Il destino di Silvio, il disastro italiano

Creato il 21 agosto 2013 da Albertocapece

Mentre il Giornale di famiglia e famigli ritrae Berlusconi come un Silvio Pellico in attesa di essere murato nello Spielberg di Arcore o di villa Certosa, i media fanno il mestiere più divertente, quello di disegnare scenari per un futuro assai incerto, con tutte le possibili variazioni. Nel migliore dei mondi possibili il senato vota l’incandidabilità dell’ex Cavaliere, il presidente concede la grazia e Silvio per evitare gli altri guai giudiziari incombenti si ritira da qualche parte come un Batista con bandana d’ordinanza.  Il problema è quello di trovare un certo numero di colombe del Pdl disposte a considerare Berlusconi un capitolo chiuso e a confluire nella nuova Dc lettiana. Ma anche quello di indurre il M5S a dare una mano per un ennesimo governo di emergenza che dovrebbe fare cinque o sei cose prima del ritorno alle urne: la legge elettorale e i nuovi massacri sul lavoro, in particolare sui dipendenti pubblici, in ottemperanza ai voleri europei.

Ma può anche darsi che le ossessioni del Quirinale e dei conservatori nel condurre a buon fine questa orribile partita sul campo della troika, crei un’ansia governista tale che il senato finisca per rifiutare l’incandidabilità di Berlusconi in conseguenza dei rischi connessi con lo sdradicamento della mala pianta. E dunque ci troveremmo nel peggiore dei mondi possibili per una manciata di voti: Il Berlusconi di nuovo “candidabile” sarebbe degno della grazia del Colle, a questo punto inevitabile per non far cadere il governo, e con Silvio di nuovo in gioco.

Teoricamente ci sarebbero molte possibilità intermedie, ma ciò che davvero conta sono due cose: che tutti gli scenari possibili, a parte una rivolta di piazza, prevedono l’esistenza di fatto di un blocco conservatore di tipo vagamente greco, in cui una destra vera e una sinistra sedicente si ritrovano strettamente consociate.  E che la governabilità invocata non si riferisce affatto alla risoluzione dei problemi del Paese e al mutamento di un modello divenuto ormai l’ombra di se stesso, ma solo all’attuazione dei diktat che vengono da fuori.

Del resto la signora Merkel in una intervista di tre giorni fa alla Frankfurter Allgemeine fa di questo modello politico greco, lo stampo al quale si dovrebbero adeguare anche gli altri Paesi in crisi. Parla di Atene perché Roma intenda. Ma sarebbe meglio che nella nostra capitale si ascoltasse con molta più attenzione ciò che dice il ministro delle finanze di Angela:  Wolfgang Schäuble ha infatti fatto capire che l’ultima tranche di sacrifici imposti ai greci e analoghi a quanto si chiede a noi, tramite Letta, si sono rivelati insufficienti anzi disastrosi e che ci si deve aspettare il terzo default “nascosto” dello stato ellenico con 250 miliardi che ballano nel paniere. La crisi esploderà subito dopo le elezioni tedesche.

A questo punto, riagganciando il filo e tornando a Silvio scopriamo che se da un punto istituzionale ed etico la sua vicenda è un macigno del quale dobbiamo liberarci per ipotizzare ua  qualsiasi rinascita, da un punto di vista politico è del tutto marginale: l’ideologia dell’austerità o per meglio dire di ritorno all’iniquità è strettamente correlata alla tenuta di maggioranze ultra conservatrici e viceversa, qualunque siano le sigle che confluiscono dentro questo disegno, sia esso il neofranchismo spagnoleggiante cui anche i cosiddetti socialisti danno una mano o la neo dc italiana in via di formazione che trova l’attivo e vitale appoggio del Pd. Del resto dopo aver strappato a colpi di spread pezzi importanti di sovranità e aver impedito con il fiscal compact e i pareggi di bilancio obbligatori per Costituzione, la possibilità di una politica di bilancio, governabilità e conservazione sono diventati sinonimi.  Kalòs kai agathòs.


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