Il coraggio ritrovato del cinema italiano

Creato il 28 luglio 2012 da Intervistato @intervistato

Per parecchi anni il cinema italiano è rimasto bloccato come in un limbo fatto di commedie sguaiate e melodrammi di coppia fotocopia. Poi è successo qualcosa. Piano piano, forse, il paese è cambiato e con lui anche il modo di raccontarlo.

C'è stato un momento in cui il cinema italiano si era come fossilizzato a raccontare storie d'amore, drammi o melodrammi famigliari. Persino Tarantino, che non si può certo definire un detrattore della settima arte italica in maniera forse non troppo delicata aveva avuto a dire:

I nuovi film italiani sono deprimenti. Le pellicole che ho visto negli ultimi tre anni sembrano tutte uguali, non fanno che parlare di: ragazzo che cresce, ragazza che cresce, coppia in crisi, genitori, vacanze per minorati mentali. Che cosa è successo? Ho amato così tanto il cinema italiano degli Anni 60 e 70 e alcuni film degli Anni 80, e ora sento che è tutto finito. Una vera tragedia”.


E io mi ero trovato d'accordo. Eppure di storie da raccontare ce n'erano parecchie. Storie di un paese che non era, e non è, solo amori infranti e commedia. C'era un'Italia che stava, e che sta ancora, marcendo, avvinghiata alle sue convinzioni antiquate, c'era un'Italia buia che aveva perso la strada e cercava di ritrovarla a colpi di manganello e sotterfugi politici. C'era un paese che non si discostava troppo da quello raccontato dai Rosi, Petri o Damiani, solo ora non lo si raccontava più. O forse semplicemente molto meno, in maniera diversa. Più opaca. Di tanto in tanto Moretti, resisteva Bellocchio, ma poco altro. Negli ultimi anni invece qualcosa pare cambiato, come se un velo fosse stato improvvisamente rimosso, aprendo nuovamente gli occhi. Forse siamo ancora lontani ma la strada è quella.

E così vecchi maestri e nuove leve hanno ripreso a narrare quella faccia del paese fatta di ombre. Garrone ci ha portato nella Scampia della Camorra trasponendo sullo schermo il  "Gomorra" di Saviano, Sorrentino ha raccontato una fase politica del paese attraverso la rilettura della vita di Andreotti con "Il Divo", Vendemmiati documentava il caso Aldrovandi con "E' stato morto un ragazzo", Sollima ha provato ad addentrarsi nei meandri psicologici e non solo della Celere con "A.C.A.B", Vicari ci ha portato dentro la "Diaz", Crialese e Lombardi hanno provato, a loro modo, a parlare di migranti con i rispettivi "Terraferma" e "Là bas". Ancor prima Moretti aveva trasfigurato l'Italia Berlusconiana nel suo "Caimano" e Bellocchio col suo "Buongiorno, Notte" ci avevava raccontato la sua versione del Caso Moro e ora torna a raccontare le contraddizioni di un paese che promette sempre di guardare avanti ma lo fa inevitabilmente voltandosi indietro, come una sorta di maledizione. Lo fa attraverso un tema delicato come quello del fine vita, lo fa con un film, "Bella Addormentata", che porta intrinseca una storia e un nome simbolo di quella battaglia: Eluana Englaro. Questi sono alcuni esempi, ma ne potremmo inserire per fortuna molti altri.
E' un cinema che torna ad aprire gli occhi, che mette da parte alcune paure e sudditanze psicologiche, che si prova a rialzare nonostante tagli continui e indiscriminati al settore dello spettacolo. Un cinema che prova nuovamente a scuotere le coscienze dello spettatore mettendolo davanti alla fotografia di un paese che a lungo ci è stata negata. Ma è anche un cinema che può, e lo ha dimostrato, tornare commercialmente competitivo senza scendere al compromesso della commedia facile e scontata scommettendo sull'intelligenza del pubblico fino ad oggi fin troppo svilita.
Matteo Castellani Tarabini
@contepaz83


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