Il cuore nero delle donne, a cura di Luca Crovi

Creato il 18 marzo 2015 da Funicelli

Luca Crovi, Daniela de Gregorio, Ben Pastor, Rosa Mogliasso e Elisabetta Bucciarelli


Daniela Gregorio, Ben Pastor




Le dediche!

Otto storie di assassine. Otto scrittrici donne (con un uomo) per raccontare di altre donne, passate alla storia come assassine. Donne dal cuore nero, o dal cuore di tenebra se volessimo citare Conrad. In questi otto racconti possiamo riascoltare la loro voce, rivivere la loro vita, le loro sofferenze, il percorso che le ha portate ad uccidere l'amante, il marito o altri uomini e donne sconosciute. Marta Morazzoni, Barbara Di Gregorio, Rosa Mogliasso, Ben Pastor, Elisabetta Bucciarelli, Michael Gregorio, Lorenza Ghinelli, Cinzia Tani. Dall'antichità dei poemi omerici fino agli anni del dopoguerra: essere donna ha sempre significato stare dalla parte del torto, essere sottomessa al volere dell'uomo, essere usata come strumento docile nelle mani di altri uomini. Sono storie antiche ma anche moderne dove si parla di maltrattamenti, solitudine, ipocrisie, amore e seduzione, amore e gelosie. Amore e la sua degenerazione che può sfociare in un sentimento malsano. Nessuna delle scrittrici ha voluto giustificare le otto “donne dal cuore nero”: ciascuna ha scelto un suo punto di vista per raccontare le storie, anche quello dei uomini che le hanno vissuto come testimoni. La Saponificatrice di Correggio (Michael Gregorio), la Belva di san Gregorio (Lorenza Ghinelli), la Monaca di Monza (Ben Pastor), la Locusta (Barbara Di Gregorio), la Contessa Bellentani (Cinzia Tani), la Contessa Tiepolo (Elisabetta Bucciarelli), Clitemnestra (Marta Morazzoni) e Lucrezia Borgia l’avvelenatrice (Rosa Mogliasso). L'idea di scrivere questa raccolta è venuta a Luca Crovi, dopo alcune chiacchierate con le autrici:
“Chiacchierando con alcune amiche scrittrici mi era capitato che mi svelassero che da tempo avrebbero voluto raccontare le storie di alcune donne. E così se Lucrezia Borgia, Maria Pia Bellentani, Rita Fort e la Cianciulli sono state le prime di cui abbiamo chiacchierato, poi è venuto spontaneo pensare che si potevano coinvolgere altre autrici e chiedere loro se avessero mai pensato di raccontare altre assassine. ”

