Hazel Bannock, bellissima e raffinata vedova di un miliardario americano, tiene ben salde le redini dell’impero che il marito le ha lasciato. Per garantire la sicurezza del suo impianto petrolifero più importante, oggetto di frequenti attacchi terroristici, si avvale di un plotone di mercenari guidati da Hector Cross, ex SAS noto per i suoi metodi sbrigativi, talvolta estremi. Benché nasca una forte attrazione sin dal loro primo incontro, tra i due non corre buon sangue: Hazel non ama l’aggressività di Hector e il suo carattere brusco e rude. Un evento tragico, tuttavia, sta per unirli: l’unica figlia di Hazel, la ventenne Cayla, viene rapita da un gruppo di terroristi islamici, insediati in una delle zone più selvagge e aride dell’Africa, una terra in cui il deserto corre a filo del mare e in cui anche gli esseri umani più tenaci sono messi a dura prova. Nonostante tutte le sue resistenze Hazel sa che solo Hector Cross può tentare l’impresa impossibile di strappare Cayla dalle mani dei terroristi. Ma un destino più insidioso del vento che soffia tra le dune la costringerà a esporsi in prima persona, e a fare ricorso a tutto il suo coraggio e alla sua forza…
Hector Cross è fatto della materia di cui son fatti gli incubi: acciaio (nei muscoli), granito (la volontà), fuoco (il temperamento) e una spruzzata di cielo (l’azzurro degli occhi). Gli incubi dei cattivi, naturalmente, perché i buoni possono solo sognare di avere un tipaccio del genere come amico.
Heck è il tipico protagonista di un romanzo di Wilbur Smith, insomma, e in quest’ultimo La legge del deserto, Smith gliene combinerà di tutti i colori, dando modo a questo mercenario sui generis di mettere in mostra tutte le sue doti… più un piccolo margine di fallibilità, appena quel che serve a renderlo umano, e più simpatico al lettore.
Accanto a lui, un partner femminile all’altezza della situazione: Hazel Bannock, giovane vedova di un magnate del petrolio e maggiore azionista della Bannock Oil, fiorente compagnia petrolifera che amministra con pugno di ferro e brillante senso degli affari.
Fra la sexy, volitiva Hazel e il tostissimo Hector, responsabile della sicurezza della principale concessione estrattiva della compagnia, sono subito scintille. I due si pizzicano e si beccano in continuazione; è un braccio di ferro che finisce spesso in parità, ma che si intuisce essere una schermaglia fra due persone che si attraggono come la limatura di ferro e la calamita.
Ma Cayla, la giovane figlia di Hazel, viene rapita da un gruppo di terroristi islamici con base nel Puntland somalo: a Hector e alla sua squadra toccherà l’improba fatica di riportare Cay a casa e sradicare quella pustola di fanatismo dal profilo mistico e senza tempo delle dune del deserto.
La legge del deserto è un frutto maturo dell’officina di Wilbur che – padrone del suo gioco – conduce con mano sicura e ritmo serrato la storia, fra ambientazioni esotiche e colpi di scena. Il libro offre al lettore esattamente quel che promette: un plot oliato e veloce come un ottovolante, personaggi scolpiti con l’accetta che si trovano a loro agio soprattutto quando le pallottole fischiano sopra le loro teste.
Non c’è tempo per tratteggiare in chiaroscuro delicate psicologie, quel che conta è l’azione. È l’azione che permette di dispiegare efficacemente sulla tela l’eterno conflitto fra bene e male, una contrapposizione netta che – in tempi complessi come quelli in cui viviamo – ha l’effetto di rassicurarci e ci permette di lasciarci andare al puro piacere dell’intrattenimento.
Buona lettura
Alessandra