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“Il desiderio di essere come tutti” – Francesco Piccolo

Creato il 22 aprile 2014 da Temperamente

tutti-piccoloIl desiderio di essere come tutti è un desiderio innato e inconfessabile, che Piccolo dichiara così impudicamente sulla copertina del suo ultimo libro – ora candidato al Premio Strega, tra l’altro.

Quasi un memoir autobiografico, Il desiderio di Piccolo è diviso in due grosse macrosezioni: “la vita pura: io e Berlinguer” e “la vita impura: io e Berlusconi”, ripercorrendo così unitamente episodi della sua vita privata ad eventi che hanno segnato la vita di tutti in Italia.

Partiamo dal momento in cui Piccolo è “nato”: all’interno della Reggia di Caserta, completamente vuota, perché vi era entrato di soppiatto dopo l’orario di chiusura, davanti alla fontana con la statua di Diana e Atteone, con la sensazione inconsueta e stupenda che quel posto fosse tutto suo. Lì, dove si è definito forse per la prima volta come individuo, anni e anni dopo, un neo eletto Berlusconi pronuncerà una delle sue frasi impronunciabili davanti ad altri capi di Stato, insozzando così il ricordo di quel momento topico della sua vita. Questa casualità si unisce ad altre, confermando che quando si guarda in una direzione si trovano milleeuno coincidenze, che rafforzano il nostro modo di pensare e agire.

Davanti alla tv guardando i mondiali di calcio, quando nel ’74 Jurgen Sparwasser segna il goal contro la Germania Ovest, Piccolo ha un moto di allegria per quella squadra (quella nazione) vista così di malocchio da tutti: è in quel momento che diventa comunista. A dieci anni, per simpatia, davanti al padre di partito completamente opposto – certo, questo è soltanto l’incipit epico che crea il “tutto” ideologico che verrà poi – ma questo episodio così superficiale eppure così fondante è il paradigma lungo cui si muove l’intero libro (e la sua vita).
La superficialità è l’atteggiamento che Piccolo detesta e contesta a tutti quelli diversi da lui – da sua madre, in primis, che durante lo scoppio del focolaio di colera a Napoli nel 1973 dette comunque ai figli il guttalax per “pulire l’intestino”, provocando un grosso equivoco e patema d’animo a Francesco, convinto di aver contratto la malattia, mentre invece era un semplice contraccolpo all’azione materna; all’atteggiamento di tutti quelli che vivono così, con distanza, la vita politica del paese, sostanzialmente ignorandola o aderendo a delle idee per conformismo, tradizione, qualunquismo; superficialità di tutti quelli che non hanno mai provato a combattere Berlusconi come forza politica, ma l’hanno soltanto sminuto e ridicolizzato come uomo di Stato poco credibile, senza mai ascoltarlo e criticarlo seriamente (come faceva invece Giuseppe D’avanzo, che Piccolo incontra un giorno per caso commettendo una gaffe di cui si pente), rendendolo un pericolo superficiale, indegno di un’azione vera, perciò permettendo alla sinistra di arroccarsi sulle proprie posizioni evitando il confronto e la comprensione di tutta quell’altra parte di Italia.

Superficialità che lui ha sposato, incarnata nella donna Chesaràmai, portatrice di una virtù che gli ha reso la vita molto più sopportabile e bella. La superficialità si scontra con una pretesa purezza che invece è soltanto una finta imposizione, una posa, che accomuna lui (fintanto che c’ha creduto) e tutti quelli che hanno pensato di poter essere migliori perché di sinistra, perché resistevano, perché non erano scesi a compromessi, perché non si erano piegati. Quelli colpevoli di aver fatto crollare il governo Prodi consegnando l’Italia nuovamente nelle mani di Berlusconi, colpevoli di non aver mai cercato un dialogo con l’Italia che votava AN o FI, di non averla mai considerata neanche Italia, e per questo allontanti sempre più dal paese reale, quelli che avevano e che avrebbero sentito la linea della fermezza dello Stato come giusta davanti alle richieste delle BR, quelli che non avevano e non avrebbero mai supportato la via berlingueriana del compromesso; quelli che non si sentivano come tutti, ma che si sentivano migliori.

Questo è il desiderio di Francesco Piccolo. Vivere in un paese più difficile, più brutto, più complicato di quello che avrebbe voluto ma cercare di cambiarlo, ragionando, impegnandosi, scrivendo, parlando, anche con superficialità, senza mai distaccarsi, senza mai dimenticare di essere parte di quel TUTTI che campeggiava sulla prima pagina dell’Unità il giorno del funerale di Berlinguer.

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Furbo, aver fatto della copertina del libro quella famosa prima pagina. Furbo è un aggettivo che ho sentito spesso riferito a questo libro – che, tra l’altro, ho sentito molte persone chiamare semplicemnete “Tutti” proprio a causa della copertina.

A mio parere, non vi sono furbate in questo racconto personal-storico di Piccolo, di cui invece ho apprezzato proprio la trasparenza, un certo “calar le braghe” davanti al lettore, riconoscendo i propri errori e incongruenze,  dichiarando i propri amori e idee, parlando con voce sincera e schietta, insieme a quel suo purissimo – questo sì – slancio verso la superficialità, verso il voler essere come tutti e cercare così di essere migliore, insieme a tutti – dicendo definitivamente addio  all’embargo cui si autorecluse Berlinguer a causa di Craxi, sdoganando per sempre un’idea propositiva di sinistra, mai più elitaria, mai più anti-qualcosa o qualcuno, ma piuttosto pro-qualcosa o qualcuno.

Francesco Piccolo, Il desiderio di essere come tutti, Einaudi, 2013, € 18


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