
Un talento innato, senza basi artistiche di disegno o di pittura. Zdzisław Beksiński (1929-2005) è uno dei maggiori artisti polacchi della seconda metà del ’900. Dopo un primo periodo di opere minori, in cui si avvicina all’arte con la fotografia e la scultura, nel 1971 dopo un terribile incidente stradale la sua produzione muta drasticamente. Prendono vita il suo periodo gotico e i dipinti ad olio surreali, macabri, visioni di scenari post apocalittici in sospeso tra la vita e la morte, tra la realtà e il sogno.

E’ Beksiński stesso ha dichiarare che la sua arte non era pensata per cambiare il mondo, che il suo intento era fotografare sogni. Il diaframma senza tempo della sua pittura riesce a evocare spettrali paesaggi, architetture impossibili, popolate da entità macabre e surreali che rappresentano i muscoli degli incubi, i passaggi più foschi nella nostra anima.

Le sue nature morte di monti lontani, le metamorfosi della carnalità umana con la pietra, con il tempo, con contesti unici e ignoti, ci portano nei luoghi più profondi dei nostri desideri, nella felicità corrotta che vive la sua apocalisse errando tra dimensioni sconosciute e putrefatte.

Sua moglie Zofia muore nel 1998. L’anno seguente, il giorno della vigilia di Natale, suo figlio Tomasz, noto presentatore radiofonico e giornalista musicale, si toglie la vita. Zdzislaw Beksinski nella più profonda solitudine continuerà a cercare attraverso le sue opere il confine tra la vita e la morte, finirà assassinato dal figlio del maggiordomo nel 2005. Non ha mai dato un titolo alle sue opere.


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