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“A quanto ammonta il danno?” Come Totò così Andrea Pomella, scrittore romano classe 1973, si è posto questo interrogativo nel suo ultimo libro La misura del danno, scritto due anni fa ma pubblicato nel gennaio 2013 dalla casa editrice Fernandel e presentato sabato 16 marzo alla quarta edizione di Libri Come.
Il romanzo sintetizza con amarezza e lucidità l’Italia degli ultimi vent’anni, un Paese che – parafrasando il titolo della terza parte del volume – ci sta “morendo per le mani”, vittima del decadimento dei costumi, dell’inerzia e del materialismo che ha coinvolto tutti, sinistra inclusa.
Proprio la “sinistra illuminata”, borghese e intellettuale, è infatti uno dei protagonisti del libro, con i suoi salotti buoni e i party esclusivi, così lontana da quella militante degli anni passati. “Se volessimo dare la misura del danno”, afferma a tal proposito lo scrittore,”molta sarebbe della sinistra: le sue responsabilità sono enormi. Fino agli anni 80 quella classe politica si distingueva per la sua capacità di interpretare i cambiamenti della società mentre oggi pare averla perduta, assieme alla sua identità”. Lo stesso berlusconismo, secondo lo scrittore, è figlio di una mentalità venuta dalla sinistra, quella stessa borghesia liberal-progressista alle cui grazie aspira il protagonista del libro, Alessandro Mantovani, senza tuttavia riuscirvi. Come in un romanzo di Verga infatti, né il suo matrimonio con una donna dell’ambiente né il suo successo di attore e regista riusciranno ad abbattere quel muro invisibile che separa l’elegante quartiere di Vigna Clara di Roma Nord, dove ora vive, dalla borgata di Fidene dove è nato e dove lo accoglierà il padre, operaio dell’Autovox e comunista convinto, quando su di lui pioverà lo scandalo per aver avuto rapporti sessuali con una quindicenne. Questo episodio, che molto risente degli avvenimenti reali contemporanei alla stesura del libro, (il caso Polanski e quello Berlusconi), innesca un meccanismo perverso purtroppo fin troppo noto, fatto di apatia e buonismo, indignazione e solidarietà. Come è facile aspettarsi infatti, la vicenda diventa nel romanzo un caso mediatico che a sua volta diventa scontro politico, il tutto all’insegna della spettacolarizzazione che brucia ogni cosa in tempi brevissimi per lasciare solo macerie – quelle delle vittime e delle loro famiglie – alle quali nessuno sembra badare.
Uno dei problemi del nostro Paese, dichiara Pomella, è il persistere dell’ideologia: i giudizi offerti da destra e sinistra si basano ancora su prese di posizione che prescindono dalla sostanza dei fatti. In tale contesto appare dunque impossibile inserire un lieto fine: il finale del romanzo è difatti grottesco e surreale, come a sottolineare che il danno, se mai sarà misurato, è vasto e pesante quanto la coscienza di tutti noi, nessuno escluso.
ROBERTA IADEVAIA