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"Il Corsetto" - Un racconto a puntate (parte 1)

Creato il 11 luglio 2014 da Antoschu @antoschu
Cari lettori e lettrici, dopo averci pensato a lungo ho deciso di condividere con voi tutti che mi seguite e con chi, mi auguro, avrà il piacere di farlo in futuro, un mio racconto scritto all'incirca un anno fa. 
Si tratta di una storia d'altri tempi, che ruota attorno alle figure di due donne, madre e figlia, il cui destino amoroso è legato ad un capo di abbigliamento: un corsetto davvero particolare.
E' un racconto di media lunghezza, che pubblicherò a puntate qui sul mio blog. 
Sperando di farvi cosa gradita e di appassionarvi a questa piccola vicenda, vi auguro buona lettura.
IL CORSETTO(parte I)
La grande specchiera della toeletta, i cui ricami si inseguivano lungo tutto il perimetro ovale, riproducendo delicate roselline bianche in un intricato motivo di rovi, rifletteva le spalle nude di Marianne e la curva del suo collo di alabastro, mentre con dita ferme la giovine era intenta ad appuntare il secondo dei suoi orecchini: una delle due perle bianche con venature porpora, un tempo appartenute a sua madre. Abbassò la nivea mano sul grembo e al tatto il raso dell'ampia gonna a balze larghe, le comunicò una sensazione piacevole, di leggerezza e vanità, mentre gli occhi castani tornavano a fissare la giovane donna che di lì a poco avrebbe fatto il suo debutto in società. Marianne fissò l’incavo delle sue clavicole e l’esile collo di cigno, il mento deciso dei Cavendish e la piccola, ma carnosa bocca rossa. Il suo sguardo si fermò sulla linea altrettanto decisa e allo stesso tempo armoniosa del proprio nasino e sollevando le palpebre scrutò le pagliuzze dorate che navigavano nelle sue iridi scure. Era la luce di un nuovo inizio quella che brillava nei suoi occhi? O piuttosto erano gli ultimi lampi, tutto quello che restava della sua gioia di vivere? Ormai non era più una bambina. Era, come sosteneva suo padre, Sir Cavendish, da impegnare per una cospicua unione. La sua cameriera le aveva acconciato i capelli proprio come si fa con una gran dama e ora eccola lì, ad ammirarsi, con i capelli neri raccolti in uno chignon alto, intorno al quale una solitaria ciocca, intrecciata ad un nastro di seta bianco, ne percorreva la circonferenza interna. Qualche sparuto boccolo le ricadeva morbido ai lati del viso, sfiorandone l’incavo delle guance lievemente arrossate e lasciando libera la fronte alta e limpida.
Inspirò profondamente, consapevole della propria bellezza. Quando riabbassò lo sguardo vide nella donna riflessa, alzarsi e abbassarsi dolcemente, quel seno ormai pieno e attraente, rivestito solo della sottile biancheria di mussola bianca. Era il suo seno il vero emblema di quel cambiamento: adesso che non era più piatta attirava gli sguardi degli uomini e non solo, anche quelli delle donne meno giovani, sicuramente più per invidia che per ammirazione. La porta dietro di lei si aprì e Lucy, la più giovane delle sue due cameriere personali, entrò nella stanza,  le si avvicinò e facendo una riverenza veloce annunciò:«Miss, è giunto il momento di completare la vostra vestizione.» La giovane domestica rimase composta ad attendere sue istruzioni tenendo le spalle leggermente curve in avanti, vestita della sua semplice uniforme nera e grembiule immacolato.Marianne si alzò dallo sgabello vellutato di rosso e la lunga e ampia gonna di raso bianco si mosse sinuosa lungo le sue gambe snelle. La coda dell’abito che le ricadeva sul retro come uno strascico da sposa, era di soffice raso amaranto e lei l’accompagnò con un gesto della mano affinché non si annodasse ai piedi dello sgabello. Fece un breve giro della stanza, fermandosi di fronte allo specchio lungo, appoggiato alla parete sul lato destro del suo morbido letto a baldacchino. Di statura media, snella, la pelle diafana e con due braccia esili come ramoscelli, Marianne, mezzo vestita, si rimirò ancora, prima di fronte, poi di profilo. «Chiama Jane e dille di portare il corsetto.» Ordinò cercando di modulare la voce e di non apparire troppo autoritaria, come invece era solito fare suo padre, Sir Cavendish, con la servitù.Lei era sempre stata dolce e gentile con tutti e apparire dura e altezzosa, solo perché si era rassegnata ad accettare il suo tremendo destino, non le riusciva, non come ci si aspettava da una donna del suo rango. Lucy fece un altro inchino e lasciò la stanza.Poco dopo rientrò, stavolta accompagnata da una donna robusta, di mezza età e con i capelli striati d’argento raccolti in una crocchia: Jane, la sua balia. «Bene Jane, non perdiamo altro tempo. Aiutami a indossare quest’opera d’arte» cinguettò ironica la ragazza voltandosi un momento verso le due arrivate. La cameriera, che recava un involucro bianco tra le dita grassottelle, si avvicinò nervosamente al letto e iniziò ad aprire il suo leggero carico.Marianne tornò a fissarsi allo specchio lungo, con una fierezza malinconica nello sguardo, mentre Lucy se ne stava composta al suo posto presso l’uscio, stagliata contro la carta da parati color ambra, intarsiata di un motivetto floreale che si ripeteva per tutta la superficie della camera da letto.Quando Jane si avvicinò alla padroncina recando il corsetto da cui pendevano i lunghi lacci, Marianne si degnò appena di guardarlo, aprì le braccia per lasciarsi avvolgere dalla stoffa impreziosita di ricami e gemme.«Lo voglio ben stretto» disse, prima che la voce le si velasse insieme al suo sguardo riflesso.Antonella Iuliano
Continua... (presto la seconda parte)

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