Chi sono allora, queste donne che la storia ha marcato come assassine? Ce lo facciamo raccontare dalle stesse autrici: I fuochi sulla montagna – Marta Morazzoni su Clitemnestra, l'assassina del re Agamennone al ritorno dalla guerra di Troia:
Difficile dire se toccò a Egisto imparare dall'esperienza di Clitemnestra o a lei dalla goffaggine del ragazzo. Quando si riebbero dalla lotta scomposta del loro primo amplesso, dovettero affrontare l'imbarazzo che, in modo diverso, impacciava tutti e due. Lo affrontò lui per primo: «Me ne devo andare subito, immagino». Rimase però ad aspettare il comando della regina, sdraiato lì, dove di solito stava Agamennone. Al posto della durezza ispida del marito, Clitemnestra scrutò i lineamenti del cognato, di nuovo sorpresa dalla delicatezza: «Hai visto accendersi i fuochi sulla montagna, per caso?» domandò con ironia felice”.
La giraffa non ne vuole sapere – Barbara di Gregorio racconta la storia della “locusta”, forse la prima serial killer della storia, da Atene nel cuore della Roma imperiale.
“L’erba Locusta esiste: sono io, oppure, ma è la stessa cosa, è il profondo disprezzo scatenato in me dai limiti che sono propri ai viventi. Un veleno perfetto che ha l’unica pecca di agire con esasperante lentezza”.
Ho sempre chinato la testa – Rosa Mogliasso ci porta davanti a Lucrezia Borgia, la figlia del papa Borgia:
Il mio nome è Lucrezia Borgia, non so cosa sia la scelta: figlia, sorella, amante, sposa; ogni cosa mi è stata imposta per ragioni di stato, famiglia, convenienza. Ho sempre chinato il capo”.
Ma soprattutto la sorella di Cesare Borgia:
Il mio nome è Cesare Borgia, in obbedienza al padre ho accettato il cammino religioso, trovandomi costretto a indossare una ridicola veste che impaccia nei movimenti, e non permette la spada”.
Una donna bellissima usata dal padre e dal fratello come merce di scambio per le sue ambizioni di potere. Chi ha paura di suor Virginia – Ben Pastor ci porta ai tempi della monaca di Monza, a distanza di anni dai fatti narrati dal Manzoni. I delitti nel monastero di S Margherita che portarono alla sua condanna: 14 anni murata viva. Ben Pastor, in un racconto ambientato una ventina di anni dopo, ci fa rivivere quella storia, con gli occhi del capitano di giustizia Olivares: ne viene fuori un delitto che fu coperto per ragioni di Stato, la cui verità fa ancora paura.
Chi ha – o aveva – paura di suor Virginia? Il governatore? Il cardinale? Meglio murata viva! Al processo della Signora il cardinale non fu mai citato. Né lo furono altri che sapevano. Quei giorni il buon Borromeo era tutto infervorato a far santificare il cugino Carlo”.

Verità che, alla fine, deve rimanere celata:
Ma Vostra Eccellenza comprende che niente di quanto è emerso potrà essere usato. Né il cardinale, né Ferrer, né il re di Spagna in persona lo permetterebbero: ne va di Virginia de Leyva, e della sua fama di Perfetta Penitente.»
«Ma l’incarico mi fu dato da Stato e Chiesa!» «Fu dato, è vero. Ma solo perché, applicata ogni diligenza, venisse reso a entrambi sotto forma di silenzio formale”.
«Ma l’incarico mi fu dato da Stato e Chiesa!» «Fu dato, è vero. Ma solo perché, applicata ogni diligenza, venisse reso a entrambi sotto forma di silenzio formale”.
L'ordinanza – Elisabetta Bucciarelli. Alla presentazione, l'autrice ha spiegato le ragioni per cui ha scelto Maria Elena Tiepolo Oggioni. Una donna
“Costretta nelle convenzioni sociali, storiche e culturali. Bella, elegante e apparentemente completa. S’innamora, questo è il suo inciampo. L’’amore è una caduta. Senza possibilità di opporsi. Una specie di malattia. Di solito accade senza logiche apparenti, in modo primordiale. Difficile sottrarsi. Per me questa donna è il simbolo di ciò che non si governa, che si scontra con il dovere e la responsabilità, che ha la rinuncia come unica scelta. Che sacrificio ha dovuto compiere? In nome di cosa? Queste le domande che mi hanno guidato nella scrittura”.

