Si è tenuto domenica ad Ankara il quarto congresso dell’Akp, che ha confermato come leader Recep Tayyip Erdoğan: al suo ultimo mandato prima della candidatura alle presidenziali del 2014; “Grande nazione, grande potenza. Obiettivo 2023“: questo lo slogan del congresso (come tutti sapete, nel 2023 ricorre il centenario dlla fondazione della Repubblica di Turchia). Erdoğan ha parlato per quasi tre ore, il suo discorso è stato non particolarmente incisivo – non ha detto nulla di sostanzialmente nuovo – e a mio avviso politicamente poco accorto: ha ripercorso la storia dei successi politici ed economici dell’Akp, ha indicato nella nuova costituzione – pluralistica e inclusiva – l’obiettivo principale del partito, ha formulato l’auspicio di una soluzione definitiva della questione curda ma senza annunciare la ripresa dei negoziati col Pkk (riprenderanno in segreto?), è tornato a denunciare l’inconcludenza internazionale nella crisi siriana, si è rivolto ai giovani per un futuro oltre il 2023. Non ha parlato di Europa o di rapporti transatlantici, ha proposto come nuova tappa verso il futuro – ai giovani, per l’appunto – il 2071: nel millesimo anniversario della battaglia di Manzikert che vide i selgiuchidi di Alp Arslan sconfiggere irreparabilmente le armate bizantine; molto notata la presenza di ospiti provenienti esclusivamente dal mondo islamico, con in testa il presidente egiziano Morsi, e l’assenza di ospiti provenienti da quello occidentale (ad esclusione dell’ex cancelliere tedesco Schröder). Tutti spunti per gli attacchi dei kemal-leghisti.
Nell’opuscolo-programma distribuito in più lingue e disponibile anche sul web, comunque, l’orientamento dell’Akp è analogo a quello laico e democratico proposto nella campagna elettorale del 2011: partito conservatore e democratico, più esattamente “partito conservatore democratico di massa” (e allora perché i corrispondenti d’agenzia italiani si ostinano a chiamarlo islamico moderato o islamico nazionalista? Ma l’avranno letto l’opuscolo? uhm…); Turchia come potenza regionale e attore globale, che ha nell’ingresso nell’Unione europea l’obiettivo strategico prioritario (ma non esclusivo).
Insomma, c’è una marcata differenza tra la retorica di Erdoğan e la proposta politica ragionata; al di là della retorica e della proposta, in ogni caso, per me quello che conta sono i risultati: e l’Akp andrà giudicato sulla base della costituzione – autenticamente democratica e pluralista? – che saprà produrre.
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