Ciclicamente in Italia si torna, come se fosse una meteora, a parlare di unioni civili. Come per una meteora in procinto di “schiantarsi” sulla terra, se ne discute, ci si divide sugli effetti dello “schianto”, qualcuno sosterrà che avrà conseguenze disastrose e porterà alla fine dell’umanità mentre altri riterranno che non lascerà tracce; infine, come per ogni buona meteora, scompare e se ne tornerà a parlare al passaggio della prossima. La stessa cosa succede per le unioni civili: se ne discute ciclicamente, ci si divide in favorevoli e contrari ma poi, come un qualsiasi bolide, non succede nulla.
L’amministrazione comunale di Ignazio Marino si prepara ad approvare il registro delle unioni civili anche per le coppie dello stesso sesso e naturalmente scende in campo la Diocesi di Roma con un editoriale di Angelo Zeme, responsabile del settimanale della diocesi Roma Sette: «La vera discriminazione consisterebbe nel trattare in modo uguale situazioni differenti, come sono le unioni civili e il matrimonio: nel secondo, infatti, due soggetti assumono precisi diritti e doveri di fronte alla legge, con rilevanza negoziale pubblica. Non si può barare con le parole». E pazienza se il registro delle unioni civili andrebbe a tutelare anche i figli delle tantissime coppie non sposate.
Un «coup de théâtre nella città del Papa, cuore della cristianità» secondo Angelo Zeme che forse dimentica che il papa tecnicamente non abita a Roma (la Città del Vaticano è uno Stato indipendente) e che certamente Roma non è la “città del papa” ma è la città dei Romani e dei suoi abitanti che non hanno votato per un papa ma per un sindaco.
Dello stesso avviso della diocesi di Roma anche il Forum delle associazioni familiari secondo cui la mossa dell’amministrazione capitolina è «un’iniziativa propagandistica» che «cerca di indebolire la funzione del matrimonio». E Francesco Belletti, presidente dello stesso Forum, arriva anche a “minacciare” un nuovo “Family Day”: «Già una volta le famiglie italiane sono andate in piazza a farsi sentire, e a sfogliare i quotidiani di questi giorni, il ricordo del FamilyDay è ancora vivo in tutti. Per difendere il bene del Paese saremo dunque costretti a tornare sotto le finestre della politica?».
Lo stesso Belletti, sul Sussidiario.net, critica anche la possibilità della reversibilità delle pensioni così come proposto dal segretario del Pd Matteo Renzi: «Ma la reversibilità per le unioni civili è un errore gravissimo non tanto perché costa (…) ma perché il rapporto di coppia delle unioni civili non si assume responsabilità pubbliche, è asservito ad un individualismo che chiede solo diritti, senza doveri, mentre il matrimonio è una vera e propria alleanza, sottoscritta con doveri e regole certe, tra marito e moglie, e soprattutto tra i coniugi e la società che esige una responsabilità pubblica».
Ovviamente, nel dibattito esistente, non poteva mancare l’intervento della Chiesa cattolica e lo fa a Radio Vaticana monsignor Enrico Solmi, presidente della commissione Cei per la Famiglia: «È chiarissima la deriva che viene data e proposta anche in Italia: il favorire, attraverso sentenze, un riconoscimento delle unioni di fatto e anche delle unioni di persone omosessuali». Per il prelato le unioni civili dovranno ancora aspettare perché «non ci si può pensare senza pensare prima alle famiglie».
Enrico Solmi non è il solo esponente della Chiesa cattolica ad intervenire nel dibattito. Monsignor Vincenzo Paglia, presidente del Pontificio Consiglio per la Famiglia, a Radio Capital afferma che il riconoscimento dei diritti «non è un problema della Chiesa» ma «una questione che debbono trattare i governi». Sembra quasi che Paglia – in una sana separazione dei compiti tra Stato e Chiesa – non ponga ostacoli al riconoscimento delle unioni civili ma subito aggiunge: «Che si possano riconoscere alcuni diritti, come quelli patrimoniali o le visite in ospedale, non c’è dubbio che possa accadere. Io però vorrei prima di tutto difendere la realtà delle famiglie tradizionali, padre madre e figli, anche quelle ferite. Queste realtà devono essere sostenute perché nel mondo del lavoro sono spesso sfruttate ma poco aiutate». In sostanza il riconoscimento dei diritti non è un problema della Chiesa ma è importante che lo Stato non faccia quanto la Chiesa non gradisce.
