Ventisei anni fa esatti scoppiava a Bhopal, in India, la fabbrica di pesticidi della filiale locale Union Carbide Americana.
A tutt’oggi non si sa ancora il numero esatto delle vittime che persero la vita in quella tremenda esplosione (c’è chi partla di 15.000 persone) e quanti si sono ammalati in seguito (alcune stime parlano di 200.000 persone, anche se molti sono in attesa di un riconoscimento).
Al di là dei numeri di morti e feriti (comunque devastante) non si è stigmatizzato abbastanza il danno ambientale.
Esso è importante sotto un duplice profilo: da un lato il danno ambientale provocherà, non si sa per quanto tempo, un numero indefinito di ammalati sin dalla nascita; dall’altro lato, l’inquinamento della terra avrà degli effetti di diffusione (spreading effects) che nessuno è capace di calcolare; nel senso che l’inquinamento di una falda acquifera ha un danno diretto su chi beve l’acqua (e questo è ovvio); ma le falde acquifere si intersecano con fiumi, laghi e mari e quindi diffondono i loro veleni nelle regioni circostanze.
A lungo andare, però, se ci pensiamo bene, gli inquinamenti straordinari (come Bhopal, Seveso, Chernobyl, Golgo del Messico ecc.), uniti agli inquinamenti metodici e ordinari (prezzo mai considerato abbastanza per lo sviluppo), finiranno col privare i nostri discendenti di un ambiente vivibile (ciò che gli appartiene per diritto naturale).
Ebbene, il Capitalismo è cieco nel perseguire i suoi obiettivi di lucro e profitti; infatti nessuno si decide ad inserire nei costi di produzione delle singole unità produttive il danno ambientale; se così si facesse, ci accorgeremmo che è più conveniente chiudere molti opifici, fabbriche e industrie, in cui i costi superano i ricavi.
Anche da poco il Papa ha richiamato l’uomo all’obbligo di rispettare l’ambiente in cui vive.
In nome del Dio Creatore che ha creato l’ambiente per l’Uomo.
Ma dove non puote il Dio Trino (conclude mestamente il poeta) puote però il dio quattrino.