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"Il corsetto" - Un racconto a puntate (Parte 4)

Creato il 22 luglio 2014 da Antoschu @antoschu

Cari lettori e lettrici, ecco pronta la quarta e penultima parte del racconto a puntate "Il corsetto". Con essa si conclude la vicenda di Isabel. Nella prossima e conclusiva puntata torneremo da Marianne (protagonista della prima parte) per scoprire quale destino si deciderà per lei indossando il prezioso corsetto. Per chi si fosse perso le puntate precedenti i link di riferimento sono: Qui per la prima, Qui per la seconda e Qui per la terza. Buona lettura!
IL CORSETTO(parte IV)
Isabel si bloccò nel bel mezzo della danza e fingendo di avere un improvviso giramento di testa, si scusò con il suo cavaliere e si affrettò, dicendo di aver bisogno di prendere una boccata d’aria, proprio verso il balconcino da dove William Belmore la osservava.Mentre gli ospiti danzavano, mangiavano, bevevano e suo marito, sempre austero e fiero, chiacchierava in un angolo della sala con altri uomini d’affari, Isabel e William, gli occhi negli occhi, si ritrovarono pur mantenendo una formale distanza.corsettoIl giovane, consapevole di aver perduto per sempre la donna amata, le chiese implorante un ultimo incontro e lei, che fino ad allora aveva vissuto arida di emozioni e traboccante di ricordi, non seppe dirgli di no. Fu lui il primo a lasciare la sala, attraversò la grande stanza, entrò nel salottino attiguo che immetteva sul terrazzo e da lì imboccò una delle due scale laterali che scendevano armoniose nel curatissimo giardino. Isabel lasciò passare meno di cinque minuti, poi scansò le dame che volevano trattenerla con i loro discorsi sull’essere madre e raggiunse quello stesso terrazzo dove pochi istanti prima era passato William, incurante degli sguardi curiosi che la inseguivano, rincorrendo impavida una vana felicità. Sostenne con entrambe le mani l’orlo delle sue gonne per non inciampare mentre scendeva la lunga scalinata e quando giunse a metà di essa, fortuna volle che incontrasse Jane, che saliva recando dalle cucine un enorme scodella di punch.«Jane, se mio marito mi cerca, digli che sono andata a stendermi e che lo raggiungerò prima della fine del ballo.» disse agitata fissando la cameriera. Jane annuì mansueta, poi la vide correre nel giardino, guardinga, finché non sparì alla sua vista dietro alcune alte siepi.La domestica sperò con tutto il cuore di non incontrare Sir Cavendish, ma se lo ritrovò di fronte proprio nel momento in cui lasciava il terrazzo ed entrava nel salotto antistante la sala da ballo.«Jane!» tuonò il padrone serio «Dov’è mia moglie?»«N – non lo so signore.» farfugliò lei diventando più rossa del punch che reggeva tra le mani.«L’ho vista passare di qui poco fa.» e nel dire ciò la oltrepassò con passo deciso. L’elegante uomo, vestito di nero, scese in giardino e scrutò nella fioca luce delle torce disposte lungo il viale principale. Si diresse sul retro della tenuta, oltrepassò le finestre delle cucine e giunse nello spiazzo dove erano state portate le vetture e le carrozze degli invitati; qui chiamò il giovane incaricato di sorvegliare la zona e si fece portare uno sei suoi segugi, il più fidato, dal pelo bianco e dalle orecchie nere, con cui la domenica andava a caccia. Tornò sui suoi passi e lasciò libera dal guinzaglio la bestiola, deciso a seguirne gli spostamenti. Il cane non impiegò molto a drizzare le orecchie e puntare l’umido muso verso i gemiti provenienti da una cespuglio in fondo ad un sentiero laterale. Sir Thomas lo seguì, audace, proprio come durante la caccia, ma stavolta era privo del suo fucile. Il segugio poco più avanti si fermò. Un attimo di silenzio, prima che iniziasse ad abbaiare con le zampe che tastavano il terreno. Dietro la siepe c’era qualcosa, o meglio qualcuno. «Uscite di lì!» urlò Sir Thomas tra lo schiamazzo del cane. Un’ombra