Vestire con indumenti derivati da colture biologiche, come il cotone, offre maggiori garanzie a chi li indossa e aiuta l’ambiente; su Solo ecologia è spiegato il perchè…
In italiano si dovrebbe dire ‘cotone biologico‘, ma qualcuno, per assonanza con la lingua inglese, lo chiama ‘cotone organico‘. Poco importa, si tratta comunque della fibra da cui si ricavano i tessuti più diffusi e versatili in assoluto, nel caso in cui la pianta sia coltivata in maniera ecocompatibile.
La coltura tradizionale del cotone, infatti, è piuttosto dannosa per l’ambiente: negli ultimi decenni l’enorme richiesta del mercato globale e l’agguerrita concorrenza tra i produttori hanno fatto aumentare in maniera considerevole l’uso dei pesticidi e dei fertilizzanti. Basti pensare che il 25% di tutti i pesticidi prodotti nel mondo viene usato proprio per coltivare cotone. Per produrre una semplice T-shirt occorrono quasi 100 grammi di sostanze chimiche dannose, che contaminano l’acqua e hanno un forte impatto su flora e fauna e in ultima analisi sugli esseri umani.
Il cotone coltivato secondo principi biologici sta gradualmente acquistando maggiore importanza tra i produttori e sul mercato. Tra l’altro, è anche ipo-allergenico poiché non viene sbiancato o tinto con sostanze chimiche aggressive. La coltivazione biologica si serve di fertilizzanti naturali, compost e ammendanti organici, nonché di lotta integrata mediante insetti utili (per esempio le coccinelle).