il contrappasso

Creato il 06 aprile 2011 da Silvie

E’ stato un week end bellissimo, intenso e polposo. Festa di compleanno di amichetta, due cene una da noi e una a casa di amici e una lunga e bellissima giornata al mare che vivere a Roma vuol dire anche questo, andare al mare il 3 di Aprile con la protezione 50 +. Ci siamo sbaciucchiati, abbracciati, amati, cantati, sussurrati. Siamo stati la pappa e la ciccia, la cozza e lo scoglio, la tazza e il cucchiaio da venerdi pomeriggio a domenica sera. Normale che stamattina era ancora tutto un mamma mamma. E nonostante la presenza dell’amata supertata non se ne voleva proprio sapere di lasciarmi andare al lavoro. Io che ero di corsa, in ansia e in ritardo, ma con nessuna intenzione di farlo piangere (considerando anche lo sfacciato nutrimento del mio ego in quel momento) insomma per farla breve dico alla tata che la cosa migliore è uscire insieme loro per il parco io per il lavoro. L’Inuit piange, io sono in ansia, lei si infila le scarpe saltellando su un piede, usciamo tutti e tre sul pianerottolo, le dico tolga le chiavi prima di uscire, lei non lo fa, la porta di casa si chiude davanti ai nostri occhi, con le chiavi ancora infilate dall’interno. E rimaniamo fuori di casa. Io la tata e l’Inuit. Il santuomo già su un set circondato da stangone. Indisturbabile e soprattutto molto lontano da Roma per tutta la settimana.

C’è poco che  una tata peruviana con bambino piangente al seguito possa fare in una situazione del genere. Dunque decido che la cosa migliore è che loro vadano comunque al parco. Segue bug di due ore in cui faccio, penso e tento svariate cose alcune belle altre brutte. Alla fine me ne vado in redazione. Roma è Roma ed è anche questo il suo bello. Due ore dopo, un mio eroico collega si arrampica con una scala da pompiere fino alla finestra del primo piano lasciata provvidamente aperta per sbaglio. Torniamo in redazione dove lui viene accolto come un eroico moderno uomo ragno e guadagna gloria e punti con le colleghe singles io ringrazio, racconto sorrido e mi siedo a lavorare. Stremata. Ed è solo l’inizio della settimana.


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