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Il cuore non basta

Da Marcofre

Un dibattito vecchio come il mondo (no, come succede sovente, esagero), è quello a proposito dell’insegnare a scrivere, e quindi dell’imparare. Adesso a quanto pare, c’è pure una trasmissione televisiva che s’incarica di farlo. Ma non ne parlerò (almeno per ora, anche perché non l’ho proprio vista).

Quello che appare poco evidente, è che la scrittura deve avere da qualche parte, un cuore. Una sorta di fonte ispiratrice.

Non a caso, si scrive che un autore, nel primo libro, traccia i confini del suo mondo e a quello resterà fedele sino alla fine.

Sarà quel nucleo, quel mondo, la misura di ogni cosa che pubblicherà. Il cuore, esatto. Dovrà tornare a lui ogni volta che si siede per scrivere, finché la fonte si essiccherà, e tutto sarà concluso.

Il cuore non basta. Ma è un indizio (e un inizio) importante, perché come sappiamo, scrivere non è mettere assieme delle parole, o farlo in maniera sublime.

Non è quello che cerca il lettore. O almeno un certo tipo di lettore.

La mia idea è semplice: non è facile avere quel cuore. Non è che sia sufficiente volerlo, quindi non saprei né spiegare per bene come si forma. Né per quale misteriosa ragione chi ha una eccezionale padronanza della lingua, spesso non lo possieda.

È uno degli indizi del talento? Chissà: ma se si è alla ricerca della ricetta per individuarlo, deluderò come sempre chi legge.

O meglio: qualche idea ce l’ho e in passato credo di averla espressa, ma non ho voglia di esporla perché si tratta di quel genere di cose che non si riesce a spiegare con la dovuta chiarezza. Forse è necessario ancora molta riflessione.

Come? È inutile riflettere? Meglio scrivere? È quello che faccio, infatti.


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