Per il mondo cattolico le unioni civili non sono una priorità ed il consigliere comunale fiorentino per il Ncd Emanuele Rosselli sottolinea come il registro delle coppie di fatto del comune di Firenze abbia avuto poco successo. Insomma le unioni civili non sarebbero necessarie e, sempre come riportato da Tempi, solamente il 2 per cento degli italiani le considera urgenti ma il cardinale di Bologna cardinale Caffarra lancia il suo monito mettendo in guardia «dai decreti o leggi emanate a seconda del trend della moda». Nonostante i legislatori non dovrebbero seguire dovrebbero quantomeno seguire gli “umori” dei propri cittadini ed attualmente il 77 per cento degli italiani è a favore di una tutela giuridica delle coppie di fatto.
A seguire questa “moda” sarebbero anche tanti cattolici e su alcuni organi di informazione si punta l’indice contro quei tanti cattolici che invece le considerano lecite mentre Massimo Introvigne mette in guardia che le unioni civili sarebbero solo l’anticamera del matrimonio gay.
Quando si parla di unioni civili la risposta del mondo cattolico è sempre solo una: “Prima bisogna pensare alla famiglia”. Pazienza se in questi anni nulla è stato fatto per la “famiglia tradizionale”: una situazione tragicomica che ha portato anche Avvenire a plaudire quei Paesi in cui è stato approvato il matrimonio per le coppie dello stesso sesso.
Come nel caso della legalizzazione delle droghe leggere in Italia si preferisce continuare a fare gli struzzi piuttosto che affrontare la realtà ignorando che nel nostro Paese ci si sposa sempre meno ed aumenta l’incidenza dei bambini nati fuori dal matrimonio: ma – si sa – le coppie non sposate (eterosessuali o omosessuali) non sono una “famiglia tradizionale”. Continua inoltre la contrapposizione tra “famiglie tradizionali” e “coppie di fatto” nonostante come sostiene Daniela Del Boca (professoressa di Economia Politica presso l’Università di Torino, già consulente dell’OCSE, della Commissione Europea, dell’Isfol e direttrice del Centro CHILD) «nei paesi dove la proporzione delle unioni di fatto è aumentata di più, come per esempio in Svezia e Norvegia, anche la fertilità è cresciuta di più. È salito il peso dei figli nati fuori dal matrimonio in percentuale delle nascite. Dove le unioni di fatto sono riconosciute e sostanzialmente trattate alla pari delle famiglie coniugate, il declino dei matrimoni non implica dunque la diminuzione della fertilità (un fenomeno che invece interessa Italia o Grecia)».
Da smentire anche la “leggenda nera” che il riconoscimento delle coppie omosessuali (sotto forma di unioni civili o matrimonio) andrebbe a stravolgere il numero delle unioni “tradizionali” fra uomini e donne. Questa “favola” viene sconfessata da uno studio pubblicato sulla prestigiosa ricerca scientifica Plos One da parte di ricercatori della School of Community Health presso la Portland State University: «L’effetto deleterio sui matrimoni tra persone di sesso opposto è stato considerato un fattore chiave per la riduzione e l’eliminazione dei diritti delle coppie dello stesso sesso. Tali affermazioni non appaiono credibili di fronte alle prove esistenti, e concludiamo che i tassi di matrimoni tra persone di sesso opposto non è influenzato da unioni civili o matrimoni tra persone dello stesso sesso». I ricercatori si erano domandati se «il matrimonio tra persone dello stesso sesso andasse a detrimento del matrimonio tra persone di sesso opposto» e le loro conclusioni sono nette: «Abbiamo scoperto che non ci sono effetti a breve né a lungo termine dei matrimoni gay o di leggi, forti o deboli, sulle unioni gay, rispetto al tasso di matrimoni etero».
Ma si sa: in Italia meglio continuare ad ignorare la realtà e continuare a fare gli struzzi. Tutto questo sino al passaggio della prossima “meteora”.
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