Il destino di Liberazione è appeso a un filo (da un milione di euro)

Creato il 09 febbraio 2011 da Kobayashi @K0bayashi

Domani, giovedì 10 febbraio 2011, è il giorno decisivo per diversi giornali di partito o cooperativi o di ispirazione religiosa, come le 188 testate che aderiscono alla Federazione italiana dei settimanali cattolici: il Senato è infatti chiamato a votare sull’emendamento bipartisan (promosso da parlamentari di tutti gli schieramenti dei gruppi di maggioranza e di opposizione: Pd, Pdl, Lega, Udc, Fli e Svb-Autonomie) per reintegrare il fondo pubblico per l’editoria tagliato del 50% dal Ministro dell’Economia Giulio Tremonti con il decreto “milleproroghe”.

Il fondo, passato prima a 100 milioni di euro grazie all’ultima legge di stabilità e poi subito ridotto a 50 milioni per coprire l’aumento di risorse destinato al 5 per mille, rischia così di strangolare (anche se deve far riflettere una struttura basata sull’eccessivo appoggio ai contributi statali per sopravvivere) molte testate italiane nazionali “di nicchia”. Lo sanno bene quelli di Liberazione, il giornale di ispirazione comunista, che hanno calcolato un taglio alle risorse di loro competenza superiore al milione di euro: un colpo di scure che, nel caso fosse confermato, porterebbe il quotidiano dritto dritto alla chiusura, senza possibilità di appello.

La circostanza che molte altre testate subirebbero analogo contraccolpo spiega poi quanto grave sia l’attacco che viene portato al pluralismo dell’informazione e, segnatamente, alla stampa che come la nostra vanta ben poveri introiti pubblicitari e, in quel novero, soprattutto a quella che, non potendo contare su risorse pubbliche, non avrà modo di attingere ad altri finanziamenti, diretti o indiretti che siano.

Così il direttore di Liberazione Dino Greco nel suo editoriale odierno: certamente parte in causa, e forse proprio per questo poco obiettivo, il giornalista vede però un secondo rischio se la manovra estrema di salvataggio non dovesse andare a buon fine, ovvero il possibile colpo letale alla libertà e al pluralismo dell’informazione.

I giornali sui quali calerebbe senza appello e via di fuga la scure sarebbero quelli che si oppongono al governo e a quello che con una formula sintetica chiamiamo berlusconismo, i fogli che si sono fatti portavoce dell’opposizione sociale nelle sue multiformi espressioni e che hanno, con i propri deboli mezzi, offerto visibilità alle buone pratiche nelle quali si esprime una società civile totalmente (e proditoriamente) oscurata dalla stampa embedded.

Chissà che ne pensano dalle parti de Il Fatto Quotidiano, il giornale che si è sempre vantato – fin dalla sua nascita – di prosperare senza alcun finanziamento pubblico.


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