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“Il Despota è morto, La Libia è Libera!”

Creato il 21 ottobre 2011 da Paolo

Vi ripropongo (riaprendo i posts), considerato il momento storico, una serie di informazioni estrapolate da diversi giornali arabofoni, per coprire alcune lacune della stampa internazionale che si è limitata a sparare nelle prime pagine enormi foto e video del corpo di Khadafi martoriato e offeso, issato su di un pick-up come un trofeo di caccia. Questo epilogo è da condannare, senza se e senza ma, per un rispetto dell’Essere Umano, anche se questo essere umano ha commesso le più atroci nefandezze contro il suo popolo (e non solo). Un tribunale internazionale avrebbe dovuto giudicare e condannare i suoi misfatti, non con un colpo alla testa, segnale di una giustizia sommaria e di una anarchia che non combacia con la parola democrazia. Solo così la credibilità di questi uomini si sarebbe potuta salvare. Ma purtroppo è andata diversamente: violenza chiede violenza. Mi domando se questi sono i presupposti per un futuro democratico di un paese. Ho dei dubbi ma spero di sbagliarmi.

“Il Despota è morto, La Libia è Libera!”

 ”Il despota è morto, la Libia è libera“, ha gridato ieri un cameriere di un hotel a Tripoli, gli occhi fissi sulla televisione che diffondeva una foto del leader libico Mouammar Kadhafi coperto di sangue. “Non credo ai miei occhi. E’ finita, è finita..Allah Akbar. Venite a vedere ! E’ lui! ”, ripeteva ai suoi colleghi di lavoro.  Fuori, i combattenti partigiani della nuova Libia festeggiavano la notizia a loro modo, sparando in aria con diversi tipi di armamenti, dai kalachnikov all’artiglieria pesante. L’interdizione delle autorità di Tripoli a questi scoppi d’arma da fuoco (di gioia) è saltata. Molte automobili che circolavano ieri a Tripoli annunciavano con i megafoni che gli spari di gioia eranoharam” (proibiti dall’Islam), secondo una recente fatwa pronunciata da Sadok Ghariani, un dignitario religioso molto rispettato dai tripolini. “Non ci credo ancora. Devo vedere qualche video”, gridava un uomo armato che era stato al fronte, nella città di Ben Walid, uno dei bastioni roccaforte di Khadafi, liberata lunedì scorso. “Sono molto contento che è morto. Poteva da vivo rappresentare ancora un grosso pericolo per la Libia”, ha dichiarato Anis, un autista di 20 anni, ad un giornalista dell’AFP. “Adesso dobbiamo trovare Seif Al-Islam, uno dei figli di Khadafi, ricercato dalla giustizia internazionale e che ha avuto un ruolo importante nella repressione omicida della rivolta libica”, aggiunge il ragazzo. Sulla piazza dei Martiri, ex piazza Verde, migliaia di tripolini si sono riuniti, sventolando la bandiera della nuova Libia, dai colori rosso, nero e verde. A Zaltan, (140 km da Tripoli), alcuni manifestanti isterici hanno letteralmente “rapito” un giornalista dell’AFP dalla sua vettura quando hanno appreso che era francese, per portarlo in trionfo sulle loro spalle in mezzo ai colpi  dei mitragliatori puntati verso l’alto, urlando “Grazie alla Francia!, grazie a Sarkozy!”. Ovunque i “thowar” (combattenti rivoluzionari) distribuivano cibarie alle auto che attraversavano i ceck-points. Altri hanno dato vita ad uno spettacolo pirotecnico che ha illuminato la notte di Tripoli. A Zoura (120 km ad ovest di Tripoli) impossibile è stato parlarsi a causa dei kalachnikov e dei cannoni antiaerei che sparavano ovunque. La strada costiera che porta alla capitale è stata bloccata da un ingorgo pauroso verso le 22.00 di ieri sera, ingorgo che inutilmente i thowar hanno cercato di far defluire. Si sono riviste le donne, a centinaia, che hanno sflilato con le bandiere della nuova Libia, per mano i loro bambini, scandendo slogans del tipo: “Tu sei finito Khadafi!”, mentre gli uomini scaricavano le loro armi verso il cielo.  La stessa isteria regnava a Sabratha (70 km ad ovest della capitale) e nei viali della capitale. “Khadafi è morto! Questo cane ha distrutto la mia vita, ma ho vissuto sino ad oggi per vedere la sua fine! Allah Akbar!”, urlava un anziano con la barba grigia sino al momento dell’arrivo di un camion carico di giovani che suuonavano tamburi, coprendo la sua voce rauca dalla sforzo. Mohammed, 24 anni, dichiara la sua speranza nelle forze politiche che dovranno velocemente mettersi d’accordo sul futuro della Libia, nel momento in cui tante voci si rincorrono su un eventuale lotta al potere tra le tribù, regioni e tra gli islamisti radicali (salafisti) e i liberali. Più ottimista Afa, un insegnante, che dichiara: “I libici hanno una grande speranza nell’avvenire. È in atto un cambiamento e il domani sarà sicuramente migliore. Un sentimento di libertà attraversa il paese e tutti criticano tutto. È normale che ci siano delle differenze!”.

Credits: AFP – AufaitMaroc-  

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