Magazine Lavoro
Pubblicato in "Rassegna sindacale" del 7 nov. 2012
Potrebbe essere intitolato anche “Il coraggio di Susanna”. Alludo al libro “Il lavoro perduto”, editore Laterza, in cui Susanna Camusso, incalzata da Stefano Lepri, parla dell’Italia contemporanea, del lavoro perduto, appunto, e della sua Cgil e di sé. E lo fa non rifugiandosi in stanche litanie ma trovando accenti innovativi e talvolta autocritici. Merito anche dell’intervistatore non compiacente, editorialista de “La Stampa”, munito di proprie autonome idee che non sempre combaciano con quelle dell’intervistata. Un elemento che rende più interessante la lunga conversazione.
Ma dove sta questo “coraggio” di Susanna? Sta, in primo luogo, nella assoluta priorità consegnata a un pezzo decisivo del lavoro di oggi e di domani, da parte della dirigente di un’organizzazione fondata sul lavoro in qualche modo stabile. E’ il tema dei precari, di tanti giovani rimasti senza futuro. La segretaria della Cgil non lesina certo le critiche ai governanti, Elsa Fornero in testa, e prima Maurizio Sacconi, il moltiplicatore dei contratti instabili. E però riconosce i limiti della stessa Cgil. Nell’aver ad esempio assunto, sovente, una linea attendista. Dice: “Per molto tempo abbiamo considerato la precarietà non come una questione da governare, ma semplicemente da cancellare…Non si può semplicemente dire che tornerà il sol dell’avvenire e che da quel giorno cambieremo tutte le leggi e tutti saremo a tempo indeterminato e non avremo più problemi. Questa era sicuramente un’idea delle origini che ci ha reso difficile affrontare la precarietà nella contrattazione”.
E’ un riconoscimento importante che trova poi riscontro nei fatti, nella messa in campo di un movimento di giovani “non piu disposti a tutto”. Nell’appoggio dato al movimento delle donne “se non ora quando”. Nelle campagne promosse da Nidil e Filcams nei grandi centri commerciali dove regnano i finti “associati”. Nelle esperienze del “sindacato di strada” volute dal sindacato dell’agroindustria. Così nelle iniziative sulle sedi sindacali aperte la sera a Lecce, Firenze, a Bergamo: le camere del lavoro “del terzo Millennio”.
E’ una Cgil, quella disegnata dalla Camusso, che intende scrollarsi di dosso abitudini burocratiche sedimentate, per cercare le strade nuove della rappresentanza, di fronte al fatto che ogni anno un quinto degli iscritti è nuovo. Trovando così anche “sangue fresco” per un’organizzazione ultracentenaria. E’ capitato nei callcenter (merito anche del decreto Damiano) dove si sono raccolte trentamila adesioni. Ed é una Cgil che rivendica alcune scelte del passato non certo conservatrici. Come quando, ricorda la Camusso, non difese a spada tratta, a differenza di altri, le "Baby pensioni". Come quando si batté per la privatizzazione del rapporto di lavoro nel pubblico impiego, contro le clientele apparentate a logiche partitiche. Una scelta colpita al cuore dal recente centrodestra.
É la proposta di un sindacato che contratta, un sindacato che porta a casa risultati, un sindacato che cosí cresce, certo collocando questa azione in un ruolo più generale, da “soggetto politico”. Non è quindi, questo della Camusso, una specie di vademecum, come qualcuno sembra portato a interpretare, che prepara l'ascesa di un governo amico, il dopo Monti. E’ semmai un invito al centrosinistra e alle due anime del Pd (montiani e antimontiani) a discutere di contenuti. E’ un libro che parla ai futuri governanti e dice che non basta avere a cuore le sorti del lavoro in campagna elettorale. Perché non sarà facile liberarsi non solo di Silvio Berlusconi, ma soprattutto del berlusconismo accoppiato al liberismo, per ricostruire una relazione “tra dignità e lavoro”. Scorre nell’alternarsi di domande e risposte un filo rosso che si rifa al pensiero di Bruno Trentin. Laddove si parla di scatti di anzianità come unico metro di carriera, di egualitarismo salariale che nega la professionalitá acquisita, di reddito di cittadinanza (mentre sarebbe opportuno impedire vuoti di reddito tra un contratto e l'altro), di un "merito" raggiunto valutando non le competenze ma la disponibilità al lavoro straordinario, di un possibile patto fra i produttori (e non di generico patto sociale).
Da annotare come nelle quasi 120 pagine del libro siano pressoché assenti accenti duramente polemici sul dialogo sempre difficile con Cisl e Uil. Anche qui il risalto è dato ai contenuti e sui contenuti ciascuno capisce dove stiano le distanze. Mentre su un altro capitolo, quello del rapporto con la Fiom di Landini, ci si chiede se siano state rese “comprensibili” le proposte avanzate durante le drammatiche sequenze dei diktat di Marchionne, oppure ci si ci sia limitati a lanciare “un generico messaggio di opposizione”.
Un libro che farà discutere. É sperabile che faccia discutere perché la discussione fa bene a una grande organizzazione "vivente" come la Cgil, capace di accompagnare all’azione il pensiero.
C’è da annotare, infine, che “Nel lavoro scomparso” non c’è solo la dirigente sindacale al vertice della Cgil che parla. C’è anche la “ragazza con la sciarpa rosa” con i suoi desideri, le sue preferenze. Sono tra le pagine più belle del volume. Così la troviamo che organizza le 150 ore nella Milano degli anni 70, che amava i “Rocky Horror Picture Show” accanto a Hobsvawm e Christa Wolf… E anche questa esposizione del proprio "privato" é una scelta innovativa di una donna che non rinuncia ad esporsi. Non ha paura.
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