spettinata, scomposta, stagliata nel buio e ricoperta di foglioline e rametti, comparve al suo cospetto. Il petto le si sollevava ansante, ma nessuna vergogna si sarebbe scorta sul viso di Isabel, se non ci fosse stato il buio della notte a ripararla. Al contrario, ella celava un trionfante misto di soddisfazione e compiacimento per essersi ripresa almeno un po’ della gioia che le era stata negata e solo un vago sentimento di paura per le conseguenze del suo folle gesto aleggiava su di lei.Sir Cavendish zittì il segugio quando un’altra figura si alzò oltre la siepe, sistemandosi il collo della camicia e ravviandosi la folta capigliatura. L’uomo tornò indietro di alcuni passi, sicuro che il segugio non si sarebbe fatto scappare le due prede, poi arrivato all’imbocco del sentiero afferrò la prima torcia e nuovamente tornò sui suoi passi. Alzò la torcia sul viso della moglie adultera e un lampo di puro odio la colpì come uno schiaffo in pieno viso, poi con uno scatto veloce del bracciò diresse la luce sul viso del rivale e con voce dura dichiarò:corsetto«William Belmore, per il mio onore, domattina all’alba vi sfiderò a duello.» La voce perentoria di Sir Thomas Cavendish cadde sulle teste dei due giovani rei, prima che si allontanasse, seguito dal cane, e il buio della notte li avvolgesse nuovamente.L’alba del giorno dopo il peccato di Isabel Anne Murray Cavendish, avrebbe recato con sé i colori azzurrini e appena appena arancioni di ogni altra alba, se non fosse stato per quel rivolo di rosso scuro che fuoriuscì dal petto di William Belmore, giovanissimo ufficiale, che moriva per il colpo esperto del tiratore offeso nell’onore. Ai colori di quell’alba si aggiunse il nero del velo che calava per sempre sul cuore e sugli occhi di Isabel, nell’apprendere la notizia della morte dell’amato. Gli invitati erano stati mandati via quella sera stessa, in fretta, senza troppe cerimonie, con la scusa di un malore che metteva a rischio la gravidanza della poveretta. Gli stessi familiari di Isabel furono allontanati dalla tenuta e lei fu rilegata nelle sue stanze, reclusa per nove lunghi mesi.La nascita di Marianne - figlia di una madre ripudiata solo nelle mura domestiche e di un padre indurito a cui nemmeno la vendetta aveva sanato l’orgoglio - passò quasi inosservata. La bella bambina dai capelli neri e dagli occhi scuri sembrava portare gioia soltanto alle domestiche, che ora avevano nuovi e più materni compiti verso la creatura e si dispiacevano per lei, perché sarebbe cresciuta nell’assordante silenzio di un matrimonio senza amore. Quando la piccola ebbe compiuto il suo primo mese di vita, un mattino, Isabel, con il viso pallido e infossato, le occhiaie e due occhi spenti, chiese a Jane di indossare il corsetto appartenuto a Maria Antonietta. La domestica esitò di fronte a quella strana e assurda richiesta - il capo di abbigliamento era stato abbandonato in un remoto baule, dato che la giovane lo indossava la sera del suo tradimento -  ma l’ordine tornò a ripetersi perentorio.La seconda volta che quell’opera d’arte avvolse il torace e abbellì il magro e freddo seno di Isabel, fu anche l’ultima. 
corsettoCongedò la servitù, lasciò incurante la bambina da sola nella culla e con le ciocche di capelli raccolte disordinatamente dalle spalle nude e smunte, l’infelice madre si diresse verso l’ultimo piano della casa, la soffitta. Forzò una porticina dai cardini arrugginiti ed entrò in una stanza polverosa. Era l'ultimo ballo di Isabel. La finestra rettangolare adorna delle sole ragnatele scattò sotto la pressione del suo tocco e l’aria fredda del mattino la investì. Furono pochi gli attimi in cui la disperazione discusse con la ragione, poi vinse inequivocabilmente, e Isabel, in piedi sul davanzale, si lasciò cadere nel vuoto.Antonella Iuliano  
Continua... (a presto con la quinta parte)

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