Il suo racconto è la storia di una donna, sposata ad un ufficiale, che si innamora di un soldato, Quintilio Polimanti, che ha l'ordine di accompagnare e curare i suoi figli. Un amore impossibile, per le convenzioni dell'epoca.
Si dice che c’innamoriamo di ciò che siamo costretti a guardare tutti i giorni. Affermerei piuttosto che per forze sconosciute decidiamo di guardare ciò che probabilmente ci farà innamorare. E se per sbaglio o per destino è vicino a noi, tanto meglio”.
La donna che spaventò la morte - Michael Gregorio. Daniela e Michael Gregorio sono sempre stati appassionati dalla storia di Leonarda Cianciulli e hanno sempre avuto il desiderio di raccontare i suoi delitti. Alla presentazione del libro, alla Feltrinelli, Daniela ha raccontato
Nella memoria mi si sono sempre accavallate la visione “casalinga” e rassicurante di pentole annerite dal fumo della carbonella, lavandini di pietra scura dove i piatti venivano messi in acqua e un po’ di lisciva per sgrassarli, pezzi di carne che poi sarebbero stati cucinati e conservati nei modi più strani (il frigorifero non c’’era), i coltelli affilati che mamma usava per tagliare i cibi.”
Una storia che ha del soprannaturale: come ha fatto la Cianciulli a far sparire quei tre cadaveri di donna?
«Fucilate me?» disse tranquilla. Ma la voce era quella cupa e raschiosa. «Voi non spate quante volte io ho invocato la morte, eccellenze. In quella cucina è accaduto qualcosa che la scienza non può spiegare.. Lì c'era la morte e aveva paura di me. Sono io che ho spaventato la morte in quella cucina, signori.»Poi raccontò la verità.
Una storia che il regime stesso (le morti avvennero tra il 1939 e il 1940) cercò di celare:
«Sarà difficile che la gente di Correggio fermi le lingue ..»«Le faremo fermare, maresciallo» disse Senise con un sorrisetto determinato. «Guai se la polizia fascista non riuscisse a fare questo. Significherebbe la fine del fascismo.» Senise si alzò dalla sedia.«Non vi devo spiegare spiegare che non si dovrà sapere di questa mia visita qui nel vostro ufficio, vero, maresciallo?»Serrao accompagnò Senise alla porta stando alla sua destra con deferenza. Senise si fermò prima di uscire. «Spero che anche la guerra ci aiuterà a seppellire questa storia» disse.
Una vita normale - Lorenza Ghinelli: Caterina Fort era una donna che veniva da un passato di violenza e miseria. Non chiedeva poi molto alla vita, in fondo: una famiglia, un uomo da amare.
Per le donne del mio tempo, non sottomettersi all'infelicità era il peccato più grande. Contrassi la sifilide, è vero. E ho conosciuto la vita di strada. Pure l'amore però. E ogni cosa l'ho fatta nel mio nome. Mai nel nome di dio e neppure in quello di un uomo.
Franca scelse di esser la moglie e io puttana. In quei tempi, quel che mancava erano le alternative.Fui maldestra, questo sì. Ma lei fi debole. Per questo è morta. Perché ha tenuto più all'onore che hai figli. Al posto su, questo errore, non l'avrei commesso. Sarei rimasta in Sicilia.[..]Io volevo il mio posto nel mondo. È solo questo che ho sempre voluto: una vita normale. Accanto a Beppe. Mi spettava di dirotto, perché anche lui mi amava. Ecco perché non sono mai stata pazza. Perché io, a differenza dei pazzi, sapevo esattamente cosa la vita mi doveva. Ho solo allungato le mani per prendere ciò che era mio.Ma quando le ho ritratte, erano lorde di sangue”.
E così divenne la “belva di San Gregorio”, dipinta sui giornali come un demonio, per indicare il crollo morale in cui versava l'Italia negli anni successivi alla seconda guerra mondiale. Non sono un'assassina – Cinzia Tani. Il 15 settembre 1948 la contessa Bellentanni uccide con un colpo di pistola l'amante, Carlo Sacchi, alla fine del gran ballo all'Hotel Villa d'Este a Cernobbio. Una storia di vittimismo, di un amore a lungo cercato e mai corrisposto. Anche lei divenne l'assassina, il mostro da sbattere sulle prima pagine dei giornali:
“Io ho avuto fortuna anche se i giornalisti, che già criticarono la mia condanna ritenuta troppo lieve, diranno che sono una privilegiata. Voglio essere dimenticata, non rilascerò interviste ma se dovessi rispondere qualcosa direi che sì, ho ucciso, ma non sono un’assassina.”
La scheda del libro sul sito di Guanda.
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