui all’art. 659 cod. pen. sopra citato è collegato alla condotta che arreca disturbo e non ha alcuna importanza quale sia la causa scatenante, poichè “il comportamento illecito è comune a tutti i proprietari degli animali, i quali, per vero, pur consapevoli del fatto che uno solo dei loro cani abbaiava per primo di notte (circostanza peraltro solo assunta perchè sprovvista di prova) lasciavano che tutti gli altri, sollecitati dal primo, facessero altrettanto per emulazione”.
La Suprema Corte ha, altresì, ritenuto giusta la mancata applicazione alla fattispecie de quo – da parte del giudice di merito – delle attenuanti generiche, perchè negli atti non è stato rilevato alcun elemento valutabile positivamente, nonchè per la gravità del disturbo arrecato.
Per completezza si segnala che la decisione della Corte di Cassazione – che ha confermato la sentenza emessa in secondo grado, condannando gli imputati al pagamento delle spese di giudizio e della somma di Euro 500,00 ciascuno alla Cassa delle Ammende – è conforme ad altre decisioni del medesimo organo giudicante:
- Cass. Pen. – I Sez. – n. 238 del 10.01.1998, secondo la quale per la sussistenza del reato di cui all’art. 659 c.p. “… è necessario e sufficiente che i rumori prodotti abbiano una potenzialità diffusa verso un numero indeterminato di persone, ancorchè non sia richiesto un turbamento della pubblica quiete, e una volta accertata l’idoenità della condotta, sia irrilevante la circostanza che il disturbo risulti avvertito da una o più persone..”
- Cass. pen. – I Sez. – n. 1406 del 05.02.1998, secondo cui “… per essere pienamente sanzionabile ex art. 659 del C.P. la condotta di chi produce rumori e schiamazzi deve incidere sulla tranquillità pubblica essendo l’interesse specificatamente tutelato dal legislatore quello della pubblica tranquillità sotto l’aspetto della pubblica quiete, la quale implica l’assenza di cause di disturbo per la generalità dei consociati -, di guisa che gli stessi debbono avere la potenzialità di essere avvertiti da un numero indeterminato di persone pur se, poi, in concreto, soltanto alcune persone se ne possono lamentare”.
Roma, 10.02.2011 Avv. Daniela Conte